Madre Teresa, la più amata dai giovani
Recentemente abbiamo appreso da un sondaggio (serio) che i giovani del mondo, interrogati sul personaggio preferito han così risposto: prima, Madre Teresa, a una incollatura Giovanni Paolo II e, terzo, Che Guevara.
Come mai e perché in questo brutale Terzo Millennio funestato da guerre, repressioni, truffe e che vede l'Europa disfarsi anziché farsi, milioni di giovani si riconoscono in un Papa vecchio, storto ma vigile che severamente li esorta alla modestia, al sacrificio e al tempo stesso si mostrano edificati dalla storia di una piccola suora albanese, dura, scontrosa, persino deliberatamente scortese e, infine, ricordano un guerriero idealista morto giovine inseguendo l'utopia?
Allorché il tempo della vita porta confusione, delusione, separazione (dall'Altro) il dolore, l'emozione per un qualche accadimento forte (specie se veicolato dalla tv) fanno da collante, uniscono: questo dicono i sociologi più attenti che aggiungono come i giovani abbiano fame di sogni, di ideali, di romanticismo addirittura. D'accordo, ma se avessero fame di religione? A me, vecchio cronista scarpinatore, collezionista di meridiani e di paralleli, sembra che dai giovani salga una grande domanda di fede. (Che spesso viene disattesa: ma questo è un altro discorso). Ed ecco il perché della santificazione, già in vita, di una suorina tagliata con l'accetta e tuttavia capace di far sentire agli sconfitti della vita la tenerezza di Gesù. (Sono parole del Papa).
È morto solo come un cane, si sente dire ogni tanto di qualcuno. Bene: Madre Teresa i moribondi, i terminali che raccoglieva nelle strade tumultuose di Calcutta li portava nella sua casa. E lì quei disgraziati sfuggivano all'atrocità della morte in solitudine poiché Teresa e le sue sorelle gli davano da bere, gli facevano i bagnoli con l'acqua di rose, gli sussurravano parole tenere: per aiutarli a trapassare. Dalla vita miserabile, ingrata, all'Aldilà forse sereno, attraverso la cruna stretta, ahi quanto, della Morte. Per questa sua terapia esclusivamente spirituale, Madre Teresa venne spesso attaccata anche da uomini di Chiesa (lo stesso destino di Padre Pio) ma ella non si curò mai di difendersi. Disse, una volta per tutte: Il mio, il nostro non è un lavoro sociale, e poi non sono una santona bensì cerco di far sentire ai reietti della città , ai poveri tra i più poveri, che Gesù li ama, che sono persone non underdogs (sottocani). Già allora, quanto l'incontrai, nel remoto settembre del 1965, nella sua casa di Calcutta ritagliata nel Tempio della Dea Kalì per la generosità degli indiani indiani, si voleva che facesse miracoli. Ma guai a dirglielo, s'arrabbiava di brutto. La Chiesa romana la fa Santa avendo accertato la sua santità taumaturgica ma per gli indiani indiani era jivan-mukta, liberato/a in questa vita giusta la teologia indù. Teresa, al pari di Ghandi era nel divino già in vita, era mahatma, santo vivente.
Ma quanta fatica Madre Teresa per diventare Madre Teresa. Il collega Maurizio Blondet di Avvenire (giornale nobile) ha scoperto un brano inedito del diario di Madre Teresa quando lottava per andare on the road sottraendosi agli agi del collegio-bene dove insegnava.
28 febbraio 1949: oggi, mio Dio, che tortura di solitudine. Mi domando se il mio cuore potrà sopportarla. Ho pianto tanto. Lacrime su lacrime. Dio mio, fa' ch'io non rifiuti il sacrificio che ho fatto con profonda convinzione. Mamma dal cuore immacolato, abbi pietà della tua povera bambina. È per amor tuo, Madre Celeste, che voglio vivere e morire missionaria della Carità .
Possedeva due sari soltanto (di quelli più a buon mercato), due paia di mutandine, un golfino di lana nero, un paio di zoccoli in legno: niente valigia, ma, un secchio di zinco.