Il Papa ha detto no
Finora era un' ipotesi appartenuta più alla fantascienza che altro, adesso è diventata una realtà dietro l' angolo: nel giro di vent' anni, dunque lo spazio appena di una generazione, avremo bambini clonati in laboratorio, come dire «costruiti» artificialmente. Lo prevedono gli scienziati inglesi, vale a dire del paese più avanti di tutti in questo campo della ricerca (proprio in Inghilterra, ricordiamo, venne clonata la pecora Dolly, il primo animale a subire questo tipo di processo): un sondaggio tenuto poche settimane fa tra di loro rivela che tanto ci vorrà per superare i problemi tecnici ancor oggi esistenti, e per passare dunque a «fabbricare l' uomo».
Che sia tecnicamente possibile, non significa naturalmente che si possa anche fare: c' è una forte resistenza da parte dell' opinione pubblica, anche se diversi scienziati inglesi intervistati ritengono che nei prossimi vent' anni questa opposizione si ammorbidirà notevolmente. E la maggior parte di essi si dichiara comunque convinta che vada ammesso un uso quanto meno limitato della clonazione terapeutica di embrioni umani, ad esempio per «produrre» organi da trapiantare.
La netta presa di posizione assunta al riguardo da papa Giovanni Paolo II, che ha sollecitato la scienza a intraprendere vie alternative non legate né alla clonazione né al prelievo di cellule embrionali, viene condivisa da molti ricercatori. Oscar Salvatierra, presidente della Società mondiale dei trapianti, concorda ad esempio con l' indicazione che le strade da seguire siano altre: l' aumento delle donazioni, la ricerca sulle cellule staminali (cellule destinate a produrre organi, presenti in forma indeterminata soprattutto nell' embrione) prelevate da persone adulte, gli xenotrapianti (organi presi da animali).
In questo senso, lo stesso Salvatierra ha rivolto un esplicito appello al presidente degli Stati Uniti Clinton e al premier del Regno Unito Blair (i due uomini di Stato più esposti sul fronte della clonazione) a prendere esempio dal Papa, adottando nei rispettivi paesi misure che incoraggino la donazione di organi. Aggiunge che la scienza è bene attrezzata: «Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi. Certo, purtroppo non abbiamo un numero sufficiente di donazioni, e tante persone in attesa di trapianto muoiono prima di poter essere sottoposte all' intervento. Ma la ricerca procede: puntiamo sulla tolleranza dell' organo trapiantato da parte dell' organismo, senza dover ricorrere a farmaci che indeboliscano le difese immunitarie. E accanto a questa direttrice, resta quella indicata dal Papa dell' incremento delle donazioni».
Un altro scienziato di chiara fama, il premio Nobel italiano per la Fisica Carlo Rubbia, plaude a sua volta all' intervento di Giovanni Paolo II: «Ha detto quello che doveva dire, e l' ha detto bene e chiaro. Ci sono principi fondamentali che la scienza deve rispettare, e una certa moderazione nella ricerca scientifica non guasta. Questo è un tempo in cui la scienza ha costruito armi terribili».
Ma Rubbia invita a considerare il problema anche da un altro punto di vista, decisamente inedito eppure molto pertinente: «Mi domando che cosa farei se io fossi un clone. Penso che reagirei invocando il diritto a una vita mia, unica e indipendente». E si dice preoccupato anche da un altro aspetto, e cioè «il meccanismo che abbiamo messo in piedi, e che crea esseri destinati a rimanere anni in un surgelatore. Non ci siamo mai curati delle conseguenze che sulla persona generata a partire da un embrione scongelato può avere tale abnorme origine. La persona venuta dal freddo non porterà per avventura qualche segno fisico o psichico della sua provenienza?».
Come si vede, il dibattito è aperto, anche se altri scienziati spingono perché la ricerca possa proseguire. Tra questi, il più noto è proprio il padre di Dolly (per la cronaca: la pecora clonata ha cinque anni, sta bene e ha già partorito tre volte), l' inglese Ian Wilmut. Il quale chiarisce: «Nessuno di noi vuole clonare l' uomo, non c' è scienziato vero che sia interessato a produrre copie di persone; anche perché, tecnicamente parlando, servono moltissimi ovociti (l' elemento precursore della cellula-uovo: ndr), e in giro non ce ne sono abbastanza. A noi interessa solo studiare come diventano questo o quell' organo umano, perché poi potremmo creare organi di ricambio in laboratorio».
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SUPERCONDUTTORI E SUPERMEMORIA
I superconduttori attraversati da campi magnetici acquistano una supermemoria: le correnti elettriche che scorrono al loro interno in tale stato vengono, infatti, «ricordate» a lungo. L' hanno scoperto alcuni ricercatori che hanno studiato il modo in cui queste correnti lasciano impresse le tracce del loro ultimo passaggio.
Unici nella loro capacità di condurre elettricità senza resistenza, i superconduttori potrebbero un giorno trovare altre applicazioni come il trasporto di correnti elettriche su lunghe distanze senza dispersioni, e un' ampia varietà di tecnologie industriali e di trasporto. Un numero considerevole di queste innovazioni è basato sull' esposizione controllata dei superconduttori a campi magnetici e sulla maniera in cui questi campi li attraversano. I campi magnetici penetrano alcuni superconduttori nella forma di minuscoli vortici, ognuno contenente un debole flusso magnetico al proprio centro. In condizioni ottimali, tali vortici si sistemano alla stessa distanza l' uno dall' altro, in maniera simile alla disposizione delle molecole all' interno di un cristallo solido. E sono proprio questi vortici a mettere il superconduttore in grado di «ricordare» le proprietà delle correnti che l' hanno attraversato.
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ALTRO CAPITOLO DELLA CACCIA ALLA VITA NELLO SPAZIO
C ontinua la caccia alla vita nello spazio. Per la prima volta sono state individuate nel cosmo molecole organiche complesse, che rappresentano i mattoni indispensabili per costruire l' edificio della vita. A trovarne le tracce, nell' ambiente di gas e polveri che circonda le stelle, è stato l' osservatorio spaziale europeo Iso, il primo osservatorio spaziale che utilizza gli infrarossi, e che è stato progettato appositamente per esplorare le parti più remote e nascoste dell' universo. |
BOSCHI: AUMENTA IL NUMERO, MA PEGGIORA LA QUALITà
I l Belpaese ha più foreste di un tempo, ma di qualità peggiore. Negli ultimi dieci anni, la superficie boschiva italiana è aumentata, infatti, di quasi un milione e mezzo di ettari; ma a questo si accompagna un accentuato degrado, che richiede interventi urgenti di tutela. È quanto emerge da un' ampia indagine sulle risorse forestali curata dalla commissione agricoltura della Camera. |