Arte e poesia cantano il Natale

Attraverso l'incanto della pittura e la suggestione della poesia (poeti del Novecento), scopriamo il significato della nascita di Gesù, un evento che ha segnato l'irrompere di Dio nella nostra storia per portarci la salvezza.
29 Novembre 2004 | di

Ricordare, oggi, il Natale, più che un tuffo nella storia del mistero cristiano della salvezza, è un rischio: di immergersi in istanze deteriorate dalla retorica o di richiamare segni incomprensibili al linguaggio moderno, tanto è il divario tra i misteri dell'Onnipotente e lo stile di vita della gente. Oggi prevalgono le schiavitù dei consumi, i rumori assordanti delle discoteche, la superficialità  e il vuoto di chi non riesce più a percepire il sogno e non è più capace di interiorizzare gli eventi. Si affievoliscono, invece, gli appelli al mistero e a Colui che del mistero è protagonista, affogati nel mare dell'indifferenza, origine di perplessità  e angosce, fragilità  e chiusure, cui non si sa reagire elevando le proprie aspirazioni a una vita più autentica.
Il ricordo del Natale, tuttavia, con i richiami alle suggestioni e alle storie dell'infanzia - storie appassionate, venate di delicata nostalgia e ricche di simboli - resiste ai deliri del consumismo per respirare le trasparenze della vita e il profumo di muschio di un presepe sospeso fra comete e canti d'angeli. A Natale, l'umanità  sa rispondere ancora allo stupore dell'evento. Vi dialoga con l'emozione del fanciullo, del quale è il regno dei cieli. Pur distratta da mille fallaci sirene, rientra in se stessa e coglie le impalcature spirituali e misteriose di un avvenimento, che da sempre cattura le intuizioni e la sensibilità  della ragione e del cuore.
Lo sanno bene gli artisti che, nel descrivere il tempo e l'ambiente in cui si compì l'evento, contemplano il mistero del Verbo incarnato in un bambino indifeso, riscaldato dal fiato di un bue e di un asino, adorato dalla Madre, lodato dagli angeli, dai pastori e dai Magi. Il tutto in una cornice di gloria e di mistico afflato per suscitare nel singolo e nella comunità  la fede, che lascia il posto alla preghiera e all'adorazione.
L'icona coinvolge la Chiesa, che guarda il Bambino che è nel grembo della Vergine e ne assorbe l'intimo significato: la storia dell'uomo comincia sempre dal grembo della madre per ritornare e rinascere nel seno del Padre, scalando, con la sola grazia, il vertice del mistero divino che, come conferma Giovanni Paolo II, non può essere raggiunto da nessun progresso umano, né può essere eguagliata la misura della sua perfezione. Dio viene, infatti, tra noi nell'estrema fragilità  di un bimbo, in grado, però, di ridimensionare e collocare nel giusto contesto i segni e i valori della vita. E il suo discendere nel mondo è l'eterno che irrompe nel tempo perché gli uomini possano conoscere la grandezza della loro esistenza. Gesù si fa carne e diventa speranza per l'umanità .
Una realtà  spesso resa con espressioni artistiche di rara bellezza. Basta pensare al Bambino del commovente affresco delle catacombe di san Sebastiano o al presepio dello scultore toscano, Arnolfo da Cambio, oppure ancora alla garbata terracotta di Luca e Giovanni della Robbia e, in seguito, alle suggestive Madonne di Raffaello, alla Natività  del Correggio, alle serene raffigurazioni dedicate al Vangelo dell'Infanzia, dall'Annunciazione alla Fuga in Egitto, di Albrecht Durer, all'incantevole rappresentazione del Riposo durante la fuga in Egitto di Lucas Cranach, così vicino, per inventiva poetica, allo spirito dello Stephan Lochner della Madonna del roseto.
Sono soltanto alcuni esempi, che riferiscono il costante interesse e il fascino del Natale, che è stato proprio anche di scrittori, come Dante e Petrarca, Jacopo da Varagine, Edoardo De Filippo e Italo Calvino che li hanno espressi con versi di intensa fede cristiana, alla stregua delle ballate dei trovatori dell'antica Provenza e dei migliori versi dei rapsodi medievali. Tutti ricordano, infatti, la Natività  di Jacopone da Todi nella quale esprime l'estasi dell'incontro con il Verbo (Né lana né sacconcello / ce avea lo dolce Fiore. / Nel fien giacea 'nfasciato / quel Giglio luminoso), al quale le creature tendono: (Da noi sia visitato / spesso, ch'è nostro sposo / nostro dolce reposo / che umanitate prese / e in nostra carne scese, / nostro Duce e Pastore) .
Più avanti ricordano il Natale poeti come Gabriele D'Annunzio (E quivi il Figliuol d'uomo era, il Rinato), Giovanni Pascoli (E tu nascesti Dio da un piccolo Ave) e Alessandro Manzoni, che affida alla preghiera profondi accenti di fede e di speranza: (Dormi, o Celeste: i popoli / chi nato sia non sanno; / ma il dì verrà  che nobile / retaggio tuo saranno; / che in quell'umil riposo, / che nella polve ascoso, / conosceranno il Re) .
Anche la poesia italiana del Novecento non sfugge allo stupore del Natale e non rinuncia a rendergli omaggio con l'originalità  dei versi, pronte a rilevare il sacro evento, che dalla grotta di Betlemme si rifrange nella società  attuale con gesti d'amore e frammenti di vita, interessati a colpire i capricci e le inquietudini di un mondo spesso sgangherato e vuoto. Riflette su ciò che significa la nascita di Gesù Bambino, che continua a folgorare la storia del terzo millennio appena iniziato.
I poeti lo sanno. Si mettono, pertanto, sia pure a volte senza mediazioni, né chiese, alla ricerca di Dio, nella speranza di risentire ancora il suo vagito d'amore e nella consapevolezza che nel divino Bambino si scopre il coraggio e la serenità  del proprio agire. Il coraggio di sapere ancora distinguere il bene dal male e di scegliere ciò che nella vita conta.


 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017