Rimettere a fuoco la laicità. Un’anomalia tutta italiana
Giustamente è stato da più parti sottolineato, a proposito della mancata visita di Benedetto XVI alla Sapienza, che esistono sulla scena contemporanea due modi assai diversi di intendere la laicità. C’è una laicità secondo la quale non solo in una democrazia come tale la religione deve essere esclusa da qualunque spazio pubblico (a cominciare, si insiste, da quello politico-legislativo), ma che addirittura giudica alcuni orientamenti culturali e ideali – e innanzitutto quelli di tipo religioso – in sostanza incompatibili vuoi con la società democratica e con il suo ethos, vuoi più in generale con una qualunque moderna visione del mondo. È la laicità antireligiosa e scientista, incline all’intolleranza. Ce n’è un’altra, invece, quella liberale, che accetta, e anzi auspica, la presenza della voce delle religioni nella vita sociale e istituzionale, purché su un piede di parità tra di loro, e naturalmente senza pregiudizio nei confronti di chi non crede.
La contesa tra le due laicità non si svolge però ad armi pari. La laicità antireligiosa e scientista, infatti, ha il vantaggio di sapersi presentare avvolta nell’abito – sempre seducentissimo per il mondo della cultura e in particolare per i media – della difesa della libertà di pensiero, della scelta individuale dello stile di vita, insomma, agli occhi di tanti, dell’«anticonformismo». Accusando l’altra di essere bacchettona e convenzionale. Ma è proprio così? Il dubbio s’insinua non appena si pensa alla seconda importante pretesa di quella laicità, intrecciata a quella dell’anticonformismo, e cioè la pretesa di essere «moderna». Davvero, insomma, si può essere moderni e nello stesso tempo anticonformisti? C’è da dubitarne. Per la semplice ragione che oggi è precisamente la modernità – si pensi alla scienza o alla morale sessuale – ciò che dappertutto va per la maggiore, che afferma i suoi gusti e le sue regole. È dunque la modernità che incarna la dimensione maggioritaria. Stare dalla sua parte e pretendere insieme di stare dalla parte dell’anticonformismo, pensare e agire come i più e credersi contemporaneamente all’avanguardia, come fanno i sacerdoti del «libero pensiero», mi sembra davvero un po’ troppo.