La storia del «Messaggero» (8) Verso il concilio
N el 1958, per celebrare i sessant'anni di vita, il «Messaggero» vara - come si diceva nel numero precedente - un ampio programma di rilancio. Acquista una nuova rotativa, Cerutti, che consente una diversa veste grafica. Ma non è solo l'aspetto esteriore a essere coinvolto dalle novità . Il bollettino si dota di una redazione che, via via, organizza e razionalizza i contenuti, allargando l'orizzonte degli interessi nel tentativo di cogliere e capire i mutamenti che stanno avvenendo nella società . Si stanno ponendo le basi della rinascita economica che negli anni successivi porterà l'Italia, risorta dalle mercerie della guerra, a diventare una delle maggiore potenze industriali del mondo. Con gli inevitabili contraccolpi negativi che trasformazioni di questo tipo comportano: abbandono delle campagne, inurbamento, consumismo, secolarismo...
I temi religiosi e antoniani nel bollettino sono ancora predominanti. Padre Vergilio Gamboso narra, con crescente professionalità e impeccabile stile, le bellezze artistiche della basilica. Notevole spazio e rilievo, anche fotografico, hanno le cerimonie liturgiche e commemorative che animano la vita della basilica. Altrettanto risalto viene dato alle opere antoniane: al «Villaggio S. Antonio» per orfani, realizzato in questo periodo a Noventa Padovana. Anche la vita dei seminari ha giusta eco: si raccontano le esperienze dei «fratini», il cammino di avvicinamento alle tappe importanti della vita religiosa e sacerdotale, i motivi che li hanno portati a quella scelta, per informare e sensibilizzare i lettori al problema delle vocazioni...
Dal 1962 al 1970 si susseguono alla direzione dell'«Opera Messaggero di S. Antonio» i padri Vitale Bommarco, Giovanni Giacon e Vincenzo Tommasi, ma la cura del bollettino è affidata a padre Elia Bruson, che lo segue con grande passione. Sotto la sua guida il «Messaggero» si apre sempre più a esperienze e a orizzonti inediti. Cominciano ad apparire firme di grande prestigio. Si pensi a Pitigrilli, nome d'arte di Dino Segre, uno scrittore che ha avuto tra gli anni Venti e Quaranta notevole successo di pubblico per racconti e romanzi umoristici ed erotici, assai poco edificanti, ma che poi ha trovato sant'Antonio sulla via di Damasco. Pitigrilli scrive il suo primo pezzo nel numero di dicembre del 1959; è un racconto esclusivo: Il mio più poetico Natale. La sua collaborazione inizialmente è saltuaria, in seguito diventa fissa con L'angolo di Pitigrilli, riflessioni, esperienze, ritratti di personaggi che proseguiranno sino al dicembre del 1968.
Ci sono alcuni filoni degni di nota. Padre Vergilio Gamboso ricostruisce, in avvincenti puntate, la storia della basilica con i suoi capolavori. Il giornalista Athos Carrara sintetizza la storia della chiesa e di alcuni suoi significativi protagonisti. Padre Angelico Poppi pubblica, corredato di brevi note, una sua versione del Vangelo di Matteo.
Don Giovanni Barra racconta, per la prima volta sulla rivista, la vita di padre Massimiliano Kolbe, il frate polacco ucciso dai nazisti nel bunker della fame ad Auschwitz, convinto assertore dell'efficacia della stampa come strumento di evangelizzazione. Don Giovanni Barra, un santo prete torinese, sarà per una decina d'anni una delle firme più apprezzate, più presenti e più lette. Inizialmente tratteggia una galleria di personaggi più o meno noti, di ragazzi o adulti, che hanno avuto in comune la ricerca di Dio, l'approdo alla fede, l'impegno per gli altri, la scelta radicale del Vangelo nella vita religiosa... Quasi subito avvia una rubrica di dialogo con i lettori, intitolata Incontri con Barra. La rubrica è seguitissima, ne fa testo la grande quantità di lettere che riceve, cos' tante che in qualche numero vi si dedicano anche sei pagine. Essa si concluderà solo nel settembre del 1970, quando l'età e la malattia lo costringeranno a lasciare. Ma il suo ricordo è rimasto vivo a lungo nei lettori del «Messaggero».
La corrispondenza con i lettori viene ulteriormente sviluppata. Alle rubriche già segnalate, nel 1965 si aggiunge un A colloquio con i genitori, che nel 1967 cede il posto a Vivere insieme, curato da Ugo Sciascia, un esperto di problemi familiari, che conduce un'omonima e fortuna trasmissione televisiva.
Aumenta in spazio e consistenza l'attenzione per la vita della chiesa, che di l' a poco sarà scossa dall'annuncio del concilio, fatto da Giovanni XXIII, il «papa buono» succeduto a Pio XII nel 1958.
(Nel dicembre del 1960 ricompare la pubblicità , sparita quasi subito dopo alcune comparse nei primi numeri del 1898).
Proseguono i timidi passi in settori di interesse un tempo inconsueti. Alla citata rubrica dei Libri, si aggiungono quella del Cinema e della Moda: primi tentativi di avvicinare il bollettino alle riviste popolari, familiari, senza perdere l'ispirazione religiosa e antoniana.
Poi sulla scena mondiale irrompe con la forza dello Spirito Santo il concilio: si apre una stagione nuova della chiesa. Una ventata di novità mette beneficamente a soqquadro gerarchia e fedeli, e dal lungo e serrato dibattito escono cose nuove, impensate prima di allora: la riforma liturgica, l'impegno cristiano per l'umanizzazione del mondo, l'attenzione ai lontani, il rilancio dell'ecumenismo, la lettura dei segni dei tempi... Il «Messaggero» accoglie i nuovi temi, li dibatte ora con cautela, ora con entusiasmo. Presenta e commenta i documenti dell'assise ecumenica, della quale racconta lo svolgersi nell'ascolto dell'esperienza di alcuni dei protagonisti. A Paolo VI, poi, che del concilio è stato, dopo papa Roncalli, animatore intelligente ed entusiasta, il «Messaggero» dedica uno spazio fisso: I fioretti di Paolo VI, dove sono ripresi frammenti di suoi scritti, episodi della vita...
I mutamenti sono stati notevoli. Il sigillo dell'antonianità è ancora forte anche nella forma esteriore. Il numero degli abbonati è altissimo, sfiora e a volte supera il milione. Il mondo della carta stampata e dei mass media è in fermento per le molte possibilità che la tecnologia offre. Dal «Messaggero» i frati vogliono qualcosa di più. Inizia cos' una nuova fase, l'ultima per ora, che porta ai cambiamenti dei giorni l
Fedeltà al «Messaggero»
n Superato il mezzo secolo
«Nell'ottobre del 1946, in occasione del mio viaggio di nozze, venni a Padova per una doverosa visita a sant'Antonio, al quale in famiglia siamo molto devoti, e sottoscrissi l'abbonamento. Anche per il cinquantesimo anniversario siamo ritornati. Modestamente, mi vanto di avere offerto ad alcuni parenti e amici l'abbonamento al 'Messaggero di sant'Antonio'». Paolo Eliseo - Roma
n Dalla nascita
«Non ricordo il giorno ma l'anno: il 1945, anno della mia nascita. Appena nata, i medici mi hanno diagnosticato una malattia terribile: 'epilessia', causata da uno spavento subito dalla mamma in gravidanza. La mamma mi ha portato in basilica, ha pregato per la mia guarigione e da quel giorno ho iniziato a ricevere la vostra rivista a mio nome... Un giorno ha fatto un voto: la mia guarigione in cambio della sua vita. La mia guarigione è venuta, però la mia mamma è morta... Questo è stato il mio cammino svolto insieme ricevendo la rivista, una volta meno ricca, ma piena di conforto per gli afflitti, gli ammalati...». Grassi Alda - Milano
n Fedele perché mi piace
«Sono felice di comunicare che non certo da cento anni, ma da più di cinquanta sono abbonato al vostro giornale, sempre da me condiviso in tutti i suoi programmi e sempre più interessante. Ho fatto l'abbonamento ancora giovane, mi sono rivolta sempre a sant'Antonio in tutte le mie necessità e sempre ho ottenuto la sua protezione».
Luciana Dodero - Genova
n Ero allora un giovane carabiniere
«Nel 1946, ero allora un giovanissimo carabiniere a Cagliari, mi giunse dalla basilica del Santo un conto corrente intestato al 'Messaggero'. Qualcuno, al quale sono sempre stato grato, aveva fornito ai frati il mio indirizzo. Inviai la quota e dopo un po' mi arrivò la rivista. Da allora il 'Messaggero', sempre apprezzato e sempre migliore, mi ha sempre seguito nei miei spostamenti durante la mia lunga carriera nell'Arma, nel corso della quale il Santo mi ha sempre assistito». Giovanni Antonio Nieddu - Sassari
n Non solo per devozione
«La nostra famiglia è abbonata dal 1941. I motivi di tanta longevità sono molteplici. Innanzi tutto la grande devozione al Santo, poi l'evolversi della rivista che da allora in tutti questi anni è progredita moltissimo nel trattare problemi di tutti i giorni, con scrittori preparati in campo cristiano, sociale e politico. Le rubriche sono interessanti perché rispettano obiettività e competenza».
Maria Siepi Dori - Rimini