Una legge a tutela della vita privata E privacy sia
Solitamente, fa notizia per i suoi gol-capolavoro e le prodezze che scatenano l'entusiasmo dei tifosi. Stavolta, Ronaldo non è riuscito a liberarsi da una gabbia ben più fastidiosa di quella che gli preparano gli allenatori delle squadre avversarie per fermarlo: l'intromissione nella sua vita privata, nella sua privacy. Nel settembre scorso, infatti, il centravanti dell'Inter e della Nazionale brasiliana ha deciso di adire le vie legali nei confronti di due giornalisti del quotidiano fiorentino «La Nazione» che hanno reso pubblico il suo numero di cellulare. Secondo il «fenomeno», l'articolo avrebbe violato, appunto, la sua privacy, provocandogli, inoltre, danni economici: il telefonino, a quanto risulta dalla citazione, sarebbe stato occupato in continuazione da estranei, impedendo al giocatore contatti di affari. L'esposto specifica, inoltre, che la pubblicazione risulterebbe in aperto contrasto con l'articolo 35 della legge 675, varata il 31 dicembre 1996, sulla «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali».
Una legge che ha diviso l'opinione pubblica, creando polemiche a non finire tra sostenitori e detrattori del provvedimento, anche a causa di alcune interpretazioni esagerate, come quella di rifiutarsi, all'ospedale, di indicare ai non familiari dove sia il letto di una persona malata che si è andati a visitare. Nata in base a una disposizione europea che aveva lo scopo di proteggere i cittadini da eventuali ingerenze dell'amministra-zione pubblica (i famigerati 007 insomma), la legge, in pratica, vieta l'uso indiscriminato dei dati personali da parte di aziende, enti, associazioni e organi di informazione. Questi, come era logico aspettarsi, hanno scatenato un putiferio, ritenendo di essere quelli maggiormente colpiti da una disposizione che, a loro parere, limita pesantemente il lavoro e infligge un duro colpo alla loro professionalità . Al cittadino comune, però, stufo di vedere ogni giorno la cassetta della posta piena zeppa di depliant, lettere e volantini con tanto di nome, cognome e indirizzo, la legge non spiace affatto. Grazie alla 675/96, è lui a decidere se e a chi fornire i propri dati personali: in un certo senso, insomma, si sente più tutelato. A farlo dormire tra due guanciali e a vigilare giorno e notte sulla sua privacy è stato deputato un organo ben preciso, l'Ufficio del garante per la protezione dei dati personali, presieduto dal professor Stefano Rodotà . Eminente giurista di fama internazionale, esperto conoscitore dei problemi relativi alla riservatezza, Rodotà è frequentemente impegnato in roventi discussioni nel tentativo di fare chiarezza su una legge che giornali e televisioni faticano a digerire e che, anzi, vorrebbero modificare o addirittura cancellare del tutto. «Ma le leggi - ha ricordato Rodotà in una lettera inviata il 4 ottobre al 'Corriere della Sera' - non si cancellano con i sondaggi e quella sulla privacy è stata approvata con voto quasi unanime dal parlamento». E, a proposito della libertà d'informazione messa in pericolo, Rodotà precisa che si tratta di «una falsificazione della realtà che serve per presentare l'Ufficio del garante' come un nemico del diritto d'informazione. Libertà d'informazione e tutela della dignità e della vita privata delle persone sono beni essenziali della democrazia. Difficile è trovare l'equilibrio tra questi valori». A chi accusa che la legge protegge solo i vip, replica che «è una leggenda, mille volte smentita dall'Ufficio del garante', che ha ricordato come i provvedimenti relativi ai vip siano pochissimi di fronte alle centinaia che interessano milioni di comuni cittadini. Si va dalla tutela della dignità dei malati e degli arrestati ai diritti dei clienti delle banche (più di tre milioni tra loro hanno utilizzato la legge sulla privacy per opporsi all'invio di materiale non gradito) e dei contribuenti, dalla trasparenza delle retribuzioni pubbliche al controllo sui servizi di sicurezza». Ma, all'orizzonte, si profila già un nuovo «mostro» che minaccia di spezzare quegli equilibri invocati dal garante e di insinuarsi in maniera subdola nelle case di tutto il mondo: Internet, uno strumento che, attraverso il computer, consente i più vari collegamenti. La pubblicazione del «rapporto Starr» sul «caso Clinton» pone indubbiamente degli interrogativi, se la vita privata di una persona, pur famosa come il presidente degli Stati Uniti d'America, viene data in pasto al pubblico. Condanna senza appello, quindi, per le navigazioni folli e senza scrupoli che rischiano di mettere a repentaglio la privacy? Meglio non arrivare a conclusioni affrettate, è il consiglio del profesor Rodotà . Proprio in un articolo ripreso da «La Repubblica» del 22 settembre e riportato dal sito www.privacy.it, il garante spiega, infatti, che «non è colpa di Internet se la privacy viene violata», facendo esplicito riferimento al «rapporto Starr». Dunque, secondo Rodotà , Internet può essere vista come un'«orribile gogna, un luogo dove muore la vita privata» oppure «la premessa di una democrazia senza confini». La realtà è che «Internet ha messo tutti in condizione di avere piena consapevolezza di ogni aspetto della vicenda, aprendo una discussione senza frontiere. In questo senso, si rivela uno strumento democratico». Per cui «la critica non va rivolta a Internet, ma al modo scelto da Clinton per difendersi, ai criteri di indagine di Starr, al modo in cui il rapporto è stato redatto, al voto della Camera dei rappresentanti». In ogni caso, qualunque sia l'opinione che ognuno se ne fa, «'il caso Clinton', per la posizione del protagonista e per la natura delle notizie diffuse, assume così il significato di una brutale rivelazione di un problema e ci conferma che la tutela della privacy è davvero una delle grandi, ineludibili questioni della fine del secolo». D'altronde, «Clinton si è intrappolato da solo invece di esigere il rispetto della sua privacy». «Quello che emerge da un episodio sintomatico come quello di Clinton - conclude Rodotà - è l'inadeguatezza delle regole della tutela della privacy, che è cosa ben più seria del tifare pro o contro Internet. Di questo ci si è resi ben conto nel corso della 'Conferenza internazionale dei garanti della privacy' tenuta a Santiago de Compostela, che ha concluso i suoi lavori con un documento che sottolinea la necessità di regole comuni di tutela su scala mondiale, capaci di conciliare le opportunità democratiche di Internet e il diritto di informazione, con la costruzione di un quadro adeguato e forte di garanzie per la vita privata». D'altra parte, il sospetto che la navigazione su Internet sia tutt'altro che anonima è più che lecito... Molti siti Internet introducono nei nostri computer i «cookies», i «biscottini», che sveltiscono le operazioni, ma, allo stesso tempo, consentono loro di conoscere quasi tutto di noi. Una violazione della privacy in piena regola, se ci si pensa: soft, ma pur sempre una violazione. Così, la mattina ci sentiamo soddisfatti per aver tutelato la nostra riservatezza compilando un apposito modulo in banca o rifiutando di dare i nostri dati a un libraio che ci vorrebbe spedire un catalogo; la sera, invece, accendiamo il computer e ci consegniamo docili docili alla rete, aprendo casa nostra al mondo intero. Come si dice, «Occhio non vede, cuore non duole». L'importante è non fare la fine di un Truman Burbank qualsiasi e rimanere prigionieri virtuali di una società elettronica. La storia narrata in The Truman show, forse, non è paradossale come sembrerebbe! Ma, per ora, è meglio che rimanga una trama da film. (ha collaborato Gianni Maritati) Cosa dice la legge La legge 31 dicembre 1996, n° 675, reca la «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali» e, in aderenza alla disciplina dell'Unione europea, intende garantire che il trattamento dei suddetti dati si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali (tutelati, in generale, dalla Costituzione della Repubblica), nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all'identità personale. La tutela si estende anche ai diritti delle persone giuridiche. Ecco i punti salienti della legge: l I dati personali sono tutte le informazioni relative a persone fisiche o giuridiche, oppure a enti e associazioni, che consentano l'identificazione diretta o indiretta di questi stessi soggetti e/o l'attribuzione a essi di atti, stati e condizioni, che la legge considera attinenti alla loro sfera di riservatezza. Per i dati sensibili (opinioni politiche, religiose, abitudini sessuali) attinenti alla sfera personalissima dei singoli, la legge prevede una tutela più forte rispetto agli altri. La legge si applica al trattamento di dati personali da chiunque effettuato nel territorio dello Stato, con o senza mezzi elettronici, o comunque automatizzati. l Il garante è un'autorità pubblica che opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione e che ha specifiche funzioni di controllo e vigilanza in materia di tutela dei dati personali. l Il trattamento dei dati personali da parte dei privati o di enti pubblici economici è ammesso soltanto con il consenso espresso dell'interessato. Il consenso è validamente prestato soltanto se è espresso liberamente o per iscritto. l L'interessato può, in primo luogo, agire direttamente nei confronti del titolare (la persona fisica o giuridica, la pubblica amministrazione o qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono le decisioni circa le finalità e le modalità di trattamento di dati personali, compresa la sicurezza dei dati) o del responsabile del trattamento, chiedendo che i suoi diritti, se violati, vengano ripristinati. L'interessato, inoltre, può far valere i propri diritti dinanzi all'Autorità giudiziaria o con ricorso al garante. l Gli esercenti e le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici possono, anche senza l'autorizzazione del garante, trattare i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per il perseguimento di finalità di tutela dell'incolumità fisica e della salute dell'interessato. Se le finalità riguardano terzi o la collettività , in mancanza del consenso dell'inte-ressato, il trattamento può avvenire soltanto previa autorizzazione del garante. l La comunicazione e la diffusione sono consentite per finalità statistiche e scientifiche e quando richieste dalla pubblica autorità per la difesa e sicurezza dello Stato, nonché per prevenzione, accertamento o repressione di reati. l La legge sanziona penalmente i comportamenti adottati in difformità dalla stessa, quali la mancata, infedele, incompleta notificazione al garante, il trattamento, la comunicazione o la diffusione illeciti di dati personali, l'omessa adozione delle misure di sicurezza. Sono, inoltre, previste sanzioni amministrative nei casi di inosservanza degli ordini impartiti dal garante o per l'omessa informazione dei soggetti interessati al momento della raccolta.