L'esercito della solidarietà
Il volontariato organizzato in Italia è una realtà grande e straordinaria. Ma anche complessa. Per sostenersi, funzionare e raggiungere gli obiettivi propri, cioè il porsi a fianco di persone in difficoltà per crescere insieme, ha bisogno di strutture, di organizzazione, di finanziamenti, di soldi insomma. Il che lo mette in un giro non privo di rischi, che, di fatto, sta suscitando interrogativi e perplessità . Per qualcuno si tratta di crisi di identità , per altri di ricerca di identità per ridisegnare il futuro.
Il volontariato è pieno di esempi straordinari di persone che con amore gratuito si pongono al servizio degli altri. Ne abbiamo presentati molti. Stavolta parliamo del volontariato come organizzazione, delle sue difficoltà e delle sue prospettive. Che saranno anche oggetto di riflessione al meeting di Civitas, che si terrà alla Fiera di Padova dal 6 all'8 maggio. Un percorso non facile, ma che è giusto conoscere.
Volontario è il cittadino che liberamente, non in esecuzione di specifici obblighi morali o doveri giuridici, ispira la sua vita - nel pubblico e nel privato - a fini di solidarietà . Pertanto, adempiuti i suoi doveri civili e di stato, si pone a disinteressata disposizione della comunità , promovendo una risposta creativa ai bisogni emergenti dal territorio con attenzione prioritaria per i poveri, gli emarginati, i senza potere....
Lo scriveva Luciano Tavazza, il fondatore e presidente della Fivol, Fondazione italiana per il volontariato, che ha guidato fino alla morte avvenuta il 30 aprile 2000, dopo una lunga malattia. Impegnato nell'Azione cattolica ai tempi di Carlo Carretto e poi nelle Acli, Luciano Tavazza ha guidato il volontariato italiano negli anni '90 sul filo di due grandi principi: la gratuità e l'impegno politico.
Attorno a queste idee ha saputo raccogliere altri padri del volontariato italiano come Giovanni Nervo, primo presidente della Caritas italiana e oggi ancora alla guida della Fondazione Zancan, e Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele. Dal confronto con loro, ma anche dagli incontri con migliaia di piccole e grandi realtà impegnate nel sociale, è nata la Carta dei valori del volontariato, il documento più avanzato della riflessione sul ruolo del volontariato nel nostro Paese in cui si riconoscono i principi fondanti dell'agire gratuito a servizio degli altri. Da questa riflessione è nata, nel 1991 la Fivol, la Fondazione italiana per il volontariato finanziata dalla Fondazione Banca di Roma, per promuovere, incoraggiare e sostenere il volontariato in tutte le sue forme e in tutti i campi, quale espressione dei principi di partecipazione, solidarietà , sussidiarietà e pluralismo sanciti dalla Costituzione della Repubblica italiana.
Sono gli anni di esplosione di questo fenomeno, in cui l'Italia scopre per la prima volta che esiste un esercito silenzioso, che, con la forza della solidarietà , si dedica gratuitamente al servizio delle fasce più deboli della popolazione, degli esclusi di casa nostra e dei Paesi in via di sviluppo, alla protezione dell'ambiente e del patrimonio culturale. Numeri che hanno portato a tassi di crescita importanti, come ha rilevato l'Istat nel 2001: 18 mila 293 organizzazioni di volontariato situate prevalentemente a Nord Est (più di 6 mila) e a Nord Ovest (5 mila 242) che impegnano quasi 700 mila persone contro le quasi 500 mila del 1995, per la maggior parte tra i trenta e i cinquantaquattro anni. Un esercito silenzioso che quattro anni fa raggiungeva, con i suoi servizi di ascolto, sostegno e assistenza quasi 6 milioni di persone. Ma Tavazza, da grande leader quale era, ha saputo e voluto coinvolgere tutti gli attori, dalle istituzioni alle fondazioni bancarie alle altre organizzazioni del Terzo Settore. Da questo contesto di vero e proprio fenomeno e grazie al lavoro di rete costruito da Tavazza e da quanti si riconoscevano nel valore civile del volontariato, trae origine la legge 266 del 1991, il primo riconoscimento ufficiale del volontariato da parte dello Stato che ne definisce e ne norma il rapporto con gli enti pubblici: La Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale.
Oltre a riconoscere il fondamentale apporto di chi, gratuitamente, presta il proprio tempo per il miglioramento sociale e culturale della comunità , la 266 dà al volontariato anche i mezzi necessari per svolgerlo. In pratica, dal riconoscimento della sua importanza nasce la necessità di assicurare alle organizzazioni di volontariato un'autonomia economica per garantire la loro indipendenza.
Tra le forme di finanziamento (contributi degli aderenti, convenzioni con gli enti pubblici, lasciti e donazioni) la più innovativa è quella legata alle Fondazioni bancarie e ai Centri di servizio per il volontariato: in pratica, l'articolo 15 della legge stabilisce che un quindicesimo della differenza tra proventi e spese nel bilancio delle Fondazioni bancarie siano destinati alle associazioni di volontariato tramite i Centri di servizio, strutture a carattere regionale o provinciale gestite in prima persona dalle organizzazioni con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività .
Da allora e fino a oggi di Centri di servizio ne sono nati quasi un centinaio, gestiti direttamente dalle associazioni e controllati dai Comitati di gestione regionali composti dai rappresentanti delle organizzazioni stesse, da quelli delle Regioni, del ministero del Welfare e delle Fondazioni bancarie. Hanno diffusione prevalentemente a carattere provinciale e offrono servizi di consulenza, di supporto tecnico e di formazione, soprattutto per le piccole associazioni, quelle che non dispongono di una rete nazionale di riferimento.
Molti di essi erogano i finanziamenti direttamente alle associazioni tramite specifici Bandi di concorso che premiano la capacità di fare progetti e di incontrare i bisogni del territorio di appartenenza. Per i Centri di servizio, dall'entrata in vigore della 266 ad oggi, sono stati accantonati quasi 500 milioni di euro ma di questi solo il 35 per cento è stato speso: Ci sono voluti degli anni perché i Centri cominciassero a essere attivati e tutto questo ha prodotto un rallentamento anche nell'erogazione dei fondi, commenta Marco Granelli, presidente di Ciessevi.net, la rete nazionale che li raggruppa quasi tutti dal 2003. Proprio questa disponibilità di denaro al servizio del volontariato ha attirato sui Centri gli interessi delle istituzioni e delle stesse Fondazioni bancarie, che non hanno digerito bene il fatto di essere dei semplici erogatori di denaro: Le Fondazioni desiderano avere un ruolo - afferma Granelli - nella gestione di questi flussi: per questo si può dire che hanno cercato indirettamente o direttamente di rallentare questo processo.
Ma, di fatto, anche il governo ha fatto la sua parte, tentando di congelare, a più riprese, i fondi per deviarli verso altri capitoli di spesa. L'ultimo provvedimento legato al decreto legge sulla competitività varato dal governo, assegnerebbe metà dei fondi agli stessi comitati di gestione che poi dovrebbero girare metà della cifra al servizio civile nazionale. Sia bene inteso, noi non siamo contro il servizio civile. Vorremmo soltanto che il volontariato mantenesse la propria autonomia e che soprattutto fosse coinvolto nei procedimenti che lo riguardano direttamente - dice Granelli -. In questo modo il Comitato di gestione perde la sua funzione specifica, quella di controllo, per una funzione di gestione diretta che va a sovrapporsi a quella dei Centri di servizio.
Crisi di identità o ricerca di identità ?
Il provvedimento va ad aggiungersi alle recenti polemiche sulla modifica della legge 266 proposta dal ministero del Welfare che va nella direzione di un maggiore controllo dei fondi da parte delle istituzioni e contro la quale hanno preso posizione le associazioni di volontariato anche attraverso il Forum del Terzo Settore, il coordinamento più rappresentativo del non profit italiano. In questa situazione così precaria si innesta la crisi della stessa Fivol: la Fondazione Banca di Roma ha infatti recentemente tagliato, per ufficiali ragioni economiche, il finanziamento all'organizzazione: in gioco non ci sono solo venti posti di lavoro, tra collaboratori e lavoratori dipendenti, ma l'idea stessa di un volontariato indipendente e libero da condizionamenti esterni che la Fivol ha sempre portato avanti. Dal tempo in cui Tavazza tesseva le reti per un volontariato più consapevole e maturo, in grado di rapportarsi con i diversi soggetti in un'ottica di partecipazione, sembra passato un secolo e non cinque anni: nel frattempo, il volontariato è cresciuto in termini economici passando da 674 mila 945 euro nel 1997 a 1 milione 198 mila 634 nel 2001 raccogliendo fondi soprattutto da privati (per il 34,6 per cento) e dall'ente pubblico (33,7 per cento) attraverso l'attivazione di convenzioni e appalti per la gestione dei servizi: A volte il ruolo e i servizi svolti dalle associazioni di volontariato potrebbero essere svolti dall'impresa sociale e il rischio è che si trasformi l'organizzazione per adattarla alle esigenze di servizio, dice Francesca Busnelli, responsabile formazione della Fivol. Il rischio, dunque, è che il denaro faccia perdere al volontariato la sua identità originaria? Più che di crisi di identità parlerei di ricerca di identità . Oggi il volontariato ha bisogno di ritrovarsi a pensare a se stesso e a confrontarsi con i cambiamenti sopravvenuti negli ultimi anni per capire il suo significato originario, che è quello di essere testimone del proprio tempo, continua Busnelli.
E l'utilizzo del denaro è uno dei grandi temi che dovrebbero essere all'ordine del giorno: Il denaro serve senz'altro al volontariato: senza di esso non sarebbe stato possibile lo sviluppo dei Centri di servizio, strumenti utilissimi per la sua crescita. Ma è utile riflettere anche sulle modalità con le quali viene speso e se serve realmente per rispondere ai bisogni del territorio.
Ecco perché il tema della partecipazione è così importante e i Centri possono diventare non solo erogatori di servizi per le associazioni, ma un vero e proprio luogo di formazione alla partecipazione politica: È necessario lavorare molto sulla formazione dei quadri dirigenti delle associazioni per renderli capaci di svolgere un ruolo politico all'interno del proprio territorio, prepararli al dialogo con le istituzioni ma anche ad attuare meccanismi partecipativi interni reali ed efficaci, aggiunge Granelli.
Proprio a questo tema ha dedicato il suo convegno nazionale il Movi (Movimento di volontariato italiano), ricordando i cinque anni dalla morte del suo fondatore, proprio Luciano Tavazza: La talpa e la giraffa: volontariato in movimento per un paese ed un mondo possibile e con uno slogan significativo: Torniamo a ripensare al futuro.