L’economia della coca

13 Giugno 1998 | di
   
   
     

Trentadue vittime in ventiquattr`€™ore: è il tremendo bilancio di una       delle ultime stragi avvenute in Colombia a opera di forze paramilitari.       Una delle ultime per quanto ci è dato di sapere in Occidente, poiché la       gran parte dei trentamila omicidi all`€™anno che lì avvengono non hanno       visibilità . Non fanno notizia in quel paese, stordito sino forse       all`€™assuefazione da una violenza senza fine e senza senso, figuriamo in       Europa e in Italia, che con colpevole ritardo hanno faticato ad accorgersi       di massacri quotidiani ben più vicini, in Algeria, e prima in Ruanda o       nell`€™ex Jugoslavia.

     

Trentadue vittime: nove erano bambini, il più piccolo aveva otto mesi,       il più grande quattordici anni. Duecento miliziani in uniforme sono       entrati in una cittadina agricola, hanno diviso gli abitanti in due       gruppi, seguendo una lista di nomi. Infine, li hanno uccisi. Sui muri del       paese hanno lasciato scritto col sangue: 'Morte ai guerriglieri e ai       coltivatori di coca'.

     

Generalmente le vittime di questa 'guerra sporca' sono sindacalisti,       indigeni, religiosi, politici di opposizione, intellettuali impegnati sui       diritti umani. Moltissimi sono i contadini poveri, che coltivano non la       cocaina, come spesso scrivono giornalisti incompetenti, bensì la foglia di       coca. Una pianta che ha antiche radici nella cultura, nelle tradizioni e       nella medicina locale, il primo anello di una economia di sopravvivenza,       che solo nei passaggi successivi, nella raffinazione e nel traffico,       diventa criminale e lucrosa, si trasforma in quella sostanza che, anche in       Italia, è sempre più diffusa, senza che ancora sia investita la necessaria       attenzione.

     

'Non di sola coca' è il nome di una iniziativa dei missionari della       Consolata per contrastare questa produzione, che nella sola Amazzonia       colombiana è raddoppiata negli ultimi due anni. Il progetto dei missionari       torinesi, che in questi mesi hanno allestito in alcune città  italiane una       interessante mostra sulla realtà  e sui problemi dalle popolazioni indigene       e dei contadini colombiani, è quello di aiutarli a coltivare altri       prodotti. Seicento famiglie sono già  coinvolte nel progetto, che si sta       allargando ad altre duemila. Ma i missionari e i contadini, come del resto       chiunque rifletta seriamente su quella realtà , sanno benissimo che 'non di       sola coca', ma neppure con le sole buone intenzioni può realizzarsi una       diversa economia. Le 'buone intenzioni' delle Nazioni Unite, dotate di       risorse e possibilità  ben superiori, non hanno, infatti, prodotto sinora       risultati con la politica delle 'eradicazioni forzate'.

     

Non di sole buone intenzioni possono, dunque, vivere i popoli delle       regioni amazzoniche e dell`€™America Latina in generale. Non con la sola       buona volontà  si possono recuperare le ragioni e le modalità  per uno       sviluppo giusto ed equilibrato, per un diverso rapporto tra Sud e Nord del       mondo, che non sia appiattito sulle ragioni del profitto, a scapito dei       popoli e delle regioni più deboli. E che sono deboli proprio a causa di       una storica dipendenza delle loro economie dagli interessi e dalle scelte       che l`€™Occidente compie e impone.

     

Anche le politiche delle Nazioni Unite in materia di droghe, su cui       discute in giugno l`€™assemblea generale dell`€™Onu a New York, rischiano di       rispondere solo o principalmente agli interessi dei paesi più ricchi.

     

L`€™economia della coca non si supera mettendo sullo stesso piano le       vittime e gli sfruttatori, gli anelli forti e quelli deboli nella       produzione delle droghe. Se è necessario incentivare in maniera vera e       seria, con adeguate scelte economiche e commerciali, colture alternative       alla coca, occorre anche diversificare le politiche di contrasto: i       contadini, da un lato, e i consumatori, dall`€™altro, devono trovare       risposte diverse dalla repressione; i trafficanti e i poteri politici ad       essi collegati e da essi corrotti, i 'paradisi fiscali', che sono il vero       cuore del narcotraffico, devono invece essere combattuti con maggiore       determinazione. Le legislazioni locali e le convenzioni internazionali       devono saper operare questa distinzione.

     

Perché, come ci ha ricordato molte volte Giovanni Paolo II, le       drammatiche condizioni di tante parti del Sud del mondo, pongono alla       nostra riflessione di cristiani e alle nostre scelte di cittadini,       fondamentali interrogativi sulla giustizia, sulla necessità  di       ridistribuire le ricchezze, di realizzare un diverso rapporto tra Sud e       Nord.

     

Solo con questa tensione etica e sociale si libera veramente l`€™uomo:       dalla droga e dalla sua economia perversa, ma anche dalle dittature, dalle       guerre e dalla povertà  materiale e spirituale che ci       affligge.

     

Anche le politiche delle Nazioni Unite in materia di droghe, su cui       discute in giugno l`€™assemblea generale dell`€™Onu a New York, rischiano di       rispondere solo o principalmente agli interessi dei paesi più       ricchi.

     

i in Italia e   all`€™estero.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017