Antonio, più grande per le sconfitte che per le vittorie
Sono tanti i motivi per cui Antonio di Padova è un grande. Di buona famiglia, benestante, nato con la camicia. Ottimi risultati negli studi. Chiarezza e determinazione circa i progetti futuri. Rara capacità di penetrare gli spiriti degli uomini e di lasciarsi penetrare dallo Spirito di Dio. Da restare a bocca aperta ad ascoltarlo. Incitatore delle folle, temuto dai potenti, fustigatore dei vizi. Da umile e pressoché sconosciuto fraticello nell'eremo di Montepaolo, a grande predicatore, grande professore di teologia, grande superiore dei frati, grande amico di papi e vescovi, grande protagonista della vita culturale e sociale. Finanche grande, più grande di chiunque, nei miracoli, in quanto, almeno, a numero e fantasia!
Inevitabile che grande e magnifica sia pure la basilica costruita sulla sua tomba. Per non dire di quanto sia grande e inscalfibile la devozione nei suoi confronti.
Non c'è che dire: una persona riuscita nella vita, uno che ce l'ha fatta. Uno da invidiare! Come ogni giorno ci capita di invidiare chi è più fortunato o bravo di noi. Di noi che, invece, facciamo fatica, arranchiamo, perdiamo colpi, siamo sempre in ritardo ag,li appuntamenti, inevitabilmente in fondo alla fila dove si distribuiscono i favori e le fortune. Stiamo ancora aspettando il treno giusto, o forse non sappiamo più a che stazione scendere e allora, intanto, andiamo avanti. Sapendo di non essere così belli come vuole la tv, né ricchi né felici come detta la pubblicità . Noi che non siamo mai riusciti a essere neppure i primi della classe come sognavano mamma e papà e, ancora giovani, contiamo insuccessi e occasioni perdute. Che ha a che fare sant'Antonio con noi?
Il Santo dei deboli
Ci sono due episodi che, secondo me, fanno davvero grande sant'Antonio. Anche se di una grandezza diversa, evangelica e francescana. Uno all'inizio e uno alla fine della sua avventura umana.
Quello all'inizio. Il portoghese Fernando-Antonio ha appena deciso di lasciare il monastero agostiniano e di farsi frate francescano. A una sola condizione però: partire per la missione tra gli infedeli e poter morire martire. Ma, arrivato in Marocco, una malattia trasforma il suo sogno in una banale convalescenza. È costretto a fare i bagagli, mettendosi in valigia anche il desiderio del martirio. La prima grande sconfitta di Antonio. E mi colpisce che da questa sconfitta verrà tutto il resto...
L'episodio alla fine della sua vita, vede frate Antonio, ormai famoso e già con un piede nella santità , recarsi dal tiranno di Verona, il feroce e crudele Ezzelino da Romano, per perorare la causa di alcuni suoi prigionieri. Ma, dopo un inutile colloquio con il despota, è costretto a tornarsene a casa a mani vuote. È la seconda grande sconfitta, giunta nel momento più inaspettato, all'apice della gloria. Preludio di quella sconfitta, l'ultima, la morte, che per chi crede è invece vittoria, esaltazione. Il seme marcisce per portare nuovi frutti.
E se fossero, piuttosto, queste sconfitte a fare grande Antonio? Per questo mi piace immaginarmelo non come il Santo della vittoria ma come il santo della debolezza. Perciò anche un po' mio protettore: di me e di chiunque fa fatica a farcela. Di me e di chiunque desidererebbe che anche la propria debolezza avesse un senso agli occhi del buon Dio.