Storie di piccoli schiavi

07 Marzo 2000 | di
   
   

   

   

Dal dottor Lucio Agroppi, di Milano, ricevo la lettera qui riassunta:            

«Si naviga su Internet, si progetta un nuovo balzo nel cosmo, si globalizza l`€™economia, si applicano due telecamere al posto degli occhi (...) tra non       molto vivremo fino ai cent`€™anni o oltre, ma nessuno si volta indietro per  vedere a chi e a che cosa abbandoniamo milioni e milioni di bambini.       
 Perché lei, che ha girato il mondo, non ci parla delle sue esperienze dirette (...). Oppure non ha visto nulla che l`€™abbia indignata?».

L ei crede davvero, signor Agroppi, che al suo potrei aggiungere altro sdegno? E che il  dossier dedicato nel numero scorso di questa stessa rivista ai «piccoli schiavi» non abbia già  detto assai più di quanto lei oggi mi chiede, immagino per avermi scritto prima di ricevere il «Messaggero»? Crede che le denunce, anche su queste pagine, dello scandalo ignominioso dei diritti umani negati ai bambini possano      

spingere i grandi poteri del mondo a intervenire subito, e con efficacia?  Scuotere la coscienza del mondo, dottor Agroppi, non è come costruire la «Grande Muraglia», o andare sulla Luna: serve una conversione dell`€™animo che nessuna Corte, nessun organismo istituzionale o del volontariato, laico o religioso, può decretare e imporre. Si tratta, a ben vedere, di rifare l`€™uomo nei suoi principi e nei suoi sentimenti, convertendo i valori, i saperi e i poteri della Terra a questo scopo. Un compito immane. Ma non voglio sottrarmi alla mia minima, quasi invisibile testimonianza. Mi limiterò, dunque, ad aggiungere qualche succinto esempio di violenza ai bambini, che ho potuto documentare nel corso del mio mestiere.
«Quella esercitata sui minori è ancora la violenza di Erode e di Hitler»: lo si legge in un rapporto dell`€™Episcopato africano. Ecco come migliaia di fanciulli possono essere ammaestrati a uccidere. Qui siamo in Uganda.

 «Perché sei entrato nell`€™esercito? Perché hanno ucciso mio nonno e mia mamma. Chi li ha uccisi? I nemici. Quale lavoro svolgi nell`€™esercito? Lavoro? Io sparo ai nemici e combatto. Hai davvero sparato a un nemico? Si. Raccontami come è successo. Cosa vuoi dire? Come hai sparato al nemico. L`€™ho ucciso, gli ho sparato e l`€™ho ucciso. Ma tu hai visto in faccia l`€™uomo che hai ucciso? Certo, l`€™ho visto. Che cosa hai provato quando lo hai visto morire? Mi sono sentito felice, perché avevo ucciso un nemico, uno che uccideva la mia gente. Tu lo sai quante persone hanno ammazzato? Non si può contarle, sono così tante... In quale modo le hanno uccise? Le hanno tagliato il collo. Cosa si prova a stare in mezzo alla battaglia? Si ha paura, molta paura. Che cosa pensi dei soldati nemici? I nemici? Penso che li ucciderò. Non c`€™è niente che ti spaventa? Mi spaventano gli spari dei fucili. Fanno molto rumore? Si, molto. È stato ucciso qualcuno dei tuoi amici? Si, molti sono stati uccisi. E tu che cosa pensi? Penso che punirò quelli che li hanno uccisi».
E ora andiamo all`€™altro capo della Terra, a Bogotà , perché non si possa dire che la violenza ai bambini dipende da questa o quella latitudine, questa o quella etnia, questa o quella cultura. In realtà  la questione della violenza ai bambini, come diceva Don Milani, è incoercibile, invincibile, indomabile, perché appartiene al più grande peccato del nostro tempo, il peccato sociale.
Intervista a una suora di Città  del Guatemala.
«Sorella, quanti anni ha Maria Lidia? Ha tre anni. Qual è la sua storia?
Questa bambina è stata raccolta in un bar, dove la mamma, incinta, la prostituiva per guadagnare da vivere.
A tre anni? A tre anni, si. La bambina soffre di malattie?
La bambina è molto delicata, è frequentemente in cura medica e tende alla sifilide.
E questo bambino? Lo abbiamo trovato in una casa dove il papà  lo lavava alle due del mattino in una vasca pubblica, quasi ogni giorno. Cioè nella vasca del paese? Si, era sempre ubriaco. Questa creatura aveva quindici giorni. La mamma lo aveva abbandonato. Siamo riusciti a riscattarlo. Era più morto che vivo. E quest`€™altro? È orfano, è stato dato ai parenti, i quali però non lo volevano. L`€™hanno abbandonato. Ha due anni, e sta molto male. Lei ne avrà  ascoltate e viste parecchie di queste storie ... Si, molte. A volte riusciamo a entrare nelle case di prostituzione per riscattare questi bambini. Vengono tenuti sotto il letto su cui la mamma si prostituisce. Li nascondono per vergogna, e noi riusciamo a prenderli e a salvarli. Molti di questi bambini sono in pessime condizioni fisiche, perciò sarà  molto difficile che vengano adottati. Dove finiranno? La nostra preoccupazione è poter avere una casa dove tenerli, farli crescere. Anche felici, perché no? Certo qualcuno è spastico, altri sono mentalmente ritardati... Madre, chi è questa ragazza con il piccolo in braccio? Quella è ancora una bambina, ha tredici anni e l`€™abbiamo raccolta perché i genitori l`€™hanno cacciata di casa. È incinta di cinque mesi e nessuno la proteggeva».
La storia del mercato dei reni documentato da una nostra troupe a Bombay va molto al di là  di quanto abbiamo letto in alcune cronache di qualche mese fa. Perfino al di là  delle notizie, pur inquietanti, che ci sono giunte attraverso l`€™agenzia Asia News.
«Di dove sei? Banghalore. Perché sei venuto a Bombay? Per cercare lavoro. L`€™hai trovato? No. Da quanto sei qui? Un anno. Con la famiglia o solo?
No, solo io, niente famiglia. Come trovi i soldi per mangiare tutti i giorni? Faccio dei massaggi agli stranieri. Guadagni bene? No, poco. Alcune persone che non hanno soldi vendono qualche cosa del loro corpo, per esempio un rene. Se tu avessi bisogno di soldi faresti altrettanto? Non capisco. Tutti abbiamo due reni, c`€™è gente che ne vende uno. Hai mai pensato di fare una cosa del genere? Cosa? Quanto ti hanno offerto per un rene? C`€™è una tariffa dei reni. Un ragazzo mi ha detto che potevo vendere il mio rene e che mi avrebbero dato 75.000 rupie. Al mio paese 75.000 rupie, sarebbero circa 10 milioni di lire ... Lo prendi tu, il mio rene? No, a
me non serve. Ma se ti chiedono di andare in clinica e vendere un rene per tutti quei soldi, che cosa rispondi? Io non voglio morire. Ma se un dottore ti dice che puoi vendere un rene, che non muori e guadagni tanti soldi, cosa fai? Lo posso dare. E che cosa ci fai con quel mucchio di soldi? Li prendo e torno nel Banghalore. Lo farai? Lo farò anch`€™io, lo fanno in tanti...».
Il ministro della Sanità  dello stato indiano di cui Bombay è la capitale ha dichiarato: «Di questo passo, presto, nella nostra città  non si troverà  un povero con due reni».
Ed ecco come, ancora in India, paese di grande spiritualità , si può trasformare un bambino in un oggetto di pietà  da vendere al mercato della miseria.
«Come ti chiami? Habai Kumar. Cosa ti è successo alle gambe? Mi sono state tagliate dal boss. Da un capo, e perché? Per farmi chiedere l`€™elemosina. Quanto tempo fa? Sette anni fa. Cosa è successo al boss? È in prigione. Perché adesso c`€™è una legge e la polizia lo ha potuto arrestare. È successo anche ad altri ragazzi? Sì, è successo anche ad altri ragazi. Ma succede ancora? Non lo so, ma credo di si. Senti, chi sono e dove stanno questi capi? Non lo so, ma adesso sono quasi tutti in galera. Da dove vieni? Vengo da Maghpur. E qui a Bombay dove vivi? Dormo sul marciapiedi di Dadhar. Quante rupie ti vengono lasciate ogni giorno? Tra le dieci e le quindici rupie. E cosa ci fai con poco più di mille lire? Un poco spendo, un poco risparmio. Dove sono i tuoi genitori? Mio padre è morto, mia madre vive a Maghpur. Cosa vuoi fare da grande? Voglio aprire un piccolo negozio. Speri che la tua vita sarà  migliore?
Forse si, ma non si può sapere.
E tu come ti chiami? Ramesch. Dove vivi? Non ho un posto preciso. Cosa ti è successo al braccio? Me lo ha tagliato un capo, nel villaggio, quando ero piccolo. Perché lo ha fatto? Perché dovevo chiedere l`€™elemosina per lui. Dov`€™è ora questo boss, questo capo? È in prigione. Conosci altri ragazzi come te? Qualcuno. Che lavoro fai, ora che il boss è in carcere? Lavoro in questa zona, faccio la guida agli arabi e guadagno 50/60 rupie al giorno. Mostro i posti che loro vogliono vedere,specialmente quelli dove ci sono le bambine».
Voci come gocce prese dal mare. Poco più di niente. Eppure rappresentano lo scandalo su cui Gesù puntò il dito. Le affido a chi `€“ come lei, dottor Agroppi `€“ mostra di volerle ascoltare. Ma è un breve, lontano sibilo di vento nel deserto. Bisognerebbe avere il modo, il tempo, la voglia di mettersele in testa, e nel cuore, per risentirle.
E ricordare.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017