Stati Uniti. Manuel, la forza della vita
Crede nella forza del progresso e della medicina. Ma soprattutto nella forza della vita e dell’ottimismo. Manuel Greco, romano, condivide con ironia e leggerezza la sua bellissima storia. Un ragazzo brillante nella vita come nella carriera. Una laurea e un dottorato in fisica e un master alla London School of Economics. Un lavoro che lo ha portato a New York, alla Morgan Stanley, dove è responsabile dell’ufficio statistica. Una passione per la vita e per l’umanità che non lo ha mai fermato. Neanche quando, a 17 anni, tuffandosi nel mare di Positano e in quello della vita, ha scoperto di essere affetto da VHL, acronimo per sindrome di Von Hippel-Lindau. Una malattia genetica rara caratterizzata da un aumentato rischio di sviluppare tumori soprattutto negli occhi, nel cervello, nel midollo spinale e nei reni. Ha un’incidenza di 1 su 35 mila persone, ma di questa malattia poco si conosce.
Da quando ha saputo di essere affetto da questa sindrome, Manuel continua a sottoporsi costantemente a interventi chirurgici per rimuovere le neoplasie che di volta in volta si presentano in posti diversi. Lui non si arrende e, con forza, piuttosto che piangersi addosso e autocommiserarsi, ha preso di petto la vita e il destino che gli è stato assegnato. Da qualche anno affianca al suo lavoro l’impegno nella VHL Alliance, una charity (associazione) molto attiva che ha l’obiettivo di far conoscere questa malattia, supportare i pazienti e la ricerca, mettere in rete medici, creare eventi per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica. Lo scorso gennaio ha organizzato il VHL Alliance Gala 2016, l’ormai consueto appuntamento mondano che ha l’obiettivo di raccogliere fondi per la ricerca. Quest’anno vi hanno partecipato trecento invitati che hanno contribuito con grande generosità. Grazie al Gala, un quinto dei pazienti, circa 40 mila persone, è riuscito a curarsi. «Ovviamente mi auguro che si possa scoprire il meccanismo che sta all’origine della mia sindrome e di tutti i cancri ereditari – dice Manuel –. E spero che ciò possa accadere anche grazie agli sforzi che ogni anno faccio per organizzare il Gala e per farlo diventare “l’evento” di beneficenza per eccellenza a New York. Ci tengo a precisare che a questa causa l’Italia sta contribuendo molto, non solo tramite il mio impegno ma tramite l’aiuto economico di moltissimi connazionali, che oggi sono i principali sostenitori della charity».
Manuel vive nel modaiolo quartiere di Williamsburg, a Brooklyn, ama la musica, quando può suona il basso in una band e sogna di fare il DJ. La malattia lo ha aiutato a superare la timidezza e prendere tutto con ironia e leggerezza. «Difficile dire cosa penso al mattino o alla sera prima di coricarmi – confida −. Di sicuro non penso alla mia malattia, ma piuttosto a cosa dovrò fare l’indomani o nelle successive settimane. Cerco di avere una vita più impegnata possibile; in ogni momento l’esistenza di ciascuno di noi può finire, meglio quindi non perdere tempo». E aggiunge: «Credo in me e nel mio essere positivo. Certo, ci sono delle cose che sfuggono al controllo degli esseri umani, ma nonostante questo dobbiamo sempre pensare in maniera ottimistica». Accanto a lui, una famiglia che lo ha sempre supportato, una moglie con cui condivide la passione per la musica, e poi gli amici e i colleghi. «L’ottimismo è frutto della consapevolezza che, nonostante tutto, io sono fortunato, ma è anche una scelta di vita: voglio vivere bene, e non potrei farlo se nelle difficoltà facessi prevalere il pessimismo. Meglio il bicchiere mezzo pieno».