Un frate in cantiere
Da ragazzini, ci siamo ritrovati sugli stessi banchi di scuola. Io venivo dalla campagna padovana, dove si usava ancora il lume a petrolio. Lui, Giuliano Abram, dalla città: Trento. Già aveva dimestichezza con l’elettricità, tanto che a Natale ci sorprendeva illuminando il presepio con fili di luci collegate in serie e alimentate tramite un trasformatore, oggetti a noi sconosciuti. A scuola se la cavava bene, pur restando chino sui libri lo stretto necessario. Dotato di preziosa manualità, gli piaceva dedicarsi alla cura della casa con lavori via via più impegnativi, fino a sovrintendere l’installazione degli impianti di riscaldamento e amplificazione nella chiesa di san Francesco in Brescia, gioiello dell’architettura medievale. Un incarico che delineava già il suo futuro.
Ordinato sacerdote nel 1967, dopo una quadriennale esperienza di educatore di giovani aspiranti alla vita religiosa, fu chiamato ad affiancare i padri Giovanni Giacon e Claudio Mattuzzi, esperti del settore, per coordinare i lavori di allestimento, a Noventa Padovana, della nuova tipografia del «Messaggero di sant’Antonio», diventandone poi direttore tecnico. Una preziosa esperienza che ha trasmesso per diciotto anni agli allievi della Scuola grafica del Villaggio sant’Antonio.
Presenza in tipografia
Un impegno, quello tra odori di inchiostro e rumore di rotative, che padre Giuliano prosegue ancora oggi. Egli è presidente di un’azienda, diventata nel frattempo «Mediagraf», che ha tagliato, negli ultimi anni, alcuni importanti traguardi: il conferimento delle attività grafiche della diocesi di Padova e l’ingresso, come terzo socio, della Conferenza episcopale italiana.
«Qui stampiamo le varie edizioni del “Messaggero di sant’Antonio” e le pubblicazioni a esso collegate, i periodici della diocesi di Padova e le maggiori edizioni della Cei – racconta –. Lavoriamo “per conto terzi” perché le rotative, per ammortizzare i costi, devono girare 24 ore su 24 tutti i giorni, domeniche escluse. Nonostante i tempi difficili, tentiamo di stare sopra il pareggio di bilancio, non per il profitto, ma per garantire lo stipendio ai nostri dipendenti (quasi duecento, compresi quelli della filiale di Roma). Trascorro almeno un giorno alla settimana in azienda, dove ho la fortuna di essere supportato da uno staff manageriale e da maestranze tecniche e amministrative laiche di grande competenza e affidabilità».
Il tempo del Giubileo
Tra le occupazioni c’è anche la Basilica. A essa padre Abram dedica la maggior parte dell’impegno. Ha cominciato a occuparsene alla vigilia del Giubileo del 2000: fondi statali consentirono salutari interventi su chiese, monumenti e strutture di accoglienza per renderli idonei ad accogliere i milioni di pellegrini previsti per l’evento. Al Santo quei fondi furono utilizzati per un corposo restauro di cui la Basilica aveva urgente bisogno. «Mi fu affidato l’incarico, come rappresentante della comunità dei frati – prosegue –. Lavorammo di comune accordo con la Delegazione pontificia, proprietaria degli edifici, e la Veneranda Arca del Santo. Furono revisionate la struttura lignea e la copertura in piombo delle otto cupole e dei campanili, per bloccare le già vistose infiltrazioni d’acqua. Si ripassò la facciata; furono, quindi, restaurate le Cappelle di san Giacomo e delle Reliquie e, parzialmente, quella della Tomba del Santo; infine, non mancarono altri lavori importanti, che ho seguito con passione, innanzitutto perché erano attività che mi piacevano. Poi, trattandosi della Basilica del Santo, c’è stato un interesse ancora maggiore».
Passione e curiosità
La passione ha acceso in padre Giuliano la curiosità di saperne di più sullo stupefacente edificio del quale andava esplorando anche i più riposti pertugi. Alla fine, un’idea ben precisa se l’è fatta, spazzando via anche quanto insinuato da studi «suggestivi, ma insostenibili dal punto di vista dell’ingegneria», come puntualizza padre Abram. Queste ipotesi immaginano la Basilica non come frutto di un progetto unitario, ma di più interventi successivi, dettati da necessità contingenti, nei quali la copertura a cupole rappresenterebbe l’ultima spettacolare innovazione.
Sostiene padre Giuliano: «Un attento esame non rivela ripensamenti tali nella struttura da avvalorare quelle ipotesi. La Basilica fu ideata così com’è oggi, fondata sin dall’inizio per reggere la fantastica copertura, con cupole e campanili, pur con le inevitabili modifiche attuate in corso d’opera». Chi la progettò? Padre Giuliano non ha dubbi: quel geniaccio di frate Elia, compagno di san Francesco e formidabile architetto che aveva studiato un bel po’ di edifici in giro per il mondo, dalla Germania a Gerusalemme a Costantinopoli. Tutti riferimenti che si ritrovano puntuali nella Basilica: l’impostazione gotica dell’edificio, la cupola conica sopra lo spazio destinato ad accogliere la tomba del Santo, infine, le cupole, contenute da un tamburo in muratura, che conferisce la necessaria stabilità senza cerchiature metalliche. Lampi di genio che hanno salvato la struttura da cedimenti per oltre sette secoli.
Ma veniamo infine ai lavori in corso, che da tre anni ammantano di tubi, ponteggi e palizzate le pareti esterne del Santuario. Risanando le coperture delle cupole, i tecnici avevano individuato gravi danni sui tetti. Solo di recente, così, il cantiere ha riaperto i lavori.
«Le maestranze – spiega padre Giuliano – avevano bisogno di un consulente che li introducesse alla conoscenza del sito e delle sue reali necessità e che, successivamente, continuasse a essere il referente “in loco” per architetti e operai». Un compito «privo di responsabilità progettuali ed esecutive», precisa padre Giuliano, che ama per questo paragonarsi al classico pensionato che, quando è in corso un lavoro pubblico, si piazza sulla staccionata osservando con interesse quanto avviene in cantiere.
Così, stando sulla staccionata, e anche po’ più addentro, egli ha seguito con la solita passione questi importanti lavori, presentati in dettaglio nel numero di giugno 2011, finalizzati a rendere le coperture della Basilica e delle cappelle impermeabili a infiltrazioni d’acqua, causa di danni spesso esiziali agli edifici. «Il tutto – assicura padre Giuliano – è stato fatto a regola d’arte e scrupolosamente collaudato, per dare un futuro tranquillo di almeno duecento anni».
E i pellegrini? «I cantieri non li hanno disturbati troppo. Chi viene al Santo lo fa per incontrare sant’Antonio e per pregare. Però, non è ininfluente che ciò avvenga in un luogo artisticamente bello, curato, ordinato. Il pellegrino apprezza e subisce il fascino della bellezza, che aiuta a pregare».
Solennità di Sant’Antonio
- Orario Sante Messe:
6.00 – 7.00 – 8.00 – 9.00 – 10.00 – 11.00 – 12.15 – 15.30 – 17.00 – 19.00 - 21.00
La Basilica resterà aperta dalle ore 5.30 alle ore 22.30
- ore 10.00 Santa Messa per i collaboratori e gli associati al «Messaggero di sant’Antonio» Presiede padre Ugo Sartorio, Direttore generale del «Messaggero di sant’Antonio»
- ore 11.00 Santa Messa solenne Presiede monsignor Antonio Mattiazzo, Arcivescovo-Vescovo di Padova
- ore 17.00 Santa Messa solenne. Presiede padre Gianni Cappelletto, Ministro provinciale della Provincia patavina di sant’Antonio. A seguire, la processione e la benedizione con la Reliquia del Santo.