San Francesco, parole indelebili

Sono stati esposti a New York, dal 28 marzo saranno ad Assisi. Ma, prima, sono passati in uno dei più qualificati laboratori di restauro di libri antichi, quello dell’abbazia di Praglia: sono i più antichi e significativi manoscritti legati all'Assisiate.
06 Febbraio 2015 | di

Sarà capitato a più d’uno di noi di ritrovare, in vecchi scatoloni dimenticati in soffitta, i quaderni di quando andavamo alle elementari. Le mamme li conservavano con cura, quasi trofei della crescita del figlio, sicure che prima o poi sarebbero venuti buoni a qualcosa. E avevano ragione: mentre li sfogliamo, ci si stringe un po’ il cuore. In quelle stanghette dritte delle pi, in quelle o panciute come è giusto che siano, vediamo un po’ di noi. Di come eravamo, almeno per quello che riusciamo a recuperare nei fili della memoria, e di quello che sognavamo.

Ci sono i nostri giochi da bambini, gli unici che ci abbiano davvero mai fatto divertire, ma anche qualche lacrima da sgridata o delusione. Il tutto miracolosamente in alcuni fogli di carta impiastricciati di schiribizzi, geroglifici che noi per convenzione chiamiamo «parole». È incredibile! Quei quadernetti sgualciti, dalle copertine improbabili che farebbero ridere i ragazzi d’oggi, ai nostri occhi inumiditi vengono rivalutati al massimo nella borsa delle cose che contano nella vita.  Altri quaderni… Fatte le debite differenze, perché in quest’altro caso i «quaderni» in questione hanno anche un valore storico e artistico incalcolabile, lo stesso succede a un francescano, frate, suora o simpatizzante che sia, che si accosti ad alcuni manoscritti del Fondo Antico della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, di solito scrupolosamente conservati lontano da occhi indiscreti e soprattutto da rischi di danni o perdita.

Noi l’abbiamo potuto fare perché alcuni di questi preziosi testi sono stati momentanea­mente «ricoverati», per esami e qualche piccolo intervento conservativo, presso il monastero benedettino di Praglia (PD), dove c’è uno dei più importanti e qualificati laboratori di restauro dei libri antichi in Italia. Check-up necessario prima di attraversare l’oceano fino a New York, dove gli stessi manoscritti e altri antichi documenti francescani si sono resi protagonisti, fino allo scorso gennaio, di alcune mostre, tra cui una al Palazzo di Vetro dell’Onu.

Dom Pierangelo, il monaco responsabile del laboratorio, mi introduce negli ambienti dove altri monaci e qualche collaboratore laico si dedicano con passione e competenza alla cura dei libri «malati». Ed è come tuffarsi nel passato, tra fogli di pergamena e rotoli di pelli colorate (entrambi di origine animale e lavorati ormai da pochissimi artigiani). Qualche marchingegno elettronico fa bella mostra di sé, ma quasi vergognandosene, pur utile. Tutti i presenti sono delicatamente piegati, chi su qualche pagina da rappezzare, chi alle prese con cuciture o dorsi da rimettere in sesto, in una triangolazione «carta-occhi-mani» che sa proprio di altri tempi.

L’ambiente è raccolto, silenzioso, profuma di biblioteca. Dai tavoloni e dalle scansìe ti osservano volumi in-quarto o in-folio (dipende dalle piegature del foglio al momento della stampa), cinquecentine (libri stampati fino al 1520 con la tecnica della stampa a caratteri mobili), incunaboli (che significa «in culla»: più antichi delle cinquecentine ma stampati con lo stesso metodo), manoscritti con pesanti copertine di legno e ancora con i segni, in quarta di copertina, della catena che li teneva agganciati al banco della biblioteca conventuale. Ma per quanto mi guardi circospetto attorno, non vedo ancora ciò che cerco.  Carte vecchie ma emozionanti È sempre dom Pierangelo a svelarmi il mistero. La presenza dei manoscritti di Assisi a Praglia doveva rimanere segreta per motivi di sicurezza, e io ho avuto la fortuna di poterli vedere solo perché dopo pochissime ore sono stati «dimessi» e imbarcati per New York. E allora eccoli, chiusi in cassaforte, i nostri manoscritti!

Dom Pierangelo mi racconta e mi mostra, come se si trattasse di un suo paziente, gli interventi di restauro resisi necessari. Per fortuna pochi, nonostante alcuni di questi «vecchietti» abbiano anche 800 anni di vita alle spalle. L’occhio mi cade subito su quel manoscritto che non vedevo l’ora di ammirare.

Tra gli studiosi è conosciuto con la sigla As 338, dove «As» sta per «Assisi» e il numero è quello della catalogazione. È il più antico della compagnia, forse addirittura compilato in poco più che una ventina d’anni dalla morte di san Francesco (1226). E magari pure per mano di qualcuno dei primi suoi compagni, forse lo stesso frate Leone – «pecorella del Signore», come lo chiamava affettuosamente Francesco – a cui l’Assisiate era legato da profonda amicizia. Nell’As 338 possiamo leggere così la Regola che Francesco aveva scritto per i suoi frati, le sue Ammonizioni, e persino il bellissimo Cantico di frate Sole: l’impaginazione dell’anonimo amanuense aveva previsto anche lo spazio per le note, purtroppo rimasto in bianco. Peccato, altrimenti sapremmo come lo cantava lo stesso Francesco!

Ma non c’è tempo per emozionarsi troppo, perché ecco il manoscritto catalogato con il numero 651. Risale al secolo XV e riporta una delle più antiche raccolte dei Fioretti di San Francesco in lingua volgare umbra.

E ancora il 351, opera di Elia de Evesham, che racconta la vita e il martirio di san Thomas More (Tommaso Moro, latinizzato), ucciso nel 1535. Il manoscritto inizia con una bellissima e antica miniatura del santo, ma il nostro interesse è tutto per un piccolo foglietto volante, usato in origine per rilegare il manoscritto. È in realtà un frammento preziosissimo della più antica vita di san Francesco, quella scritta da fra Tommaso da Celano nel 1229. Preziosissimo perché, nel 1266, il capitolo generale dei frati, approvata la nuova biografia francescana di san Bonaventura, la Leggenda Maggiore, decretò la distruzione di tutte le altre e dei manoscritti che le contenevano. Preziosissimo allora come il 686, che contiene la seconda biografia che aveva scritto il Celano nel 1247, e di cui questo è uno degli unici due testimoni rimasti.

Per fortuna nostra non tutti i frati furono obbedienti! E noi, anche solo per un attimo, solo per il fruscio che queste pagine di pergamena fanno quando vengono sfogliate, possiamo ancora una volta convincerci che crescere fa parte delle nostre radici. Che non ci siamo sbagliati, grazie anche a questi innominati fratelli, che hanno scritto pure per noi. Carte vecchie, sì. Ma capaci ancora di emozionare.  

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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