Quando eravamo noi i «vu cumprà»
C`è da esser grati a Gian Antonio Stella. Costui, un (relativamente) giovine giornalista del «Corriere della Sera», scrive della nostra società postmoderna denunciandone le storture, segnalandone le (rare) «cose buone». Lo conobbi anni fa, a Mestre, all`uscita d`un libro su re Hussein di Giordania al quale mi aveva invitato a collaborare con tanto garbo che mi riuscì difficile dirgli di no. La sua firma, allora, appariva episodicamente sul «Corsera» ma quello che scriveva era giusto e forte: mi colpì. Ne parlai, a insaputa di Stella, al suo direttore, l`abile e colto Paolo Mieli, giornalista storico, suggerendogli di utilizzare al massimo il «ragazzo» prima che affondasse nella tentatrice pigrizia della provincia. Mieli lo mise alla prova e i risultati dovettero esser buoni se Paolo, un giorno, si prese la briga di telefonarmi: «Grazie, Igor. Il ragazzo è bravo, penso di cavarne fuori il meglio facendolo lavorare di più». Così è stato e oggi, giustappunto, Gian Antonio Stella è una «firma» del giornale che fu di Albertini. Non solo: ha scritto altresì diversi libri, tutti di successo.
Prendiamo l`ultimo, L`Orda, dedicato «a mio nonno Toni `Cajo`» che mangiò pane e disprezzo in Prussia e in Ungheria e sarebbe schifato dagli smemorati che sputano oggi su quelli come lui». È un libro terribile perché dice la verità : contro i luoghi comuni che ingentilivano la nostra migrazione, quella degli «zii d`America», raccontata in chiave buonista, anche per pudore: meglio, per comprensibile reticenza difensiva. Invece, non ci vollero mai bene, ci disprezzarono: dalle Americhe all`Europa. Sempre. Sino all`Australia. Ma resistemmo e sopravvivemmo donando a paesi ingrati uomini di spicco e opere importanti, benessere: frutto dell`immane e malpagata fatica degli italiani.
I lettori di un giornale che si richiama al Santo che conobbe il Mondo e dunque anche lo strazio dei migranti, «debbono» leggere questo libro. Non fosse altro perché esso induce a una riflessione invero cristiana. Contro il vangelo di Matteo: «Avevo fame e mi avete sfamato», eccetera, spesso facciamo pollice verso ai poveri «vu cumprà » come volgarmente chiamiamo i marocchini, gli extracomunitari in genere, venuti in Italia a guadagnarsi un tozzo di pane e poca moneta da spedire laggiù, ai congiunti affamati.
A proposito di «vu cumprà »: Gian Antonio Stella denuncia sul «Corsera» del 30 di novembre scorso il «caso» allucinante di Florian. L`omonimo dello storico caffè veneziano, è un albanese di 26 anni, si chiama Florian Pacu, lavora con regolare permesso, ha sposato un`italiana, ha un figlio di appena dieci mesi, Alen. È incensurato. Ma sei mesi fa si vede recapitare un mandato di arresto internazionale per tentato omicidio e finisce a san Vittore. Quando l`avvocato d`ufficio legge infine le carte, si scopre che era una falsa accusa volta ad arrestarlo. In verità un tribunale albanese lo aveva condannato, in contumacia, a 10 anni di galera «per tentato furto di una vacca», sicché alle autorità di Durazzo ne chiedevano l`estradizione. Che è stata concessa.
Insorge Stella: «C`è da chiedersi: un paese che trabocca di garantisti, che è governato da persone che si piccano con onore di essere garantiste, che manda in Parlamento stormi di avvocati appassionatamente garantisti, trova tutto questo `normale`?». Montanelli diceva che l`Italia è il paese del Diritto e del Rovescio. Stella racconta questo fatto: «Un musicista ugandese e un restauratore che lavorano a Roma: il primo l`hanno preso con due dosi di hashish: quattro mesi di carcere. Il secondo, di dosi, ne aveva 8 mila 230: assolto. Erano solo per `uso personale`»...