Caravaggio: il genio che influenzò l'Europa
A Milano, a Palazzo Reale, già di per sé una sede prestigiosa e centrale, c'è una grande mostra, che è anche un grande ritorno. Si intitola «Caravaggio e l'Europa. Il movimento caravaggesco internazionale da Caravaggio a Mattia Preti». Va fugato l'equivoco in cui si può incorrere, e cioè di ritenerla una mostra su Michelangelo Merisi, e va detto subito che, invece, si presenta come una strepitosa rassegna dei caravaggeschi sparsi in ogni angolo di mondo. Va aggiunto inoltre che la rassegna milanese - che in primavera andrà al Liechtenstein Museum di Vienna - si ricollega idealmente a quella voluta dal critico Roberto Longhi nel 1951.
All'epoca, come scrive Gilberto Algranti, Caravaggio non era ancora un'icona irrinunciabile e fu possibile ottenere in prestito una cinquantina di opere sue: dal Louvre, dal Prado, dal Metropolitan, da San Luigi dei Francesi a Roma. Allora arrivarono a Milano Il fanciullo morso dal ramarro, Il maestro del suonatore di liuto, l'intensissimo San Francesco in preghiera, il San Francesco della Galleria di Palazzo Barberini di Roma e quello del Museo Ala Ponzone di Cremona.
Oggi è più difficile far viaggiare Caravaggio e così a Milano non sono arrivate molte opere: ma tra esse degli autentici capolavori come L'Incoronazione di spine e il San Gerolamo . E la mostra è straordinaria per la schiera dei seguaci di Caravaggio, riuniti nelle sale ambrosiane: non pedissequi imitatori, ma geni a loro volta. Tutti insieme compongono un affresco corale che mette in luce tutto quel secolo travagliato che fu il Seicento, evidenziando bene le sue due anime fondamentali: sacro e profano.
«Caravaggio - scrive Vittorio Sgarbi - fu il più grande pittore lombardo del Seicento, ma iniziò a vivere nell'arte soltanto quando arrivò a Roma». Nacque il 29 settembre del 1571 a Caravaggio (o forse a Milano) ed era il giorno di san Michele Arcangelo. Presumibilmente, nel vicino santuario della Beata Vergine della Fontana di Caravaggio ebbe modo di vedere la fede di pellegrini, devoti, malati, poveri.
I genitori sono Fermo Merisi e Lucia Aratori. Michelangelo era il primo di quattro fratelli e, quando il papà morì, la madre lo mise a bottega da Simone Peterzano: era l'aprile del 1584 e lui aveva appena tredici anni. Precocissimo e geniale, Michelangelo, solo dieci anni dopo, era in grado di produrre capolavori della storia dell'arte mondiale. Opere con una forza inventiva senza precedenti, e con una naturalezza disarmata.
«Caravaggio - scrive ancora Sgarbi - iniziò subito a parlare una lingua nuova, come se nulla fosse stato prima di lui, senza necessità di citare altri artisti, con una libertà anche iconografica che nessuno si era mai consentito prima».
A Roma tra risse e grandi capolavori
A Roma, si diceva, ci fu la svolta capitale. Subentrò al Cavalier D'Arpino nella decorazione della Cappella dei Francesi e dimostrò subito la sua nuova visione del mondo: egli disprezzava tutto ciò che non era stato fatto dal vivo. Ma c'è anche da dire che a Roma ebbe vita assai avventurosa, produsse opere di grande impegno ma fu coinvolto in risse, querele, litigi, ripetuti arresti. Il suo temperamento e il suo modo di vivere gli procurarono denunce, fino all'episodio più eclatante avvenuto nel 1606 quando Michelangelo Merisi ammazzò Ranuccio Tommasoni da Terni e, ferito a sua volta, fuggì.
Se ne andò a Napoli per riparare e, nel 1607, cercò tregua a Malta. Anche lì, però, si trovò al centro di una rissa e fuggì in Sicilia. Insomma, ebbe una vita senza pace, che si concluse il 18 luglio del 1610 a Porto Ercole.
Non ebbe una bottega, non ebbe una scuola, ma il caravaggismo fu un sacro fuoco che pervase l'Europa. Nessuno poté far a meno di imitarlo, suo malgrado.
I caravaggeschi in mostra a Milano
A Palazzo Reale ci sono, infatti, tante opere che lo dimostrano; ci sono quadri di Orazio e Artemisia Gentileschi, di Orazio Borgianni, di Stanzio da Varallo, di Bartolomeo Manfredi e sono presenti anche molti pittori stranieri: Jusepe de Ribera, i francesi più noti come Valentin de Boulogne e Simon Vouet, quelli fiamminghi guidati da Gerrit van Honthorst, che fu soprannominato «Gherardo delle Notti» per i suoi notturni dalle luminosità soffuse. Straordinari i suoi soggetti sacri come pure il Concerto notturno di Dublino.
Da questi quadri il Seicento emerge carico di pathos, di passioni, di drammi. Bisogna rammentare che quelli furono anni di accese contrapposizioni, di lotte religiose, di processi: a Roma, Beatrice Cenci fu decapitata nel 1599, nel 1600 Giordano Bruno, il filosofo nolano, fu arso al rogo.
Tanta violenza e drammaticità esce particolarmente in alcuni soggetti prediletti dai pittori, come per esempio Giuditta e Oloferne. Il Caravaggio rappresentò Giuditta, giovane vedova ebraica, nell'atto di tagliare la gola al generale assiro Oloferne, con il sangue che fiotta fuori, in un quadro che è anche una composizione teatrale straordinaria.
La dipinse Artemisia Gentileschi (Giuditta taglia la testa ad Oloferne, Firenze, Galleria degli Uffizi), assolutamente caravaggesca anche lei, ponendo il generale con lo sguardo drammaticamente rivolto verso lo spettatore. E anche lei è teatrale e potentissima, forse forte anche del fatto che questa eroina della pittura nel quadro mette tutta la sua rabbia, avendo subito uno stupro da parte dell'amico del padre, Agostino Tassi. Dipinsero lo stesso soggetto Carlo Saraceni, (bellissimo il suo Giuditta con la testa di Oloferne ), e anche Giuditta e Oloferne attribuito a Louis Finson di Bruges è talmente caravaggesco da sembrare una copia. Lo stesso discorso si potrebbe fare per il San Gerolamo , quadro celeberrimo di Caravaggio e soggetto ripreso da Jusepe de Ribera, da Nicolas Tournier, da Bartolomeo Cavarozzi.
Ultimo epigono di Caravaggio è il calabrese Mattia Preti, che ci regala a Milano delle sale di autentica suggestione. Egli dipinse con uguale magia osterie, ritrovi, cene e soggetti religiosi. Bellissimo il suo La chiamata di Matteo, straordinaria La Visitazione, perfetta la sua Giuditta . Qui il modello caravaggesco è assimilato, ma distante.
L'interpretazione della cultura caravaggesca in chiave barocca è compiuta.