Coniugò arte, affari e poesia
Per un singolare gioco del caso, un giorno dello scorso settembre si trovarono accostati nella stessa pagina di un grande quotidiano nazionale una certa pubblicità e un certo articolo. La prima reclamizzava la modernissima realizzazione della Divina Commedia di Dante Alighieri nelle complesse possibilità permesse dal cd-rom, il secondo illustrava invece nei dettagli l`edizione di Biancaneve e i sette nani di Walt Disney, nella nuovissima tecnica del dvd, sottolineandone le meraviglie. Il fatto che le due opere fossero accomunate in quel modo curioso, sembrava un`allusione a una loro comune essenza di capolavori immortali, capaci di resistere al tempo conservandosi sempre moderni e attuali. E benché il paragone possa sembrare irriverente, è tuttavia innegabile che il film Biancaneve è quasi una metafora, e in certo senso il simbolo, di tutta l`arte di Walt Disney. Walt Disney fu sì un grande artista, ma soprattutto un formidabile uomo d`affari, eccezionale organizzatore di risorse umane e creative, la cui straordinaria capacità ` ritengono i critici ` fu non tanto quella di inventare, bensì la geniale attitudine a innovare. In altre parole, aveva il bernoccolo per comprendere come un`invenzione altrui possa essere sfruttata, possa trovare un`utilizzazione tale da diventare una fabbrica di soldi. Tutte le principali tappe della carriera artistica disneyana sembrano configurare questo inscindibile connubio tra validità artistica e genio commerciale. È una parabola in cui il film Biancaneve corrisponde a un fondamentale giro di boa. Si tratta, infatti, del primo lungometraggio animato, caratterizzato da tutta una serie di parametri «seri» realizzato in un periodo in cui l`animazione era riservata solo a brevi cortometraggi, di impostazione umoristica ` talvolta perfino demenziale ` con animaletti umanizzati come protagonisti... La rivoluzione di Biancaneve consistette dunque nella introduzione di figure umane, nella valorizzazione del colore ma anche in raffinatezze tecniche, come lo studio dell`estrema precisione dei movimenti e l`uso della profondità di campo nei fondali tridimensionali, per non citare che alcuni dei molti aspetti innovativi. Nei quali Disney credette a fondo, e contro i pareri negativi di tanti collaboratori, vi impegnò ogni sua risorsa. Se Biancaneve fosse stata un fiasco, tutta la sua attività sarebbe stata travolta dal fallimento. Ma così non fu: la sera del 21 dicembre 1937, quando la pellicola fu proiettata al Cathay Circle di Hollywood, e dopo un primo momento di gelo, gli applausi scoppiarono inarrestabili. Un trionfo immediato, che continua ancora oggi, a sessantaquattro anni di distanza: quale miglior dono di «compleanno» postumo, per i cent`anni dalla nascita dell`autore?
Profeta dei desideri del pubblico.Trionfo che però non era un caso, come non lo erano stati altri precedenti e molti altri successivi. Tutti all`insegna del denominatore comune sopra accennato, ossia quelle intuizioni che permisero sempre a Disney di essere non solo artista ma «profeta» capace di indovinare i desideri del pubblico, destinando ogni propria creazione al successo. Era sempre stato così, fin dall`inizio della carriera, quando inventò il personaggio simbolo di tutta la Disney, ossia l`amatissimo Mickey Mouse, il nostro Topolino. Infatti nel 1923, dopo alterne vicende precedenti, era approdato a Hollywood, raggiungendo nel 1927 il successo con un coniglietto animato, Oswald the Lucky Rabbit, che però gli fu «scippato» da un distributore disonesto e che avrebbe lasciato sul lastrico Disney. Il quale invece, senza scoraggiarsi, inventò un altro personaggio, un topino. Secondo un`accreditata leggenda, ne ebbe l`ispirazione in treno, durante un viaggio verso New York. Fatto sta che, affidandosi anche al disegno dell`amico Ub Iwerks, ne ricavò un paio di cortometraggi, muti come tutti a quel tempo, Plane Crazy e Gallopin` Gaucho. Il loro esito fu così così ma, mentre già stava lavorando a un terzo, ecco la folgorazione. Affascinato dal primo film sonoro, Il cantante di Jazz, Disney ebbe l`idea di dotare del suono anche la sua nuova opera. E quando essa, Steamboat Willie, fu proiettata al Colony Theater di Broadway, fu un vero trionfo. Era il 18 novembre 1928, una delle date che Disney avrebbe ricordato sempre come una delle più luminose della sua vita. Di successi del genere, sarebbe stata costellata tutta la carriera di Walt Disney, e sempre come conseguenza delle sue idee innovative. Convinto, ad esempio, che l`animazione piacesse più per le sue novità che per la bellezza, egli introdusse nella sesta delle sue già amate Silly Simphonies (Sinfonie allegre, poetiche fiabe animate) quel technicolor in cui i produttori avevano scarsa fiducia: ed ecco che Flowers and Trees ` Fiori ed alberi, 1931 ` diventa un successo imprevedibile. Né è un caso se l`anno dopo, nel 1932, un altro suo cortometraggio a colori, I tre porcellini, riscuote un gradimento senza precedenti. Perché, fondamentalmente, quei tre maialini non sono tre corpi ma tre «caratteri», cioè rispecchiano differenti mentalità . È come dire che Disney ha avuto l`intuizione di introdurre la psicologia nei cartoni animati, rendendoli in tal modo umani. Ed è la premessa che lo porterà non solo a Biancaneve, di cui si è parlato, ma successivamente al suo secondo lungometraggio, a Pinocchio nel 1940. E negli anni a venire ai tanti altri capolavori.
Musica e immagini. Ma già al suo terzo lungometraggio, lo spirito inquieto di Disney cercava altre vie, altre soluzioni. Si trattò infatti di Fantasia, in cui l`idea rivoluzionaria consisteva nell`associare a famosi brani di musica classica ` nell`esecuzione di Leopold Stokowsky, un maestro allora assai celebre ` poetiche o buffe storie in animazione. Un`innovazione che suscitò non poco scalpore, eppure talmente moderna che il film non solo ha avuto qualche anno fa un sequel, il ben noto Fantasia 2000, ma soprattutto continua a riscuotere successo e approvazione critica negli anni, rimasterizzato qualche anno fa fino ad essere oggi presente in una rinnovata edizione in dvd. Tutto ciò per parlare soltanto del rapporto di Disney col cinema. Ma non bisogna affatto dimenticare la sua capacità di trasformare in colossali affari le favole, dando vita nel 1955 a Disneyland: un immenso parco dei divertimenti, la cui struttura si è poi moltiplicata, replicandosi in altre città d`America e del mondo. E poi Disneyworld, e ancora Epcot. E chissà cos`altro avrebbe inventato, se un destino maligno non lo avesse strappato ancora relativamente giovane, nel 1966. Della sua attività , ci rimane comunque l`immagine assai positiva di un uomo in cui il genio degli affari era sempre conseguenza di un`idea profondamente creativa e di una visuale assai innovativa. Per questo si può dire che le sue creazioni, così ricche di poesia, sono non solo tappe di una vita ma spie di una psicologia, arte e soldi, sempre inscindibili in Disney. Il binomio che dà il senso autentico dell`attività di un uomo che ha cambiato tanti aspetti della nostra vita.