Globalizzazione: il manifesto dei cattolici italiani
Condanna del terrorismo, costruzione e tutela della pace, promozione della persona, debito e mercati finanziari, riduzione della povertà e aiuto pubblico allo sviluppo, consumo e risparmio responsabili. Sono alcuni dei temi trattati nel Manifesto firmato da 54 sigle cattoliche riunite nel cartello «Sentinelle del mattino 2002» che comprende, tra le altre, Azione Cattolica, Acli, Mcl, Agesci, Confederazione nazionale delle Misericordie d`Italia, Focsiv, Movimento dei Focolari, Comunità di Sant`Egidio, Pax Christi e Compagnia delle Opere. Si tratta di un vero e proprio documento sulla globalizzazione dal punto di vista cattolico, che prende in esame tutti gli argomenti cari alle organizzazioni «no global», ma con al centro la visione cristiana dell`uomo, del mondo e dello sviluppo.
Il Manifesto ` presentato a Firenze il 22 settembre, un anno dopo il primo incontro svoltosi a Genova alla vigilia del G8 ` si apre, quindi, identificando subito il riferimento centrale e le linee di fondo che ispirano questo movimento: «Alla luce del Vangelo, nella fedeltà alla comunione ecclesiale, e traendo insegnamento dal magistero e dalla dottrina sociale, vogliamo vivere pienamente nella comunità degli uomini, guardando all`intera comunità del pianeta, per costruire rapporti sociali orientati alla promozione integrale dell`uomo e alla costruzione della civiltà dell`amore e del perdono: `non c`è pace senza giustizia, non c`è giustizia senza perdono`. Con questo spirito vogliamo collaborare e dialogare con tutte le donne e gli uomini di buona volontà per costruire la pace: la pace fondata sulla dignità della persona umana, che esige il diritto all`alimentazione, alla salute, all`educazione, alla libertà religiosa, al rispetto delle proprie tradizioni e culture, a un lavoro dignitoso».
Ciò detto, il documento passa a esaminare il momento attuale, tra minacce di terrorismo e di nuovi conflitti. «Condanniamo ogni forma di terrorismo ` scrivono i `no global` cattolici ` e crediamo che la migliore risposta da dare sia, innanzitutto, quella della conversione personale, unita a un impegno ancora più convinto per la costruzione della pace, attraverso il dialogo interreligioso e la solidarietà globalizzata, per rendere più giusti e sostenibili gli equilibri del mondo».
Le «Sentinelle» indicano, quindi, come «essenziali la responsabilità delle istituzioni nazionali e internazionali in diversi ambiti, tra i quali la tutela della pace, restituendo il ruolo delle Nazioni Unite, la collaborazione attiva tra le persone del Nord e del Sud del mondo, proseguire l`azione di cancellazione del debito nei Paesi in via di sviluppo». E ancora, per quanto riguarda l`Italia, chiedono che vengano sottoscritti «prima possibile i singoli accordi bilaterali di cancellazione del debito in modo da rispettare la scadenza triennale della legge», nonché che venga aumentato l`aiuto allo sviluppo dallo 0,39 per cento del Pil attuale allo 0,7 per cento più volte promesso, e siano abrogate le barriere, anche indirette, all`ingresso sui nostri mercati di prodotti provenienti dal Sud del mondo. «Riteniamo urgente ` affermano poi le `Sentinelle` ` l`impegno delle istituzioni pubbliche a garantire l`accesso universale all`acqua potabile».
Il Manifesto sembra voler dare seguito all`auspicio di Giovanni Paolo II alla vigilia del Vertice di Johannesburg: «Trovare vie efficaci per uno sviluppo umano integrale, tenendo conto della dimensione economica, sociale e ambientale. In un mondo sempre più interdipendente, la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato non possono che essere frutto dell`impegno solidale di tutti nel perseguire insieme il bene comune». Ecco allora l`impegno assunto dalle «Sentinelle del mattino» a Firenze: «Noi ci impegniamo a gettare ponti di incontro, di comprensione e di educazione vicendevole tra Nord e Sud del mondo: questo è il grande ideale per noi e per tutti. Un ideale che ci spinge a riproporre la bellezza e la necessità di autentiche vocazioni al volontariato internazionale; a sostenere quei giovani che vogliono impegnare la loro professionalità per opere di giustizia e di sviluppo; a incoraggiare chi vuole consacrare la propria vocazione religiosa a un impegno missionario».
I vescovi usa: rigettare sentimenti di odio e di vendetta
La fede chiama i cattolici a lavorare «non solo per un mondo più sicuro, ma anche più giusto e pacifico per tutti i figli di Dio». Lo sostengono i vescovi degli Stati Uniti in una dichiarazione diffusa nel primo anniversario dell`11 settembre, mettendo in guardia da sentimenti di odio e di vendetta. Nel documento i presuli ribadiscono la necessità di un uso contenuto della forza militare nella lotta al terrorismo improntato al «rispetto delle tradizionali norme morali che regolano la guerra e alla protezione degli innocenti». Non solo: «questa guerra contro il terrorismo deve essere combattuta con il sostegno della comunità internazionale e privilegiando mezzi non militari».
Nel difendere il suo popolo e i suoi valori, sostengono i vescovi Usa, «la nostra nazione deve rimanere fedele ai principi fondamentali di giustizia, libertà , equità e apertura verso tutte le persone, specialmente i vulnerabili immigrati e rifugiati». In questa prospettiva, i cattolici, in particolare, sono chiamati a promuovere «il rispetto e l`equità che ci chiedono di rifiutare l`odio, la vendetta e la violenza». Anzi, proprio nel momento in cui il popolo americano «piange la perdita del proprio senso di invulnerabilità ` sottolineano i pastori ` la nostra fede ci chiede di vivere in solidarietà con coloro che nel mondo sono insidiati dalla violenza e dall`insicurezza» e di «cercare le strade migliori per trovare la giustizia, di farci promotori di pace e di difendere la vita e la dignità di tutti in un mondo lacerato dal terrore e dal disprezzo della vita umana».
Il cardinale Van Thuan, eroico testimone della fede
«Eroico araldo del Vangelo di Cristo»: così Giovanni Paolo II ha definito il cardinale vietnamita Francois-Xavier Van Thuan, presidente del Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace, morto a Roma all`età di 74 anni dopo una lunga malattia. A causa della fede trascorse ben tredici anni in carcere, nove dei quali in isolamento. Ordinato sacerdote l`11 giugno 1953, era stato nominato vescovo di Nha Trang nel 1967 e, nel 1975, coadiutore di Saigon. Dopo pochi mesi, con l`avvento del regime comunista, fu incarcerato: secondo l`accusa, la sua nomina ad arcivescovo era frutto di un «complotto tra il Vaticano e gli imperialisti».
Al momento dell`arresto, raccontò poi, aveva solo la tonaca e il rosario in tasca, ma non si fece mai sopraffare dalla rassegnazione. I messaggi che riuscì a far uscire clandestinamente dalla prigione, copiati a mano, diedero origine al suo primo libro, intitolato Il cammino della speranza. In quegli anni, non avendo potuto portare con sé la Bibbia, raccolse tutti i pezzetti di carta che trovava facendone una minuscola agenda con più di 300 frasi del Vangelo: fu il suo vademecum quotidiano. Le sue giornate erano scandite dall`eucaristia: celebrava di nascosto la messa sul palmo della mano con poche molliche di pane. Ai suoi aguzzini monsignor Van Thuan insegnò le lingue straniere e loro, colpiti dalla sua forza, lo aiutarono a intagliarsi una croce di legno che, appesa a una semplice catena forgiata da una guardia con un pezzo di filo spinato del campo di prigionia, divenne da allora la sua croce vescovile. Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale il 21 febbraio 2001.
Giovanni Paolo II: quinto pontificato più lungo della storia
Quello di Giovanni Paolo II è il quinto pontificato più lungo nella storia della Chiesa. Lo scorso 9 settembre ha, infatti, superato Adriano I, che fu Papa tra il 772 ed il 795 per 23 anni, 10 mesi e 24 giorni. E tra cinque mesi potrebbe scalare un`altra posizione di questa speciale classifica, raggiungendo Pio VI. Sono solo quattro, a questo punto, tra gli altri 263 della storia della Chiesa, i Papi ad essere stati sul soglio pontificio più a lungo di lui. Giovanni Paolo II è stato eletto il 16 ottobre 1978, anche se il suo pontificato ha avuto ufficialmente inizio il 22 ottobre. Dopo aver superato per durata, lo scorso marzo, Pio VII, Giovanni Paolo II ora è dietro soltanto ai pontificati di Pio VI (24 anni, 6 mesi, 7 giorni), di Leone XIII (25 anni, 5 mesi), di Pio IX (31 anni, 7 mesi, 21 giorni) e di San Pietro (ritenuto tra 34 e 37 anni, ma le date non sono conosciute). E per questo Papa dei record, si avvicina un altro primato: sarà il primo Pontefice a parlare al parlamento italiano. Giovanni Paolo II ha, infatti, accolto l`invito che gli era stato rivolto dai presidenti di Camera e Senato, Casini e Pera, dopo le loro visite in Vaticano. Lo storico avvenimento avverrà il 14 novembre e quasi certamente il Papa rivolgerà un discorso ai parlamentari riuniti in seduta comune. In passato, una sola volta Giovanni Paolo II si è recato in un parlamento nazionale: l`11 giugno 1999 ha parlato a Varsavia all`Assemblea solenne di deputati e senatori polacchi. Nel 1988 visitò, invece, il parlamento europeo, a Strasburgo.
Messico: i vescovi in difesa dei diritti degli indigeni
In un Paese ancora diviso dal razzismo e dalle discriminazioni, i vescovi messicani chiedono maggiore rispetto per la popolazione indigena, con il riconoscimento del loro status, della loro cultura e della loro autonomia. A levare la voce è stato proprio l`arcivescovo di Città del Messico, cardinal Norberto Rivera Carrera, dopo la ratifica, da parte della Suprema corte di giustizia, della legge sui diritti e la cultura indigena. «Il benessere delle comunità indigene ` ha detto il porporato ` non dipende dalle leggi, ma dai progetti di formazione, di sviluppo, di occupazione e da programmi alimentari efficaci da attuare in ogni regione. Gli indigeni non mangiano, né tanto meno riescono a sopravvivere in virtù di una normativa».
La Suprema corte, in realtà , si era detta inidonea a giudicare l`impianto legislativo in questione preventivamente approvato dal Congresso e di fatto si è limitata ad esprimere un placet solo per dire che la riforma risulta valida sotto il profilo giuridico. Evidentemente per i vescovi le carenze sono altre. Secondo monsignor Carlos Talavera Ramirez, della Commissione episcopale per la pastorale sociale, «è necessario sostenere le comunità nelle loro legittime aspirazioni, rispettando e difendendo i principi e i valori di ciascuna etnia». I presuli hanno, quindi, chiesto alla popolazione di esprimersi a favore di un confronto nazionale sulla questione indigena.