Il coraggio della verità

Le Crociate, Galileo, Giordano Bruno, la divisione dei cristiani, l’Inquisizione, la persecuzione degli ebrei... costituiscono altrettanti peccati che esigono un impegno di penitenza e di conversione. Giovanni Paolo II ne è convinto.
04 Aprile 2000 | di

Sono tre storiche e tre di oggi le principali «deviazioni dal Vangelo» che il Papa ha proposto `€“ negli ultimi sei anni `€“ all`€™«esame» della Chiesa in vista della «Giornata del perdono», fissata per il 12 marzo.
Le colpe storiche sono: divisione tra le Chiese, persecuzione degli ebrei, intolleranza e violenza al servizio della fede (Inquisizione, crociate, «guerre di religione»).
Le «antitestimonianze» contemporanee indicate dal Papa sono: acquiescenza nei confronti delle dittature, corresponsabilità  nelle ingiustizie, cedimenti al secolarismo e responsabilità  nei confronti della «dilagante irreligiosità , per non aver manifestato il genuino volto di Dio».
Chi voglia cogliere appieno l`€™intenzione del Papa, legga la lettera apostolica Tertio millennio adveniente (novembre 1994, ai nn. 34- 36) e la bolla Redemptionis mysterium (dicembre 1998, al n.11).
E conviene fare queste letture, perché si tratta dell`€™iniziativa più audace del Pontificato, nella quale il Papa si è impegnato personalmente, senza temere le strumentalizzazioni esterne alla comunità  dei credenti e adoperandosi a rispondere ai timori che sorgevano all`€™interno stesso della Chiesa.
Naturalmente un`€™informazione adeguata richiederebbe molte più letture. Sono oltre un centinaio `€“ nell`€™insieme del Pontificato `€“ i testi in cui Giovanni Paolo II riflette sulle «pagine oscure» della storia della Chiesa e ammette le «deviazioni» dei cristiani rispetto al Vangelo.
Il primo testo in assoluto è quello `€“ a un anno dall`€™elezione `€“ in cui annuncia l`€™intenzione di sottoporre a revisione «il caso Galileo», perché si arrivi a un «leale riconoscimento dei torti». A tale riconoscimento si arriverà  dopo tredici anni, ma nel frattempo il Papa avrà  trattato ripetutamente `€“ specie in occasione dei viaggi apostolici, venendo a contatto con interlocutori esigenti e dalla memoria ferita `€“ dello scandalo della divisione tra le Chiese, della persecuzione degli ebrei, delle responsabilità  dei cristiani nelle guerre e in particolare nelle «guerre di religione», del maltrattamento degli indios e della tratta dei neri, di errori ed eccessi dei tribunali dell`€™Inquisizione, della tentazione dell`€™integralismo che ha portato a negare i diritti dei dissenzienti rispetto alla cristianità  medievale, dei rapporti conflittuali con l`€™islam.
Ma l`€™esame di fine millennio proposto dal Papa non va confuso con le singole revisioni storiche che egli stesso è venuto formulando o autorizzando in questi anni: dal «caso Galileo» al rogo di Giordano Bruno (la lettera del Segretario di Stato riguardante questo argomento è del 17 febbraio scorso). Per tornare ai testi principali dell`€™esame, ecco come esso è motivato nella Tertio millennio: la Chiesa «non può varcare la soglia del nuovo millennio senza spingere i suoi figli a purificarsi, nel pentimento, da errori, infedeltà , incoerenze, ritardi».
Si tratta di interrogarsi sulle «circostanze in cui, nell`€™arco della storia, essi si sono allontanati dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo, offrendo al mondo lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo» (n.33).

Il filone delle colpe ecumeniche: «Tra i peccati che esigono un maggiore impegno di penitenza e di conversione devono essere annoverati certamente quelli che hanno pregiudicato l`€™unità  voluta da Dio per il suo popolo». Essi «contraddicono apertamente alla volontà  di Cristo e sono di scandalo al mondo», sono «peccati del passato» che «fanno sentire ancora, purtroppo, il loro peso e permangono come altrettante tentazioni anche nel presente» (n.34).
Del «peccato della divisione» il Papa ha parlato tantissime volte. È a proposito di esso che usò per la prima volta l`€™espressione «purificazione della memoria» (Parigi 31 maggio 1980). La disponibilità  a riconoscere che le divisioni avvennero per «colpa di entrambe le parti» l`€™afferma in occasione dell`€™incontro con la Chiesa luterana tedesca (Magonza, 17 novembre 1980), con la Chiesa riformata svizzera (Kehrsatz, 14 giugno 1984), con la Chiesa evangelica austriaca (Salisburgo, 26 giugno 1988), con la Chiesa ortodossa polacca (Bialystok, 5 giugno 1991), nei confronti degli evangelici della Boemia (Olomouc, 21 maggio 1995) e degli ugonotti di Francia (Parigi, 23 agosto 1997).

La persecuzione degli ebrei. Vasta è anche l`€™antologia delle possibili citazioni papali in merito alle «persecuzioni degli ebrei»: le deplora, «chiunque» sia stato a compierle (e quel chiunque è riferito ai suoi predecessori) in occasione della visita alla Sinagoga di Roma (13 aprile 1986), l`€™aveva già  fatto da Auschwitz (7 giugno 1978), tornerà  a farlo da piazza San Pietro il 18 aprile 1993 e `€“ in maniera ancora più chiara `€“ da Berlino il 23 giugno 1996. Dice in quest`€™ultima occasione: «Anche se molti sacerdoti e molti laici si opposero al regime di terrore del nazionalsocialismo e anche se si attivarono molte forme di opposizione nella stessa vita quotidiana (in difesa degli ebrei, ndr), ciò fu tuttavia troppo poco».
Sulle radici dell`€™antigiudaismo in ambiente cristiano si è tenuto `€“ su richiesta del Papa `€“ un simposio organizzato dalla commissione teologico-storica del Grande Giubileo (30 ottobre - 1 novembre 1997). Parlando ai partecipanti, Giovanni Paolo II affermò che «la resistenza dei cristiani» alla persecuzione nazista degli ebrei «non è stata quella che l`€™umanità  era in diritto di aspettarsi dai discepoli di Cristo» (31 ottobre 1997). Toni analoghi usa il documento vaticano sulla Shoà , «New Remember» (Noi ricordiamo), pubblicato il 16 marzo 1998 dalla Commissione per i rapporti religiosi con l`€™ebraismo.

Ed eccoci al terzo filone delle colpe storiche: «Un altro capitolo doloroso è costituito dall`€™acquiescenza manifestata, specie in alcuni secoli, a metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio alla verità », leggiamo nella Tertio millennio. Naturalmente per un corretto giudizio storico si dovrà  tener conto dei condizionamenti culturali del momento, ma «la considerazione delle circostanze attenuanti non esonera la Chiesa dal dovere di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli, che ne hanno deturpato il volto, impedendole di riflettere pienamente l`€™immagine del suo Signore crocifisso, testimone insuperabile di amore paziente e di umile mitezza» (n.35).
Argomento centrale di questo capitolo sono i tribunali dell`€™Inquisizione: sia quella medievale, che quella spagnola e portoghese, che quella romana. Anche sull`€™Inquisizione si è fatto `€“ su richiesta del Papa e per iniziativa della Commissione teologico-storica `€“ un simposio (29-31 ottobre 1998), le cui conclusioni furono così riassunte dalla «Civiltà  cattolica»: «L`€™Inquisizione rappresenta oggettivamente una macchia grave, da cui la Chiesa deve purificarsi mediante una revisione penitenziale del suo secondo millennio di storia» (5 dicembre 1998).
Anche delle antitestimonianze contemporanee il Papa tratta nella Tertio millennio (vedi n. 36). Su di esse Giovanni Paolo ha meno insistito, in questi anni. E minore è dunque anche la nostra attenzione. Ma vogliamo terminare con un rimando alla più contemporanea delle sue denuncie: quella riguardante il genocidio del Rwanda, «di cui purtroppo sono responsabili anche dei cattolici». Così parlò il 15 maggio 1994, mentre il massacro era in corso. E forse non era mai capitato che un Papa deplorasse il comportamento «guerresco» di una comunità  cattolica mentre quel comportamento si manifestava.


   
   
«...Questo errore soggettivo di giudizio, così chiaro per       noi oggi, li condusse (i giudici di Galileo) ad adottare un       provvedimento disciplinare di cui Galileo ebbe molto a soffrire».       (PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE       SCIENZE)

 

PER SAPERNE DI PIà™

Alessandro Maggiolini, Perché la chiesa chiede perdono, Piemme, Casale Monferrato 2000, pagine 80, lire 14.000 (E 7.23). La Chiesa deve davvero chiedere perdono? E se si, di che cosa precisamente. Lo spiega l`€™autore, preoccupato che non venga messa in dubbio la sanità  oggettiva della Chiesa.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017