«Per fortuna che il mio angelo custode è alluccicato»
È la sera di libera uscita dei genitori e la nonna sta mettendo a letto Chiara, tre anni e mezzo. La piccola è felice della serata con la nonna, che ha aggiunto un po' di doverosi vizietti alla serata speciale, come un leccalecca per l'ora del sonno (a dentini lavati, in barba a tutti i dentisti). Dopo essersi saziata delle storie della nonna, un orsetto stretto tra le braccia, Chiara si sta finalmente abbandonando al sonno. Ma a un tratto risorge con una domanda alla nonna che la stava guardando incantata: Nonna, quando io dormo, Gesù cosa fa?. La nonna è tutta presa dall'incanto di quella nipotina così grassoccia, morbida, buona, tenera e, forse presa dal paragone tra il bambino Gesù e la nipotina, risponde d'istinto: Quando tu dormi, anche lui dorme vicino a te. La piccola sospira, visibilmente insoddisfatta, poi a un tratto si illumina e dice con voce gioiosa: Il mio angelo, però, non dorme perché è alluccicato!. Pronuncia quella parola creata così, in un lettino, con gli occhi pieni di sonno, con voce gioiosa, quasi avesse fatto una scoperta in proprio: il timbro è alto, sonoro, squillante e gustoso. E un secondo dopo, proprio come fanno i bambini, è consegnata al profondo sonno.
Alluccicato. Sarebbe bello pronunciare ad alta voce questa parola angelica: fa un certo effetto. Ma come mai Chiara ha escogitato un angelo di tal fatta, che non dorme, mentre lei dorme?
Ciò ha a che fare con l'entrata nel sonno da parte dei bambini: ogni piccolo percepisce che il sonno lo porta in un mondo misterioso, dove succede di tutto: ci si può rimpinzare di gelati inesistenti o possono sbucare fuori lupi neri, serpenti con i denti o voli dal settimo cielo. Per entrare nel sonno, il bambino ha bisogno di accompagnamento: e cioè della sicurezza che qualcuno veglia. Non è necessario (come fa la nonna in occasione della grande serata regalata a loro due) aspettare che si addormenti accanto al suo lettino, anzi, un eccesso di risvegli notturni appare correlato all'insistenza di stare lì accanto, come a dirgli che lui da solo non ce la farebbe a dormire, che star solo è pericoloso eccetera eccetera... È molto più saggio il genitore che, dopo avergli raccontato una storia e averlo benedetto, lo lascia lì con i suoi giochi e una mezza luce accesa, dicendogli: Io sto di là a finire i miei lavori e intanto ti penso. Buona notte!. E questo è già un buon accompagnamento per entrare nel mondo dei sogni.
Ma c'è anche un accompagnamento più profondo e più sicuro: di marca religiosa. Ed è il suggerire al bambino una Presenza altra, di cui i genitori sono in qualche modo i legittimi rappresentanti (Dio Papà ti ha affidato proprio a noi, papà e mamma!) sicché il nostro piccolo può pensare all'incirca così: se papà e mamma si fidano di Dio che mi protegge, allora posso fidarmi anch'io. In altre parole, Dio è il Papà che ci abbraccia tutti quanti. Ma questo non è strumentalizzare Dio, chiamandolo in causa per... il sonno del bambino? A noi sembra proprio di no. Perfino un'espressione così sfacciata e inopportuna: Dio serve per addormentare i bambini, non gli farebbe paura (pensiamo noi) poiché Dio è dalla nostra parte, dalla parte della nostra felicità che in certi contesti (ed eserciti di genitori ci darebbero ragione!), può essere un buon sonno, una manna per bambini e relativi genitori.
Ma come rispondere, mediante la fede, al bisogno del bambino di entrare nel sonno in compagnia?
Lasciamoci istruire dalla piccola Chiara, che ha fatto passi da gigante nel percepire la Presenza. E mai come ora siamo chiamati a diventare come bambini (Matteo 18,3) per entrare nel regno dei cieli, il quale non è tra le nuvole, ma - almeno come seme - in una famiglia dove i genitori si regalano una sera, ricordandosi della loro alleanza d'amore come coniugi, una nonna fa dono del suo tempo e una piccola figlia di Dio trova la strada che la conduce all'angelo Alluccicato.
L'esperienza che allarga il campo
Mettiamoci sulle tracce di questo cammino: Chiara è già una piccola esperta di Gesù e dei suoi angeli, tant'è che li nomina come conosciuti, presenze amiche. Evidentemente, in questa famiglia è già in atto una sana educazione religiosa. Proprio mentre sta abbandonandosi al sonno, la piccola chiama in causa Gesù: Cosa fa lui mentre dormo?. La nonna risponde in modo egocentrico, cioè dal suo punto di vista: quella nipotina assomiglia tanto a Gesù bambino, sicché lei... li metterebbe a letto tutti e due! Ma come mai la risposta non soddisfa Chiara? Perché la bambina è in cerca della Presenza, una presenza che non viene meno, che non si interrompe, che non è condizionata: ella può consegnarsi soltanto tra le braccia di una simile Presenza.
È ovvio che un bambino è incapace di simili ragionamenti, eppure in qualche modo li vive. Egli è un esperto dell'invisibile. Se noi, mondo adulto, con l'andare degli anni non lo corrompiamo con le nostre equazioni più o meno atee (c'è soltanto ciò che si vede e si tocca) egli rimane un piccolo navigatore del mondo dell'Invisibile.
Altrimenti non crederebbe nemmeno... all'esistenza della mamma! Facciamo un primo piano dei suoi nove-dieci mesi: fino ad allora il suo campo percettivo lo determina, lo delimita. Se la mamma appare davanti a lui, allora batte le manine, esplode di gioia: oh, allora c'è! C'è ancora! Molte volte il suo pianto la richiama, o magari i suoi balbettii amm... mam... hanno il potere di evocarla dal nulla, poiché ciò che non entra sotto il suo sguardo, nel suo campo percettivo, non c'è. E allora è la consolazione vera! Il suo, però, è un mondo di apparizioni e di sparizioni: dal nulla. Ma un giorno (verso i nove mesi, dice Piaget, secondo il principio di permanenza) gli viene un sospetto: vocalizza, chiama e la mamma... risponde dall'altra stanza. Per un attimo egli rimane come incantato, folgorato, come a dire: non la vedo, ma quella è la sua voce, la voce della sicurezza! Allora, esiste, c'è, anche se non la vedo! Se una macchina da presa cogliesse questo istante, coglierebbe la felicità . Ed è così per ogni cosa, anche per il cioccolatino nascosto sotto il tovagliolo sotto il suo naso; per un attimo ha il sospetto che non ci sia più, ma quando afferra il tovagliolo e lo scopre, allora scoppia di gioia: Ah, sei lì!.
«Dio è dietro le cose»
Sulla base di queste esperienze, il nostro piccolo è un competente dell'invisibile, sa dare fiducia al mondo: ciò che non vedo, c'è; anzi, forse le cose più importanti per ora non le vedo, ma ci sono. Vuoi vedere che è l'Invisibile a caricarsi sulle spalle il visibile? Vuoi vedere che Dio è dietro le cose (titolo di uno stupefacente libretto di Norbert Lohfink, edizioni Ancora). E quindi Chiara sa che per abbandonarsi al sonno, ha bisogno di una Presenza, di essere abbracciata dall'Invisibile. Si dorme veramente meglio: se non diventerete come bambini.... E dove la trova? In un angelo che... non si spegne. Un angelo illuminato, per così dire, dal di fuori si potrebbe spegnere, come certe lucette della notte, con l'interruttore. Ma se l'angelo ha una luce dentro (è alluccicato), si identifica con la luce, non può spegnersi. Né addormentarsi. L'angelo non è che uno degli infiniti volti della Presenza. Chiara lo sa. Ha ragione il testo matteano, riguarda i piccoli i cui angeli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli (Matteo 18,10) e cioè sono in contatto con la Presenza. C'è un legame ininterrotto tra i piccoli a cui non dare scandalo (e quale peggior scandalo del derubarli della fede?), e i loro angeli-Presenza, i loro angeli che hanno accesso al Volto. Parola di Dio. E cioè la Parola che fa/compie ciò che dice. Rispettare un bambino (e non ridurlo alle nostre dimensioni cosiddette oggettive e reali) è rispettare i suoi angeli.