Toaff: italiano, ebreo, uomo di dialogo
Sono stato invitato a intervenire, unico non ebreo insieme al sindaco di Roma, per il grande legame di amicizia fra la Comunità di Sant`Egidio e la Comunità ebraica di Roma. È stato un momento commovente. Il legame con la comunità ebraica si è rinsaldato con la memoria del 16 ottobre 1943, di quella terribile deportazione degli ebrei romani, memoria che ogni anno celebriamo con una marcia da Trastevere al Portico d`Ottavia. Una memoria ammonitrice, perché mai più si arrivi al punto che gli ebrei siano separati dagli altri italiani da leggi razziste, mai più si ripetano a Roma quei tragici avvenimenti. Mentre prendevo la parola nel Tempio Maggiore ho ripensato a quei momenti terribili, quando questo luogo di preghiera fu chiuso e la comunità visse giorni di angoscia sino alla deportazione di più di mille ebrei e al nascondimento di tanti. Il rabbino Toaff non ha conosciuto questa storia romana, ma ha vissuto quei tempi duri dell`ebraismo italiano dalle leggi razziste fino alla persecuzione e all`eliminazione. Toaff è di Livorno, la città del grande Elia Benamozegh, uno dei più grandi sapienti dell`ebraismo italiano tra l`Ottocento e il Novecento.
Protagonista della vita di Roma. Oggi Toaff è un protagonista della vita di Roma e lo è dal 1951, diventando una delle personalità marcanti della vita italiana in molti ambienti. In maniera serena, senza mai lasciarsi andare a toni aggressivi, ha affermato quell`identità ebraica che lo pervade in profondità , stimolando tutti a comprendere come una fede vera sorregga e non impedisca una grande apertura a tutti. Cordiale, simpatico, sdrammatizzante, ha saputo mostrare una fermezza radicale. Lo abbiamo visto così, specie in momenti difficili, come in quegli anni Ottanta quando spirava il vento dell`odio, quando la violenza terroristica è giunta fino a colpire la comunità ebraica di Roma con un attentato in cui ha trovato la morte il piccolo Stefano Tachè alle porte del Tempio Maggiore. Toaff ha saputo manifestare attorno a sé una gioia serena che è andata al di là dei confini del mondo ebraico. Ha risposto alla sfida di un tempo affannato come il nostro e dei tanti problemi angoscianti. Il rabbino Toaff ha mostrato la sua gioia di vivere, di essere ebreo. Eppure la sua vita è stata segnata dalle persecuzioni e dalla tragedia della guerra. Elio Toaff è passato attraverso la morte, catturato dalle SS, è stato portato davanti al plotone di esecuzione, ma in quei momenti ` è lui a raccontarlo ` la preghiera dei salmi fu la sua forza, quella forza che lo ha sostenuto per tutta la vita. Un tedesco gli chiese: «Che fai?». Lui rispose: «Prego, perché nessuno lo farà per me». E quel tedesco lo salvò.
Oltre il mondo ebraico. Il rabbino Toaff ha avuto un`influenza anche nel mondo dei non ebrei. Infatti si può fare molto bene anche al mondo spirituale di credenti di altra religione. Non siamo separati nel mondo dello spirito: diversi, ma non separati. Il professor Toaff non ha mai lasciato cadere una mano tesa e ha saputo tendere la mano. La sua cultura lo fa sorridere dei pregiudizi, ma la sua sapienza gli fa apprezzare i cambiamenti. Non ha dimenticato i dolori di un lungo passato della Comunità ebraica a Roma nell`emarginazione e nell`umiliazione di secoli, ma ha molto lavorato con dignità e apertura per un rapporto nuovo con la Chiesa cattolica. Ha saputo accogliere papa Giovanni Paolo II, nel Tempio, facendo di quell`immagine l`affresco di una svolta. Quel 13 aprile del 1986, la prima volta in cui un Papa entrava nel Tempio Maggiore di Roma, ha segnato il superamento di secoli di storia di distanze e di diffidenze. Ed Elio Toaff, artefice di quello storico incontro, ricorda con grande semplicità : «Di colpo il Papa ha fatto cadere un castello di pregiudizi. Sono convinto `diceva ` che quell`incontro ha messo davvero le basi per un futuro diverso...». Elio Toaff ha saputo lavorare per un futuro migliore. Uomo di una minoranza, ha saputo creare attorno a un`idea e a una Comunità , un grande rispetto, quello della maggioranza. Ha mostrato che una società pluralista quale è la nostra, non è condannata al relativismo e ha bisogno di forti figure di maestri spirituali.