Scrivo per la vita
Tre figli: Anna, la più piccola un anno e mezzo, e Pietro, il più grande, dieci. Un marito, Sergio Castellitto, noto attore e regista cinematografico. Attrice lei stessa, ma soprattutto scrittrice. Donna esile: negli occhi il cielo dell`Irlanda dove è nata. Margaret Mazzantini si è rivelata al grande pubblico con Non ti muovere, romanzo d`amore e di dolore pubblicato da Mondadori, che ha vinto tutti i premi letterari più importanti della stagione, dal Grinzane Cavour allo Strega. Alla ribalta delle cronache, ha avuto le copertine dei giornali, ma dopo ogni tuffo nella mondanità ritornava subito dai suoi bambini. Preferisco ` dice ` essere una donna normale, che pensa alla famiglia, che fa la spesa, che si sporca con la vita e sta nel mondo.
Non va spesso dal parrucchiere, compra i vestiti nei mercatini. Si sente vicina a Italia, la protagonista del suo ultimo libro che è una derelitta, una donna senza un ruolo nella società che conta, ma che alla fine si rivela una creatura dotata di grande spiritualità .
Dopo Il catino di zinco (1994) in cui la Mazzantini raccontava la vita di nonna, dopo le opere teatrali Manola (1998) e Zorro (2000) ecco arrivare questo libro forte, molto amato dai critici e dal pubblico oppure altrettanto violentemente respinto per la sua asprezza.
Non ti muovere racconta la vita di Timoteo, un chirurgo la cui figlia precipita in coma in seguito a un incidente in motorino. Il fatto provoca una lunga confessione... L`autrice lo definisce un libro sulla vita, sulle pieghe più nascoste e sgradevoli. Un romanzo su una mancanza, sulle occasioni perdute che non abbiamo il coraggio di vivere. Un libro su quel destino di riserva che ognuno di noi forse ha perso, ha mancato. Ma anche pieno di spiritualità , perché non mi piace raschiare nel dolore degli altri e credo che l`arte richieda pudore, non solo artigli.
La scrittura della Mazzantini diventa corpo, terra e si inabissa; e poco più in là diventa spirito, cielo e si eleva. Lei conferma e aggiunge: Spesso mi dicono che Non ti muovere è un libro spietato. Come se per forza le donne dovessero scrivere delle cose edulcorate. Io penso che ogni libro debba avere spiritualità , credo che per raccontare le sudice cose della terra ci voglia una zampa dal cielo. Nel romanzo ci sono anche i personaggi che io amo, come Italia che è una derelitta, che però ha uno sguardo dal cielo. Italia vive intensamente la vita, è una persona che sa amare, è una creatura terrestre, però è come se sapesse già che non troverà mai un posto nel mondo, e quindi è come se guardasse già tutto dall`alto. E proprio per questo vive così a fondo le cose della vita. Lei è una miserabile, ma in realtà è gigante.
Msa. Italia o Zorro, un barbone errante protagonista di un monologo che lei ha scritto per suo marito. Da dove le deriva questa predilezione per i personaggi ai margini?
Mazzantini. La mia attenzione è sempre appuntata sulla marginalità ; dell`insieme riesco sempre a vedere la cosa laterale, le creaturelle che vivono ai margini. Credo siano le frattaglie, i residui che raccontano il mondo. Mi sembra che le persone marginali abbiano uno sguardo privilegiato. In realtà le persone che sono troppo addentro alle cose sono meno interessanti. Nei miei libri ce ne infilo sempre qualcuno di questi personaggi ai margini. Tutti abbiamo paura della miseria, delle cose sgradevoli anche se magari lì c`è la vita vera.
Lei scrive sempre della vita e della morte, affonda la lama nei temi ultimi. Fa parte del suo modo di essere?
Si, del mio modo di essere. Ho trovato la mia strada. Questo è un libro sull`oggi, ma c`è sempre qualcosa di ancestrale. Io dico sempre che l`arte risveglia gli archetipi. E vero, ci sono cose forti che riguardano la vita in tutte le epoche. I conti con le cose estreme dobbiamo farli tutti quanti, anche se vogliamo sottrarci. È questo che mi interessa, per questo io ho messo un amore estremo, una donna estrema: due situazioni estreme.
Di fronte ai momenti estremi, della nascita e della morte, siamo tutti uguali?
No, li percepiamo in maniera diversa. Noi viviamo in un`epoca in cui tutto ciò che è sgradevole è rimosso, la morte è rimossa: non se ne parla, non si ritualizza più. Invece la morte è nella vita. Se vai a un funerale, senti una enorme distanza con la persona morta. E questa è una difesa di chi resta perché altrimenti non continuerebbe a vivere con tanta disinvoltura, ma si è perso proprio il contatto con queste realtà : con la vecchiaia, con la malattia, con la morte. Ma queste vivono dentro di noi. Ed ecco le crisi di panico, ecco frammentarsi la grande paura, che condividiamo tutti e che è quella della morte, in tante piccole paure e angosce che diventano incapacità di vivere.
Tante persone pur di non vivere la profondità , si accontentano della scorza più superficiale, di vivere solo prima del petto, senza mai scendere. Io credo di scendere sempre. Credo di averlo fatto nella vita e che i miei personaggi scendano sempre all`inferno. Se scendi all`inferno, quando risali, quando risorgi, sei anche molto più forte perché sicuramente hai fatto un viaggio. Certo un viaggio faticoso: questo libro mi è costato grande sofferenza: scrivevo di una situazione tragica, una ragazza in coma dall`inizio alla fine, mentre io, nei cinque anni in cui ho lavorato al libro, ho avuto due figlie...
Come procede nella scrittura, aveva già in mente la storia fin dall`inizio?
Non avevo modelli, cioè procedevo con una storia completamente inventata e non sapevo dove andavo a parare. Ogni volta che cercavo di spiegarmi un` po` di più, di fare delle scalette, di correre avanti, sbagliavo sempre. In realtà l`arte è libertà più assoluta, è non conoscenza. Almeno per me è così. Io scrivo nel caos, per accumulazione, scrivo moltissimo. Pesco da un livello che è profondissimo, alchemico, è qualcosa che non controllo. Ci vuole coraggio.
In questo momento si sente più attrice o più scrittrice?
Più scrittrice.
Lei è nata a Dublino. Le sue origini irlandesi in cosa si manifestano?
Sono un misto esatto di Irlanda e Italia. Mia madre era una persona molto aerea, con una grande spiritualità , di una bontà assoluta. Era una grande pittrice. Dall`altra parte ho un padre e una nonna paterna molto terrestri. Io sto a metà tra questo cielo e questa terra. Un po` come Italia, faccio da mangiare, apparecchio, mi arrabbio per le stupidaggini, disperdo continuamente le mie energie nel contatto con le persone. Non sono mai stata una che si sottrae alla vita. Non credo di aver mai avuto neanche un`ambizione così forte. Sono sempre stata esigente soprattutto nei confronti di me stessa: volevo scrivere, volevo fare quello in cui veramente credevo.
Suo marito, Sergio Castellitto, dopo il Premio Strega, raccontava ai giornalisti il miracolo di una moglie che recita, scrive un libro importante e nello stesso tempo contiuna a cucinare, ad accudire i figli senza che io riesca a capire come faccia. E difficile fare la mamma e la scrittrice?
Scrivo quando i bambini sono a scuola. Ho uno studio in una casa che affitto e vado lì perché ho bisogno di solitudine totale. Fatico molto all`inizio, devo stare là , fare il mio rituale: fare il caffè, aprire il computer, spesso pulire tutta la casa. Sistemo le cose che magari ho lasciato in disordine la sera prima. Faccio dei riti di decompressione prima di arrivare alla scrittura dalla quale rifuggo. Come se cercassi di non scrivere, perché è meraviglioso ma anche faticoso...
Il finale de Il catino di zinco dice di fronte al loculo di nonna: Non credo che Antenora sia li. Pensa che ci sia una vita dopo la morte? Lei crede in Dio?
Io credo a tutto. Credo ai santi, credo a Dio. Appartengo a quella categoria di persone che credono senza appartenere, che è una cosa un po` facile ma è così. Comunque il mio rapporto con la religione è privato, non sono praticante. Però ho un senso molto religioso dell`esistenza, come rispetto di ogni forma di vita, anche la più minuscola. Credo che questo sia fondamentale e cerco di insegnarlo ai miei figli.
Lei ha scritto e lavorato con suo marito per esempio in Manola. Sergio Castellitto sta facendo diventare un film questo suo ultimo libro. C`è tra di voi uno scambio intensissimo, anche sul piano professionale, molto bello e raro. Per la vostra vita di coppia questo aspetto è fondamentale?
La nostra vita di coppia è fatta prima di tutto dei figli, dei progetti in comune. Io e Sergio ci siamo incontrati sull`umanità . Lui non sembrava un attore. Gli attori di solito sono un po` fluttuanti, molto egoistici. Lui non è niente di tutto questo. Avevamo gli stessi valori, ci divertivano le stesse cose, siamo una coppia molto ilare. Noi ci prendiamo continuamente in giro. Ci commuovono e ci fanno sorridere le stesse cose, anche se con due caratteri completamente diversi, però abbiamo un`umanità molto simile e questo è quello che ci unisce. Il lavoro insieme, di conseguenza, è bellissimo. Per anni io scrivevo e lui diceva delle cose meravigliose su quello che scrivevo. Per anni sono stata considerata la moglie di Castellitto: lui ci soffriva e diceva che il vero genio di casa ero io...
Sergio è la mia sentinella, mi accoglie, mi accudisce, è il mio primo lettore.
Adesso lui viene considerato il marito della Mazzantini?
No, ripeto, lui è più contento di me di questo successo.
Che cosa vogliono dire per lei i figli?
Sono una madre molto istintiva, molto fisica. Faccio la madre, non mi sottraggo nel senso che sono anche autoritaria: con i miei figli non faccio la parte dell`amica. Lo ritengo un atteggiamento sbagliato. I figli hanno una dimensione triadica dell`esistenza: il padre, la madre e loro. E noi questo l`abbiamo sempre saputo: nel momento in cui li abbiamo messi al mondo abbiamo assunto quella che è la vera responsabilità della nostra esistenza. Siamo noi che li abbiamo voluti, cercati e li dobbiamo sopportare. Questa è la mia responsabilità perché loro non hanno chiesto niente. Come madre li ascolto, osservo quali sono le loro inclinazioni e cerco di favorirle. Ma non impongo mai niente, non faccio nessuna proiezione. Faranno quello che vorranno fare nella libertà più totale. All`inizio della sua vita l`amore di una madre verso il figlio consiste nel tenerlo a sé, nell`accudirlo e poi, a un certo punto, deve volere la libertà del figlio. Le madri troppo possessive, come sono spesso le madri italiane, sono quasi peggio delle madri che abbandonano i figli da piccoli. Ripeto vanno accuditi e tenuti stretti da vincoli e poi abbandonati completamente alla vita, come fanno gli animali. Gli animali sono maestri in questo. Io spero proprio nella libertà , che i miei figli facciano le cose più belle.
Da vecchia spero di stare bene e di non dover chiedere niente a loro. Spesso i figli si trovano a dover vivere i ricatti dei genitori, che spero di non fare mai.
Un`ultima domanda: lei come vede in questo momento il panorama culturale italiano?
Ogni tanto c`è un bel libro. Meno di quello che uno spererebbe. Non ho molto tempo, per cui seleziono i libri il più possibile. Quando ho un`ora o due di tempo per leggere voglio qualcosa che mi emozioni. Se un libro non mi interessa, lo abbandono.
Non vivo nell`ambiente letterario e questa credo sia la mia forza. Sono una outsider totale. I dibattiti mi annoiano. Mi sembra che spesso la letteratura si occupi di cose morte. Sarebbe importante, attraverso le scuole far innamorare i ragazzi dei libri. Ma nelle scuole è come se si trattasse di qualcosa di morto, invece i libri a volte sono meravigliosi da leggere, lì ci può essere la vita. A me un libro piace quando c`è la vita, quando mi sposta lo sguardo e me lo allarga e quindi moltiplica la mia esperienza. E questo è il senso della vita e di tutte le cose che stanno nella vita e la lettura e la scrittura stanno nella vita. Io scrivo per le persone, tengo gli occhi ad altezza umana.