Così sogno l'Azione cattolica

A colloquio con Luigi Alici, eletto da poco alla presidenza della più nota associazione di cattolici. Ritorno alle origini. L'impegno nel mondo. Dialogo e collaborazione con gli altri movimenti.
28 Luglio 2005 | di

«Sogno un'Azione cattolica che parli il meno possibile di se stessa, che si lasci sorprendere dal mistero di Dio senza abituarsi troppo ad esso. Un'Ac con il piede sull'acceleratore senza il freno a mano tirato». Alla guida della maggiore associazione laicale italiana da appena tre mesi, il professor Luigi Alici si concede anche una metafora automobilistica per dire come vorrebbe la sua Azione cattolica. Un'associazione - aggiunge - che sappia camminare insieme con la Chiesa, verso il prossimo Convegno ecclesiale di Verona a ottobre 2006, con l'intenzione di intercettare le attese dell'uomo contemporaneo, di trasformarle in domande esplicite, avvertite, e aprirle alla speranza.

Msa. Professor Alici, esattamente un anno fa, a Loreto, l'Ac viveva una tappa importante del suo cammino di rinnovamento avviato per uscire da una crisi che durava da anni. Celebrata anche la XII Assemblea che ha sancito il nuovo corso, qual è il nuovo volto dell'associazione?
Alici. Giovanni Paolo II a Loreto ha affidato all'associazione tre grandi consegne che sono per noi altrettante sfide. L'impegno della contemplazione deve significare una capacità  di purificazione dello sguardo, quindi una capacità  di contemplare il mistero della trascendenza nella sua essenzialità . L'invito alla comunione ci chiede di far emergere sempre più in profondità  il mistero di una Chiesa che evangelizza non appaltando a singole realtà  aspetti o parti del Vangelo, ma evangelizza come popolo di Dio in piena comunione con il Padre. Inoltre, ci chiede di far crescere il tasso di socialità  virtuosa di cui oggi la cultura e la politica manifestano un deficit in alcuni momenti veramente profondo. Infine, la consegna della missione ci invita non soltanto a pensare alcune iniziative straordinarie, anche alla luce del recente documento della Cei sul laicato, ma a impegnarci in una reale comunicazione da una generazione all'altra.


A proposito di generazioni, oltre la metà  degli iscritti all'Ac sono ragazzi e giovani: cosa propone loro l'associazione?
È molto importante elaborare una proposta nella quale si possa offrire a un ragazzo che vive ai confini tra l'innocenza della propria vita e le grandi attese del futuro, un Vangelo che non lo allontani dalla sua età  ma gliela faccia vivere in maniera positiva. La stessa cosa si deve dire per un giovane e anche per un adulto. Allora la vera sfida è elaborare un cammino che non abbia delle cesure nel passaggio di un'età , ma, nello stesso tempo, riconosca che ogni età  è un tempo provvidenziale per vivere il Vangelo. Si tratta dunque di evangelizzare l'innocenza dei ragazzi, di evangelizzare la passione dei giovani e di evangelizzare la responsabilità  degli adulti. Il Vangelo è lo stesso ma i modi per viverlo, senza dimenticarsi i tempi della vita, debbono essere inevitabilmente diversi.


L'Ac si è impegnata a rinnovarsi senza snaturare la propria identità : quali sono, allora, i punti di riferimento imprescindibili?
Nell'ultima assemblea è stata usata un'espressione significativa: continuità  dinamica, nel senso che bisogna continuamente ripensare le proprie radici. E lo si può fare se si riconosce la fedeltà  all'essenziale e non al marginale. Per l'Ac ciò significa essere in modi nuovi una singolare forma di ministerialità  laicale che sappia, da una parte, far crescere la propria autocoscienza ecclesiale senza che questa diventi una forma di autoreferenzialità , dall'altra, far crescere una capacità  di interlocuzione culturale con il mondo di oggi con una maggiore capacità  di elaborazione culturale.


Se questa sintesi tra capacità  di proposta a livello culturale e crescita nella fede rappresenta l'identità  alla quale l'associazione non può rinunciare, quali sono le novità  emerse in questi anni di ripensamento?
L'associazione negli ultimi tre anni ha aggiornato lo statuto e ha elaborato un progetto formativo, che indica obiettivi, sensibilità  e valori di riferimento che ora devono essere tradotti in cammini formativi concreti per i ragazzi, i giovani e gli adulti. Questa mi pare una priorità  assoluta. Nella elaborazione di questi cammini deve crescere l'attenzione ai temi della famiglia e della vita, che vanno viste come priorità  irrinunciabili. Ciò significa predisporre dei laboratori di santità  laicale e anche di partecipazione civile nei quali concretamente si possa crescere come persone e come cristiani, senza lasciare la propria vita fuori dalla porta.


Oggi l'Ac punta anche su una rinnovata responsabilizzazione degli associati riguardo alla politica. In che modo si concretizza questo ritorno al sociale?
Il dibattito politico in passato aveva un pavimento etico condiviso, per cui all'associazione bastava porsi al centro di questa piattaforma morale e spirituale, impegnandosi nella formazione delle coscienze e lasciando ai singoli la responsabilità  di un giudizio storico e, di conseguenza, elettorale. Oggi la politica erode il terreno morale su cui questa società  cammina e l'associazione ha il dovere di rispondere. La società  non può esistere se non c'è un nucleo etico - anche minimale - in cui tutti si riconoscano. Per questo bisogna aprire un dibattito per interrogarci di nuovo sulla differenza fra i valori irrinunciabili di questo nucleo etico e gli oggetti che possiamo mettere nel paniere delle merci negoziabili o facoltative. Se così non fosse, ci troveremmo ancora ad affrontare altri temi delicati con il fucile puntato alla tempia, si tratti di referendum o di altro, senza avere la possibilità  di spiegare bene le nostre ragioni.


Attenzione al sociale, quindi, ma l'Ac continua a proporsi soprattutto come scuola di santità . Ma quanto spazio c'è oggi per una tale proposta?
La santità  nella storia è un paradosso, perché la vita delle persone è caratterizzata da una domanda di felicità  che è iscritta nel codice genetico di ciascuno, ma che l'uomo da solo non si può dare. Per cui, da una parte, un cristiano sa che deve dialogare con la società , con il mondo, che la proposta evangelica libera l'uomo e lo mette nella prospettiva di crescita morale, spirituale e sociale, dall'altra, crede che la vera proposta cristiana è un dono che viene dall'alto e che quindi da un certo punto di vista è sempre una novità  assoluta. Anche noi oggi siamo davanti a questo paradosso. Occorre ritrovare lo stupore per questo dono assoluto, che non nasce dall'uomo, ma risponde al suo desiderio più radicato e profondo. Se la santità , di fatto, non è attuale, è segno che tocca noi accoglierla e renderla attuale, cioè attuarla.


L'Ac si è spesa molto, di recente, nell'impegno di ricostruire e rafforzare la comunione con gli altri movimenti e associazioni ecclesiali dopo anni di difficile dialogo. Tale impegno è coinciso anche con una rinnovata attenzione dei vescovi verso l'Ac. Come valuta questo momento?
Si tratta di una nuova grande primavera di crescita e di maturità  dell'Ac nei confronti della Chiesa e del mondo. Oggi sembrano venuti meno i motivi per i quali in passato, di fatto, c'è stato un calo di attenzione verso l'Ac. Nella stagione post conciliare nacquero tante realtà  aggregative ed era inevitabile che questa fase genetica fosse accompagnata da un'interpretazione competitiva della comunione. Quando queste realtà  sono maturate e si sono radicate nella Chiesa, il momento competitivo è gradualmente diminuito. Ora però dobbiamo fare un ulteriore passo avanti. La Chiesa non può accontentarsi di essere un contenitore di esperienze diverse, impermeabili tra di loro, che certo non si criticano più, ma che rischiano però di ignorarsi. Occorre passare da questa fase di rispetto senza interferenze a qualcosa di più sostanziale, di cui oggi ancora non intravediamo i contorni, ma che dobbiamo cercare insieme.


Giovanni Paolo II ha affermato che la Chiesa non può fare a meno dell'Azione cattolica. Benedetto XVI ha detto di conoscere la vostra fedeltà  e di sapere di poter contare su di voi. Quanta responsabilità `€¦
È una grandissima responsabilità , da far tremare. In queste parole riconosciamo un compito enorme ed enormemente impegnativo. Un compito che viviamo con gratitudine e con la promessa, pur nei nostri limiti, di mettere a disposizione delle attese e delle speranze di papa Benedetto nei confronti dell'Ac tutta la nostra storia, la nostra fedeltà  e il nostro entusiasmo.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017