Famiglia al centro

01 Giugno 1999 | di

Relegata ai margini della società  per tanto tempo, la famiglia sta riprendendo il ruolo che le compete, di nucleo insostituibile del vivere civile, pur minacciata dal divorzio e da forme nuove e inquietanti di essere coppia.

Una volta era più semplice dire che cos'è una famiglia, almeno nei nostri paesi di tradizione cattolica: due persone di sesso diverso si promettevano eterna fedeltà  nel corso di un rito religioso, ne nasceva un'unione indissolubile cementata da un sacramento.
Poi di solito si mettevano al mondo dei figli. Questa era una famiglia, che un tempo magari si affiancava ad altre sotto lo stesso tetto per formare una sola grande famiglia patriarcale: evento oggi assai raro.
Neppure allora tutto filava liscio: disamore, tradimenti, freddezze erano i tarli che via via rodevano le unioni che difficilmente si scioglievano non essendo consentito il divorzio.
Anche oggi per buona parte la famiglia conserva questi intramontabili contorni. Però ai margini di essa si sono sviluppati, soprattutto dopo l'avvento del divorzio, altri modi di fare famiglia che lasciano perplessi. Ci sono le coppie di fatto, unioni libere tra celibi e nubili; le coppie gay; le famiglie ricostituite, dove almeno uno dei due coniugi viene da un'esperienza precedente (in crescita, quasi 600 mila nel periodo '94-'95) che avviano una serie di intrecci con risvolti sociali e psicologici, soprattutto per i figli, di non poco conto. Per non dire delle complicazioni innescate dalla bioingegneria con figli nati da uteri in affitto, con fecondazioni eterologhe e via dicendo... Un guazzabuglio che è servito almeno a richiamare l'attenzione sulla famiglia, istituzione fino a tempi recentissimi relegata ai margini della società . Oggi infatti la famiglia è al centro del dibattito politico e culturale, sia per la richiesta di interventi di politica sociale insistentemente invocati (anche per effetto del calo demografico che preoccupa non solo i cattolici), sia per le complesse questioni legislative che il parlamento sta affrontando a causa proprio dell'insorgere di questi modi non tradizionali di essere famiglia che richiedono di essere riconosciuti.
Anche le riflessioni e i dibattiti avviati con il Giubileo avranno al centro la famiglia, «piccola chiesa domestica», realtà  da cui far partire un effettivo rinnovamento dell'intera società : dalle famiglie, nucleo di persone unite dal vincolo indissolubile dell'amore, possono rifiorire quei valori che oggi la società  sembra avere smarrito.
Su questi problemi offriamo qui una serie di spunti che possono essere singolarmente o in gruppo approfonditi.
Cominciamo con alcune sollecitazioni offerte dal professor Giorgio Campanini, già  docente dell'università  di Parma (corsi di Sociologia della famiglia) e ora all'università  lateranense di Roma. La sua attenzione alla famiglia è iniziata negli anni '70 con un pionieristico volume, Comunità  familiare e società  civile (La Scuola editrice, Brescia) e continua con due opere di prossima pubblicazione. La famiglia conviviale (Mondadori) e Le politiche familiari (Edizioni S. Paolo).
Al professor Campanini abbiamo chiesto.

Msa. Una volta era relativamente semplice dire che cos'è una famiglia. Oggi vi sono «modelli» di famiglia che non si riesce a districare... Vuole aiutarci a farlo?
Campanini
. Bisognerebbe innanzitutto distinguere il modello reale dal modello giornalistico. Il «modello giornalistico» è quello degli attori e dei cantanti, degli sportivi e degli «uomini di successo». Sono questi che, in generale, «convivono» anziché sposarsi, passano da un'avventura a un'altra, hanno «compagne» e «compagni» sempre diversi... Ma se guardiamo alla realtà  delle cose vediamo, ad esempio, che in Italia, in base all'ultimo censimento, vi erano circa venti milioni di coppie fondate sul matrimonio e circa trecentomila convivenze di fatto. E se questo dato è da taluni posto in discussione (ma alle statistiche si oppongono, in realtà , solo generiche affermazioni), vi è un altro dato inoppugnabile, e cioè che oggi in Italia, su cento bambini che vengono al mondo, novantadue nascono in una famiglia nella quale i genitori sono sposati fra loro, e solo otto da coppie che versano in altre situazioni.
D'altra parte il lettore - lasciando stare per una volta i giornali e la tv - si guardi attorno e consti di persona qual è il «modello» prevalente...

Al di là  della realtà  di fatto, comunque, una convivenza di fatto, magari una coppia di persone dello stesso sesso, può essere intesa come vera e propria «famiglia», e come tale riconosciuta?
In Italia la Costituzione - approvata anche dai padri degli attuali uomini della sinistra - ha operato una scelta assai chiara tra la famiglia fondata sul matrimonio, espressamente riconosciuta dagli articoli 29 e seguenti, e altre forme di rapporto fra le persone. La prima è riconosciuta e tutelata; delle altre forme non si parla ritenendosi che si tratti di realtà  di fatto delle quali il legislatore non dovrebbe occuparsi. Oggi si verifica invece il paradosso di persone che rivendicano il diritto al rispetto della loro «privatezza», ma che poi desiderano riconoscimenti e, magari, sostegni economici e di altro genere... Sembra a me che la linea indicata dalla Cotituzione sia tutta valida: o si costituisce un matrimonio, e si entra nella sfera delle relazioni socialmente riconosciute, o si rimane nel privato (un privato che lo stato deve rispettare ma non «riconoscere»).

Che cosa pensare del crescente numero dei divorzi?
Si tratta di una questione assai seria perché il fenomeno per quanto relativamente limitato perché attualmente interessa circa il venti per cento delle coppie, in prevalenza quelle formatesi nell'ultimo ventennio - è tendenzialmente in aumento e provoca serie conseguenze per il futuro dei figli coinvolti in queste vicende spesso dolorose e traumatiche.
Dietro il grande numero di divorzi stanno in generale errori di scelta del coniuge, incapacità  di porsi autenticamente in relazione con l'altro, carenza di spirito di sacrificio e, soprattutto, un'assolutizzazione dell'idea di «felicità ». Si vorrebbe che la vita matrimoniale fosse un'eterna «luna di miele»: così non è e non può essere (ma ciò vale, del resto, per ogni esperienza umana, dal lavoro alla politica...). Quando il matrimonio si rivela, di fatto, inferiore a queste altissime e talora spropositate aspettative, lo si rompe e ci si mette alla ricerca del «partner» ideale, che probabilmente non verrà  mai trovato. Occorre dunque un maggiore senso di responsabilità  nell'impostare la vita matrimoniale.
Sul benessere, o sul disagio, del-la famiglia incidono le politiche sociali? Perché l'Italia non ha mai avuto una politica familiare degna di tale nome? Come deve essere impostata, secondo Lei, una corretta politica familiare?
Contrariamente a molti altri paesi, in effetti l'Italia non è mai riuscita ad avviare una seria politica familiare.
La persistente memoria della politica demografica (che è tutt'altra cosa che la politica familiare) fascista, le prevenzioni ideologiche contro la famiglia, un malinteso senso del rispetto della sua privatezza, hanno fin qui impedito concreti e organici interventi.
La situazione è, tuttavia, mutata e va crescendo la consapevolezza che la famiglia non può essere abbandonata al suo destino, anche perché le conseguenze sociali della sua crisi sarebbero assai gravi. Si impone, dunque, un mutamento di rotta, fondato sulla collaborazione fra le politiche nazionali (soprattutto nel senso dell'alleggerimento degli oneri fiscali che gravano sulla famiglia) e le politiche locali (in particolare per quanto riguarda una lungimirante politica della casa e adeguati servizi sociali sia per l'infanzia sia per la popolazione anziana).
Da alcuni anni a questa parte ci si comincia a muovere nella giusta direzione; ma ci si dovrà  decidere a investire a favore della famiglia ben più cospicue risorse.
Quali sono le cose che bisognerebbe fare per indicare (soprattutto in occasione del Giubileo) che la famiglia sta riacquistando il ruolo che le compete nella società ?
Da parte dello stato e delle comunità  locali, occorrerebbe assumere la famiglia - mediante organismi di consultazione sistematica (ad esempio nella forma della Consulta delle famiglie) come interlocutore in tutti i processi decisionali che la riguardano. Da parte delle famiglie, il Giubileo potrebbe essere una grande occasione di ripensamento critico dei suoi stili di vita, con l'abbandono di inammissibili stili consumistici e con la priorità  accordata al dialogo, al reciproco servizio, all'impegno per gli altri , soprattutto di coloro che non hanno mai avuto o non hanno una famiglia che li sorregga e li sostenga.

   
   
I NUMERI DELLA FAMIGLIA      

Ecco le cifre che fotografano meglio la situazione della famiglia. Il dato che più salta agli occhi è la diminuzione dei matrimoni: 4,8 ogni mille abitanti nel 1998 contro i 5,5 del 1990. In meno di dieci anni le convivenze sono quasi raddoppiate, passando dalle 184 mila del '90 alle 344 mila del '98 (di cui 139 mila con figli). I matrimoni preceduti da convivenze sono decuplicati: solo il 2 per cento dei giovani nel 1980 usciva dalla famiglia prima di sposarsi, ora la percentuale è del 13,8 per cento. Le coppie con figli sono passate dal 50,9 al 46,8, quelle composte da almeno quattro componenti dal 32,7 al 28,7. In aumento le persone che vivono da sole, dal 20,3 al 21,3, e le coppie senza figli, passate nell'arco di otto anni dal 18,8 al 20,8. In crescita pure le famiglie di due componenti, dal 23,7 al 26,4. In salita la percentuale dei bambini da 0 a 13 anni che da dieci anni a questa parte hanno entrambi i genitori occupati, dal 36,8 al 39,3, così come quelli che hanno un solo fratello - dal 50,8 al 52,5 - o che non ne hanno neppure uno - dal 24,1 al 26,7. In diminuzione, invece, i bimbi con padre occupato e madre casalinga, dal 48,1 al 41,3, e quelli che hanno due o più fratelli, dal 25,1 al 20,6.
La famiglia, più europea al Centronord, segue invece una tendenza più tradizionale al Sud. Le madri che lavorano con i figli fino a 13 anni, al Nord sono il 46 per cento, contro il 44 per cento delle casalinghe; mentre nel Sud sono rispettivamente il 56 per cento e il 31per cento. Gli uomini che collaborano di più alla gestione del ménage familiare sono gli impiegati e quelli in possesso del titolo di studio più alto. Sono soprattutto le mamme, però, a seguire i bambini nei compiti a casa (40,1 per cento contro il 13,1 per cento dei mariti) e a recarsi a parlare con gli insegnanti dei figli (65,6 per cento rispetto al 14,3       fatto registrare dai padri). Un dato allarmante: il 10 per cento delle famiglie con almeno un figlio minorenne versa in condizioni di assoluta povertà .
L'Italia, inoltre, detiene un primato «negativo»: è infatti l'unico paese al mondo in cui si registra un incremento del numero dei giovani che a trent'anni risiedono ancora in casa dei genitori. In compagnia di papà  e mamma rimane il 58,7 per cento dei giovani compresi tra i 18 e i 34 anni: la prevalenza, ed è un fatto per certi versi sorprendente, appartiene ai maschi, evidentemente più «mammoni» rispetto alle femmine. Nel 1990 il 50 per cento degli uomini tra i 25 e i 29 anni e il 28,1 per cento delle donne non avevano ancora lasciato casa. Otto anni più tardi le percentuali erano rispettivamente salite al 70,7 per cento e al 45,6 per cento.
Il 47,3 per cento degli interessati ha dichiarato di «stare bene così, avendo la propria autonomia». Solo il 15 per cento dei giovani è costretto a farlo per problemi di abitazione e lavoro.
Insomma, il ritornello «casa dolce casa» parla sempre più l'italiano.

     

F. C.

 

   
   
RITROVARE IL SENSO DELLA COMUNITà€            

LA FAMIGLIA DEL DUEMILA

     

A colloquio con monsignor Anfossi, presidente della Commissione episcopale per la famiglia.

Fabrizio Condò     

«La famiglia del Duemila? Cosciente della propria importanza e in grado di sviluppare un forte senso di solidarietà , soprattutto se si fonderà  su una matura esperienza cristiana che le permetterà  di vivere in stretto contatto con gli altri nuclei familiari».       Monsignor Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta e presidente della Commissione episcopale per la famiglia, disegna l'identikit della cellula fondamentale della società  che si appresta a fare il proprio ingresso nel terzo millennio. Un futuro tinto di rosa, quindi, nonostante esperti e sociologi parlino apertamente di «crisi della famiglia» e presentino un quadro poco edificante della situazione. In effetti, non è che i dati Istat autorizzino a pensare in positivo: matrimoni in calo, denatalità  (calo delle nascite) in aumento, separazioni e divorzi in ascesa.
Ma da dove ha origine la crisi attuale? «Da alcune condizioni, una volta ben       consolidate ma che sono venute meno con il passare del tempo. Innanzitutto, il pensare correttamente alla famiglia in chiave religiosa, seguendo la strada indicata dalla parola di Dio.
Se si pone in secondo piano l'insegnamento che ci viene dalla religione cristiana, si perdono quei valori universali condivisibili con tutti, e un punto di riferimento etico molto preciso. Ora, è chiaro che in passato c'erano esigenze e situazioni diverse da affrontare, ma il nucleo familiare godeva di alcuni 'privilegi' che lo rendevano più forte rispetto al presente. Legata a un costume patriarcale piuttosto consolidato, la famiglia poteva contare su un contesto sociale, religioso e comunitario. La comunità  si dimostrava un valido sostegno, pronta a proteggere e a correggere i nuclei, in un certo senso condizionandoli, ma pure aiutandoli a superare i momenti difficili». Oggi le cose vanno in maniera diversa... «Questo perché la coppia deve contare unicamente sulle proprie risorse e su un dialogo esclusivamente interno. Ci sono meno condizionamenti e abitudini e si vive senza l'ausilio della comunità . Quindi il nucleo familiare risulta molto più esposto e fragile. Tuttavia& ». Tuttavia? «Ci sono altre cifre che vanno prese in considerazione - spiega il vescovo di Aosta - e che non vanno affatto trascurate. Per esempio, cresce il numero delle coppie consapevoli dell'importanza della famiglia e che si sforzano di vivere con coscienza il matrimonio. Anzi, possiamo dire con certezza che rappresentano la maggioranza: maggioranza statistica, non teorica. E poi non condivido le critiche di chi afferma che la famiglia ha cominciato a sgretolarsi quando la donna ha cominciato a lavorare. Sono invece convinto che l'autonomia e il lavoro della donna sono un passo in avanti verso il processo di       rifondazione della famiglia di domani».
La camera ha detto «sì» alle coppie di fatto: un punto a sfavore di una ritrovata politica familiare? «Dico semplicemente che le famiglie fondate sul matrimonio vivono situazioni di dialogo più intense, inoltre condividono più valori. In parole povere, sono più consapevoli della propria scelta e curano in misura maggiore le relazioni tra loro e con gli altri».

Intanto i matrimoni diminuiscono e nascono sempre meno bambini: a quando un'inversione di tendenza?
«Occorre innanzitutto che la società  e la Chiesa si impegnino al massimo per aiutare le coppie di fidanzati e i giovani sposi, favorendo la nascita di nuovi nuclei familiari che si fondino su basi solide. Per quello che riguarda la denatalità , credo sia legata anche al fatto che i matrimoni comunque avvengono a un'età  più tarda rispetto al passato e che comunque l'ingresso della donna nel mondo del lavoro ha imposto alcuni cambiamenti.
Inoltre, ci sono altri fattori, come le separazioni, diffusissime anche dopo pochi anni di matrimonio».
La società  del Duemila si fonderà  ancora sulla famiglia, basandosi su parametri diversi rispetto al passato?
«Non ho dubbi sul fatto che la famiglia costituirà  ancora la cellula fondamentale della società  del terzo millennio.      
Cambieranno le proposte di ideologia e ogni nucleo seguirà  un proprio modello familiare, superando le difficoltà  pur in un regime di 'convivenza concorrente'.
Ovviamente, se la famiglia sarà  forte, il grado di solidarietà  alto, questo significherà  una maggiore stabilità  e un aumento della natalità . La famiglia fondata sul matrimonio dovrà  quindi rigenerarsi senza perdere le caratteristiche essenziali, migliorare la       consapevolezza del proprio ruolo, vivendo i princìpi cristiani e rimanendo in contatto con le altre coppie. Per sopravvivere, insomma, la famiglia deve richiamarsi anche al passato, estendendosi e riprendendo quelle caratteristiche di comunità  che ne esalteranno le potenzialità . E la solidarietà , intesa come grazia di sacramento, salverà  e custodirà  la famiglia del futuro».

Esperienze
Un modo nuovo di essere famiglia

«Famiglie nuove», un'esperienza nata in seno al movimento dei Focolari: unite solidali, aperte alla fratellanza universale.

di Fabrizio Condò

Famiglie che ritrovano la propria unità , coppie sull'orlo della separazione che riprendono un dialogo costruttivo, interi nuclei che vivono autentiche esperienze di condivisione e mettono i beni a disposizione dei più disagiati. È la realtà  di «Famiglie nuove», una diramazione del movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich nel 1967. Nel 1991 il Secondo rapporto sulla famiglia in Italia, pubblicato dal Cisf di Milano, indicava «Famiglie nuove» come il maggior movimento familiare italiano. Diffusa in tutte le nazioni del mondo, l'organizzazione può contare su oltre trecentomila membri che vivono la vita della famiglia secondo la spiritualità  dei Focolarini. I genitori indicano ai figli la pienezza di vita sulla quale costruire un nucleo forte che si basa su un dialogo profondo e sincero. Un esempio vieppiù significativo, se si considera la mancanza di valori nella società  moderna, dove la famiglia conosce una pericolosa crisi d'identità .
Unite, solidali, aperte alla prospettiva di una fratellanza universale, le «Famiglie nuove» sono organizzate in gruppi locali e rappresentano il segno di un impegno in campo sociale, religioso e civile. «L'azione tipica di una famiglia nuova - ha scritto Igino Giordani, scrittore, giornalista, membro della Costituente, che aderì ai Focolarini nel 1948 - sta nel tenere accesa questa fiamma in casa e nel trasmettere il calore di essa fuori di casa, nella società  perché diventi una famiglia».
Il movimento delle «Famiglie nuove» si occupa della formazione delle nuove coppie con l'ausilio di corsi che si svolgono nelle città  di residenza e al centro internazionale dei Focolarini di Loppiano (in provincia di Firenze, sorto nel 1965, ospita ottocento abitanti e settanta nazioni: qui si fondono le ricchezze di culture e popoli diversi, a stretto contatto l'uno con l'altro).
Inoltre, le «Famiglie nuove» si adoperano per l'accoglienza e l'aiuto a situazioni sfortunate, per l'adozione e l'affidamento di minori nei casi più difficili. Il movimento offre ospitalità  a tossicodipendenti e profughi provenienti da tutte le parti del mondo.
Notevole l'impegno anche per quello che riguarda il sostegno morale ed economico alle maternità  difficili, l'educazione ai metodi naturali di regolazione della fertilità , la collaborazione ai consultori, la cura degli anziani e dei malati terminali. Sono costantemente presenti, all'interno delle istituzioni civili, sociali ed ecclesiali a servizio dei nuclei familiari, hanno, infine, un'ampia produzione giornalistica, letteraria ed audiovisiva sul tema della famiglia.
L'unicità  del movimento delle «Famiglie nuove», però, è la piena disponibilità  dei nuclei che già  ne fanno parte a trasferirsi ovunque ce ne sia bisogno: oltre duecento famiglie hanno lasciato la propria terra per altri paesi.
Periodicamente vengono organizzati congressi a carattere internazionale, che rappresentano momenti significativi nello sviluppo del movimento e soprattutto favoriscono scambi e confronti tra quanti aderiscono a quest'iniziativa.
Scuole permanenti per le famiglie si tengono nelle cosiddette «cittadelle»: venti sparse nei cinque continenti, composte da nuclei di diversi paesi che, pur conservando la privacy nei propri alloggi, trascorrono un periodo di formazione, con momenti collettivi di lavoro e studio. In particolare viene curato lo spirito internazionale che incoraggia l'apertura e l'osmosi tra le varie culture e asseconda l'immersione full-time in un ambiente dove il Vangelo detta legge. Nelle cittadelle, visitate da decine di migliaia di visitatori, sono sorte case, scuole e aziende, nelle quali regna la piena comunione di ogni ricchezza culturale, spirituale e materiale. Ognuna di esse presenta caratteristiche particolari: nelle Filippine, ad esempio, privilegia il dialogo con le grandi religioni orientali, in Germania il dialogo ecumenico tra cattolici e luterani, in Polonia il modello di una nuova società , a New York l'incontro tra razze e culture diverse.
Tra le iniziative promosse da «Famiglie nuove» spicca quella relativa alle adozioni a distanza, lanciata negli anni '70. I bambini vengono «adottati economicamente», non sradicati dal loro habitat culturale, ma aiutati a portare avanti una dignitosa formazione, nel pieno rispetto della loro identità  culturale e soprattutto all'interno del loro paese di nascita. Attualmente i progetti sono sessantasei, distribuiti in trentotto paesi di quattro continenti, e raggiungono 9300 bambini con programmi di scolarizzazione, prevenzione sanitaria e sussistenza alimentare per le famiglie.


   
   
IL VALORE DELLA DIVERSITà€      

S. e R ., Argentina. «Abbiamo sette figli e la maggiore, J. di 15 anni, ha la sindrome di Down. È stato uno di quei momenti che ti capovolgono la vita: di colpo ci siamo trovati a guardare questa bambina speciale. Il fatto di doverci occupare di lei ha impedito che ci chiudessimo in noi due. All'interno della famiglia è J. a legarci, non solo per le sue       richieste speciali ma per la sua natura affettuosa, gioiosa, trasparente, aperta a tutti, priva di rancore. Questo ci ha fatto scoprire il grande valore della diversità , non solo per quello che riguarda lei e le sue condizioni, ma anche per ciascun figlio. Ci ha fatto scoprire l'apertura verso la società . Tante famiglie sono passate per la nostra casa, per conoscere la nostra esperienza relativa alla sindrome di Down: vedevano la       gioia che regnava nella nostra famiglia, anche se raccontavamo le difficoltà  trovate lungo la strada. In questo modo ci siamo aperti verso le necessità  di altre famiglie. Abbiamo bussato alla porta di un istituto retto da suore, chiedendo loro se potevano fare l'esperimento. Si è costituita una équipe di dirigenti, insegnanti ed esperti, oltre a noi genitori. Abbiamo lavorato per aprire questa strada con qualche errore e molti successi. Piano piano tutta la comunità  dell'istituto ha espresso la gioia di aver imparato tanto da questa studentessa diversa».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017