In piazza San Giovanni il 12 maggio
Sulla giornata nazionale a sostegno della famiglia – così com’essa è intesa dalla nostra Costituzione – proposta dalle associazioni cattoliche e dai nuovi movimenti ecclesiali per il 12 maggio a tutti gli italiani, si sono scritte molte cose, non sempre rispettando il significato profondo di questa iniziativa. A volte ho avuto l’impressione che si volessero confondere le idee attribuendo al manifesto di convocazione «PiùFamiglia» obiettivi che non contiene. Comunque, anche se il tentativo di sminuire la portata sociale di questo evento è in pieno corso, non ci dobbiamo turbare. Facile intravedere in tutto ciò una latente preoccupazione politica che oggi non ha ragione di esistere, perché semmai la politica dovrebbe attrezzarsi per dare risposte concrete alle esigenze e ai valori che si manifestano, anche attraverso la piazza.
Ecco alcuni travisamenti tra i più diffusi: si è cercato di presentare «PiùFamiglia» come un atto di divisione tra la comunità ecclesiale e il Paese, evocando una sorta di scontro tra laici e cattolici; si è voluto anche interpretarla come iniziativa politica contro il governo, oppure come manifestazione omofobica. A ciò si è aggiunta l’accusa di essere arrivati con troppo ritardo ad affrontare i problemi della famiglia, che sarebbero ormai ingovernabili. Ma di travisamenti, appunto, e solo di questo si tratta.
Non è da oggi che una larga parte degli italiani, cattolici e laici, si chiede in maniera preoccupata dove sta andando la nostra società e quale può essere l’esito umano della frammentazione, della liquidità, dell’incertezza e dell’affermarsi di un forte individualismo libertario. Molti paventano una deriva nichilista ed edonistica concentrata su una sorta di carpe diem, un moderno cogliere l’attimo che elude il futuro e le responsabilità ad esso legate per concentrarsi solo sul presente e afferrare occasioni, opportunità e scampoli di libertà da fruire e consumare oggi. Da parte nostra, non accettiamo di lasciarci collocare dentro una prospettiva così negativa, tutta schiacciata sul presente, perché avvertiamo che all’interno della nostra società permangono ancora forti riferimenti di valore, che esiste un ethos popolare che costruisce guardando al futuro e non si rassegna all’ideologia del presentismo e del «mordi e fuggi». Quello che si vuole, alla fine, è dare voce a queste aspirazioni e riaffermare tutta l’importanza e la necessità di una speranza civile forte e collettiva, serena e popolare.
Partiamo dalla famiglia perché vogliamo una società che sia fondata su un nuovo personalismo sociale. Ci interroghiamo con preoccupazione sull’indebolimento dell’istituto famigliare così come previsto dalla nostra Costituzione. Svuotato dall’interno, ci chiediamo, potrà ancora garantire quegli elementi di coesione e di crescita umana di cui oggi la nostra società ha enorme bisogno sia per il presente sia per potersi proiettare nel futuro? Avvertiamo le enormi difficoltà di molte famiglie, soprattutto quelle dei ceti popolari che faticano a far quadrare il bilancio mensile: molte sono in difficoltà nel sostenere la responsabilità della procreazione ma anche della crescita e dell’educazione dei figli, e dispongono di risorse limitate – a diversi livelli – per assistere e accompagnare adeguatamente la relazione parentale intergenerazionale. Ci preoccupa il crescente declino demografico e le conseguenze che esso comporta dal punto di vista sia umano che economico: quella che ci attende è una società di anziani e di vecchi. A dette questioni vogliamo tentare di trovare risposta, chiamando a raccolta tutte le forze politiche, sociali ed economiche per un impegno cooperativo e fattivo più stringente. Quelli indicati sono i temi e i problemi che il convenire a Roma il 12 maggio metterà in piazza. Vogliamo che sia una piazza di proposta, di discussione, di amicizia, non di lotta o di opposizione.