Riconciliarsi al Santo
Il pellegrinaggio è un gesto simbolico per il credente. Si passa dal proprio ambiente (città , paese, casa, posto di lavoro, amicizie e frequentazioni abituali) a un luogo inconsueto. E non è solo la situazione esteriore a mutare; è la persona che, cambiando cornice, fa emergere aspetti diversi del proprio essere.
Dopo Roma, meta tradizionale di pellegrinaggi, in Italia, le basiliche di Padova, Assisi e Loreto sono tra i santuari più frequentati dai pellegrini. Soltanto alla basilica di Sant`Antonio arrivano ogni anno più di cinque milioni di persone.
Momento forte del pellegrinaggio è il gesto di appoggiare la mano e la fronte sulla tomba miracolosa, parlare a tu per tu con il Santo, avvertire la sua presenza e la sua carezza. E questo momento così atteso è in genere preceduto da un`altra intensa esperienza di fede: la confessione. Per amministrare il sacramento ai devoti che lo richiedono, è stata inaugurata di recente la penitenzieria, dove ben quaranta frati offrono a turno il loro servizio.
Ma che cosa cercano i devoti, con quale stato d`animo si avvicinano al Santo?
Lo abbiamo chiesto a padre Domenico Carminati, rettore della basilica, riconfermato recentemente nell`incarico dalla Santa Sede, da cui dipende direttamente il santuario antoniano.
«Il santuario ` spiega padre Domenico ` è il luogo dove l`esperienza di Dio diventa palese. Andarci richiede volontà di ricerca, di cambiamento, ed è nel contempo atto di fede. In questo contesto, la confessione è un momento fondamentale. La basilica del Santo è luogo della riconciliazione, prima tappa di un percorso di salvezza e di un itinerario di fede. Paolo VI la definì «clinica dell`anima». I pellegrini che giungono in basilica vogliono incontrarsi con il Signore. Sentono il bisogno di purificarsi prima di avvicinarsi al Santo. E chiedono ai frati di aiutarli».
Perché è stata presa la decisione di aprire una nuova penitenzieria?
«Il sogno di creare un luogo particolare, adatto alla celebrazione del sacramento della riconciliazione risale agli anni Settanta. Il Concilio Vaticano II invitava a distinguere la celebrazione della messa dalla confessione. Le molte messe celebrate in basilica e il continuo flusso di pellegrini non favorivano questo importante momento di fede. Molti, sia tra i penitenti che tra i confessori, denunciavano un certo disagio. Portare, però, la confessione in un luogo diverso, se da un lato agevolava il raccoglimento dall`altro infrangeva la consuetudine secolare di confessarsi all`interno della basilica, per cui la decisione si è protratta nel tempo. Oggi la penitenzieria è una realtà e chi si avvicina al sacramento della riconciliazione può farlo nel silenzio e nella tranquillità interiore che questo sacramento richiede».
La nuova struttura, situata all`interno del chiostro della Magnolia, è stata ricavata dall`ex refettorio dei frati, un edificio del Quattrocento. La sala ` che ha su una parete un grande affresco che racconta la parabola del Figliol prodigo realizzato, nel 1988, da Pietro Annigoni ` è stata aperta in occasione del Giubileo dal cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente della Pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano. La nuova penitenzieria ha al suo interno venti confessionali e due stanze per colloqui personali; al piano superiore è stata allestita una sala per le celebrazioni comunitarie del sacramento della riconciliazione o per accogliere gruppi di pellegrini per la messa. «Siamo convinti ` conclude padre Carminati ` che i pellegrini sapranno apprezzare questo luogo e il silenzio e il raccoglimento che esso offre».