Campagna internazionale contro l’uso dei bambini soldato Giochiamo alla guerra?!
Un ragazzo tentò di scappare (dai ribelli), ma fu preso... Le sue mani furono legate, poi essi costrinsero noi, i nuovi prigionieri, a ucciderlo con un bastone. Io mi sentivo male. Conoscevo quel ragazzino da prima. Eravamo nello stesso villaggio. Io mi rifiutavo di ucciderlo, ma essi mi dissero che mi avrebbero sparato. Puntarono un fucile contro di me, così io lo feci. Il ragazzo mi chiedeva: perché mi fai questo? Io rispondevo che non avevo scelta. Dopo che lo uccidemmo, essi ci fecero bagnare col suo sangue le braccia... Ci dissero che noi dovevamo far questo così non avremmo avuto più paura della morte e non avremmo tentato di scappare... Io sogno ancora il ragazzo del mio villaggio che ho ucciso. Lo vedo nei miei sogni, egli mi parla e mi dice che l'ho ucciso per niente, e io grido» (Susan, 16 anni, rapita dal «Lord's Resistence Army», in Uganda).
No, quella che avete appena letto non è la trama di un film, e neppure il racconto di innocenti giochi infantili, dove alla fine tutti si risorge e via a far merenda.
In questo momento, qua e là in giro per il mondo, dovunque sia in corso qualche «sporca» guerra, qualcosa come 300 mila ragazzi sotto i 18 anni (in molti casi addirittura sotto i 15!), invece di andare a scuola, giocare o crescere armoniosamente all'interno della propria famiglia in una società che li tuteli come il suo bene più prezioso, stanno imbracciando le armi e vengono costretti a uccidere altre persone. Forse altri coetanei «avversari».
Spesso questo reclutamento è forzato, brutale e accompagnato da «riti di iniziazione» alla violenza che non tollereremmo neppure per degli adulti. La personalità fragile e in evoluzione di un ragazzino ne viene quasi irrimediabilmente stravolta, compromettendo seriamente la sua crescita e il suo inserimento positivo nella società . Molte organizzazioni internazionali si stanno, infatti, occupando della rieducazione di minori che abbiano partecipato a conflitti armati, ma se è sempre stato difficile reinserire gli ex combattenti nella vita civile dopo i traumi subiti e l'alterazione dei valori e della morale vissuti in guerra, nei bambini si aggiunge l'effetto devastante di tali esperienze su personalità in formazione.
Eppure per un gruppo di ribelli o, certe volte, per uno stesso esercito regolare, risulta assai vantaggioso usare bambini soldato: costano letteralmente poco (frequenti sono fra questi giovanissimi soldati malattie da malnutrizione, infezioni dell'apparato respiratorio e della pelle, malattie sessuali, compresa l'aids), hanno scarsissima coscienza del rischio e del pericolo (possono essere utilizzati ai posti di blocco, in prima linea nelle operazioni, per attraversare un campo minato), tendenzialmente credono a qualsiasi cosa l'adulto dica loro (soprattutto se non hanno famiglia o provengono da campi profughi), e se muoiono in «azioni di guerra», beh!, nessuno li piangerà .
Bambini in guerra sono in Afghanistan, Angola, Cambogia, Colombia, Eritrea, Filippine, Iran, Iraq, Liberia, Messico, Rwanda, Sierra Leone, Turchia, Uganda, e via dicendo. Mentre tra gli stati che «legalmente» reclutano minori di anni 18 nelle proprie forze armate, con coscrizione obbligatoria o adesione volontaria, scopriamo Australia, Austria, Canada, Cuba, Francia, Germania, Giappone, Israele, Norvegia, Regno Unito, Stati Uniti e... Italia (Legge 191/75).
Già la Convenzione ONU sui Diritti dell'Infanzia del 1989, stabilisce in 15 anni l'età minima per il reclutamento militare e la partecipazione ai conflitti armati. Ora, contro questo limite ritenuto troppo basso, e più in generale per sensibilizzare l'opinione pubblica verso questa palese violazione dei diritti dei bambini e delle bambine, si è costituito un importante movimento d'opinione, che in Italia ha preso la veste della coalizione italiana «Stop all'uso dei bambini soldato».
Di questa coalizione, che tra l'altro si impegna perché in Italia venga abrogata la norma di legge che permette di partecipare alle operazioni di guerra a soli 17 anni, fanno parte un gruppo di associazioni e Ong, tra cui «Amnesty International» - Sezione italiana, «Bice» - Italia (di cui anche il nostro «Messaggero dei ragazzi» fa parte), «Jesuit Refugee Service» - Centro Astalli, «Società degli Amici » (Quaccheri), «Telefono Azzurro», «Terre des Hommes» - Italia, «Unicef» - comitato italiano, «Volontari nel mondo - Focsiv», e «Cocis».
Fabio Scarsato
Una Coalizione italiana si sta battendo per vietare l'uso dei bambini soldato. Vi fa parte anche il nostro «Messaggero dei ragazzi». Segreteria: Davide Cavazza - via G.B. De Rossi, 10 - 00161 ROMA - tel. 06/44901 - fax 06/4490222 - e-mail coalizione. bambini@amnesty.it Ulteriori informazioni in: www.child-soldiers.org; www.ifrc.org; www.rb.se |