Karol Wojtyla e la bussola del «Vaticano» II
Il 1978 è l’anno dei tre papi. Il 6 agosto Paolo VI si spegne e gli succede un altro italiano, Albino Luciani che prende il nome di Giovanni Paolo I. Il suo pontificato sarà uno dei più brevi della storia, solo 33 giorni, un battito d’ali se confrontato con i ventisei anni, i cinque mesi e 17 giorni di Karol Wojtyla, un lungo percorso che l’ha reso compagno di viaggio di gran parte degli uomini del nostro tempo. Per molti giovani è stato a lungo il primo e l’unico Papa, praticamente «il» Papa. Si calcola che abbia incontrato almeno 300 milioni di persone, più di 17 nelle udienze in Vaticano e i restanti nei suoi innumerevoli viaggi: 146 in Italia e 104 internazionali, che lo hanno portato a trascorrere il 5,71 per cento del suo pontificato fuori dai confini del Vaticano e della nostra Nazione.
Quando viene eletto, il 16 ottobre 1978, all’età di 58 anni, è il primo Papa non italiano dopo 455 anni, e ha inizio quella grande storia che, almeno in parte, tutti conosciamo, e che i media hanno seguito costantemente con un crescendo di attenzione, di stupore e – nella lunga fase della malattia – di ammirazione. Wojtyla è un Papa venuto da lontano e che ha portato la Chiesa lontano, a confrontarsi con il mondo senza però confondersi con esso, a rinnovarsi nello spirito del Vangelo e seguendo la via maestra del Concilio Vaticano II che egli ha sempre considerato la «bussola» sicura da seguire. E proprio sul rapporto a intreccio tra il Concilio e la figura di Giovanni Paolo II si svolgerà a Roma, presso la Pontificia Facoltà Teologica S. Bonaventura-Seraphicum, dal 28 al 30 ottobre, un Convegno internazionale di alto livello. I cardinali Bertone, Dziwisz, Levada, Caffarra, Ruini, Rylko, p. Marco Tasca, Ministro Generale dell’Ordine dei frati minori conventuali, sono solo alcuni tra gli illustri presenti che si succederanno nell’intensa tre giorni. Abbiamo chiesto a padre Zdzislaw Jósef Kijas, preside della Facoltà e docente di ecclesiologia ed ecumenismo, di introdurci allo spirito dell’evento.
P. Kijas. Il tema del Convegno non è, strettamente parlando, il pontificato di Giovanni Paolo II, quanto piuttosto l’ingente patrimonio teologico, soprattutto ecclesiale e antropologico, che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha elaborato e lasciato in eredità da attuare. Indubbiamente Giovanni Paolo II ha dato il suo consistente contributo all’elaborazione di più di un documento conciliare e poi all’attuazione del Concilio stesso. Ma, soprattutto, possiamo dire che il leit motiv di tutto il suo pontificato è stato proprio il Concilio e le sue acquisizioni, che Karol Wojtyla, in qualità di Papa, ha riconosciuto come particolarmente adatte al nostro tempo.
I tre giorni del Convegno sono così scanditi: Cristo-Chiesa-Uomo. Come si è giunti alla scelta di questo percorso?
Guardando ai contenuti del Concilio, come a quelli del magistero di Giovanni Paolo II, riconosciamo proprio questi capisaldi. In primo luogo Cristo, fonte e origine di ogni cosa: in Lui tutto e tutti sono stati creati e trovano il loro senso. Ciò è quanto chiarisce la Gaudium et Spes, ma anche la Dei Verbum, per esempio. Ciò è anche al centro della prima enciclica di Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, e ritorna sempre come il primo punto di riferimento.
Cristo non esiste senza il Suo Corpo, la Chiesa. La Costituzione dogmatica Lumen Gentium è tutta ecclesiologica e introduce alcune categorie antiche e sempre nuove: la Chiesa come Popolo di Dio, Mistero di Comunione, Sposa guidata dallo Spirito, Chiesa mariana. Giovanni Paolo II, a cui la Chiesa dell’ultima parte del XX e degli inizi del XXI secolo è stata affidata, ha guardato con convinzione proprio al Concilio per condurla secondo lo Spirito che in esso ha parlato in modo del tutto particolare. Ancora cardinale di Cracovia, aiutò quella Chiesa locale a prendere coscienza di essere il Popolo che appartiene all’unico Signore promuovendo sinodi diocesani e regionali. Da Pontefice, poi, puntò molto sulla collegialità tra vescovi e nella Chiesa in genere. La sua stessa «passione ecumenica» e ricerca di dialogo con tutti trova l’ultima spiegazione proprio nella comprensione della Chiesa come l’unico corpo di Cristo che tutti vuole abbracciare.
Ed ecco il terzo aspetto su cui il Convegno intende soffermarsi: l’Uomo. Guardando all’Uomo per eccellenza, Cristo, non si può fare a meno di fissare l’attenzione del cuore e della mente su ogni uomo e donna. Giovanni Paolo II ha frequentemente ricordato che la Chiesa deve occuparsi dell’uomo nella sua interezza: anima, corpo, psiche, desideri, paure, gioie e dolori. Basti pensare al Giubileo del 2000 e a come il Pontefice volle incontrare tutte, assolutamente tutte le categorie di persone. Così, al suo funerale c’erano tutti: credenti e non credenti, rappresentanti di altre religioni, uomini politici, gente semplice. Benedetto XVI porta avanti questa stessa linea con il suo proprio stile. Anche lui ha ricordato diverse volte che la Chiesa ha a cuore le sorti di ogni uomo e donna e si impegna per la loro felicità.
Ogni cosa trova le sue radici nel Vangelo in cui Cristo, Dio fatto Uomo, si presenta come innamorato di ogni persona che incontra e di tutti, e per tutti dona la vita fino all’ultimo respiro. Il Concilio ha ripreso con forza questa verità, arrivando a dire che l’uomo è al centro dell’attenzione di Dio: tutto è per lui/lei, persino la vita del Figlio unigenito tanto amato. Ciò è chiaro nella Gaudium et Spes, come in numerosi altri documenti conciliari.
Da queste constatazioni sono emersi i tre temi su cui il Convegno sosterà da diverse angolature.
A conclusione del grande Giubileo dell’anno 2000 il Vaticano II è stato additato dal Papa polacco come «la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel XX secolo, una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre». Si può dire che nel suo lungo pontificato Karol Wojtyla è stato «Papa del Concilio»?
Si può dire che Giovanni Paolo II è stato il Papa dello Spirito Santo e che proprio per questo, dando attenzione a ciò che lo Spirito diceva alla Chiesa da lui guidata per più di un quarto di secolo, ha portato avanti – quasi nominandola in ogni sua enciclica – l’eredità straordinaria del Concilio.
Nel 1998 l’allora cardinale Ratzinger scriveva: «Papa da vent’anni è senz’altro colui che, ai nostri giorni, si è incontrato personalmente con il maggior numero di uomini nel mondo». Che dire dei molti viaggi di Giovanni Paolo II?
Una cosa affascinante nell’esistenza di Karol Wojtyła è stata la sua passione per la persona umana. Siamo di fronte a un grande innamorato di Dio, che si è lasciato prendere dalla passione di Dio stesso per gli uomini del suo tempo. Solo così si spiega la capacità di questo Pontefice di dialogare con tutti, riuscendo a farsi comprendere da tutti, pur senza abdicare mai alla verità. Solo così si comprende lo slancio con cui si è fatto cittadino del mondo, viaggiando in ogni dove, instancabilmente. Si può dire di questo Papa che fosse bruciato da due passioni strettamente connesse, come due facce della medesima medaglia: quella di portare, nella sua persona, Cristo a tutti, affinché tutti potessero essere raggiunti dalla Sua carità; e quella di andare a incontrare Cristo in tutti e dappertutto, a ogni latitudine e in ogni condizione di vita. Credo sia qui il significato dei numerosi viaggi di Giovanni Paolo II.
Un recente libro scritto dalla giornalista Elisabetta Lo Iacono (Se mi sbaglio mi corrigerete, Ocd 2008), tra l’altro con una sua introduzione, parla della «rivoluzione comunicativa di Giovanni Paolo II». In che senso?
Possiamo dire che quando si ama si trova sempre una via per dire ciò che ci sta a cuore. Giovanni Paolo II è stato un uomo che ha amato molto, che si è lasciato prendere dall’amore di Cristo e ha lasciato che esso animasse tutta la sua persona. La rivoluzione più grande che ha compiuto, credo si possa ravvisare – come sottolinea la Lo Iacono – nell’uso del suo corpo, della sua persona, del gesto, dello sguardo. Aiutato dal suo passato di attore, ha saputo dire l’amore di Cristo con tutto se stesso. E implicitamente ha ribadito un grande messaggio che appartiene al cuore della nostra fede, quanto cioè sia umanizzante il cristianesimo, quanto non ci sia nulla della nostra natura umana che il Signore Gesù non ami e voglia usare per il bene, al servizio della gioia vera.
«Nuova evangelizzazione» e «Terzo millennio» sono il contenuto e l’orizzonte dell’intero pontificato di Giovanni Paolo II. Che ne è della nuova evangelizzazione dopo i primi passi di questo XXI secolo?
Viviamo un’epoca per certi versi un po’ inquietante, descritta da molti come oscura, inconsistente, confusa. Tale confusione genera anche qualche posizione estrema che, forse, non fa che confondere ancora di più. Credo che il nostro terzo Millennio, tanto amato da Karol Wojtyla, abbia estremo bisogno del Vangelo, antico e sempre nuovo, annunciato soprattutto come Buona Notizia umanizzante. Il male più diffuso è forse la violazione della dignità umana, su molti piani. Credo ci sia da impegnarsi molto in tal senso, riportando ordine su dove risieda la radice di tale dignità e su come fare, conseguentemente, a ridare onore e gloria all’uomo vivente che, diceva sant’Ireneo, è la gloria di Dio. Il nostro Convegno vuole dare un piccolo contributo in tal senso, e ci auguriamo che ci riesca.
Un ricordo di Wojtyla uomo di profonda spiritualità ci viene restituito dalla testimonianza del suo segretario personale, don Stanislao Dziwisz, oggi cardinale e arcivescovo di Cracovia: «Non ha mai iniziato una celebrazione eucaristica senza che fosse preceduta dal silentium». Dunque innanzitutto il rapporto con Dio?
Come accennato, credo che si possa indubbiamente dire che la grandezza di questo Papa non è da ritrovare tanto nella ricchezza, pur eccezionale, della sua umanità, quanto nella profondità del suo rapporto con Dio. L’intimità con Lui che traspariva dai suoi momenti di preghiera, brevi o lunghi, ha insegnato a tutti noi cosa vada messo al primo posto: sempre e solo Dio. Solo con la Sua luce, poi, siamo in grado di riconoscere i reali bisogni dei nostri fratelli e sorelle e di soccorrerli nel modo giusto.
Il programma
Cristo - Chiesa – Uomo. Il Vaticano II nel pontificato di Giovanni Paolo II
28 ottobre
Significato dell’evento Presiede il card. T. Bertone
ore 9,00 Saluti iniziali: card. S. Dziwisz - padre M. Tasca ministro gen. ofmconv - G. Alemanno, sindaco di Roma - padre Z.J. Kijas ofmconv
Relazione: La chiesa nei confronti dei problemi del mondo contemporaneo: tra illuminismo e post-modernismo (R. Buttiglione)
Comunicazione: Il sinodo di Cracovia (mons. T. Pieronek)
Cristo e la dignità della persona Presiede il card. W.J. Levada
ore 15,00 Relazione: Origine e vocazione della persona umana (mons. I. Sanna)
Tavola rotonda (W. Giertych - G. Miranda - L. Tortorella)
Relazione: La famiglia come luogo di esperienza della comunione (card. C. Caffarra)
29 ottobre
La Chiesa in cammino Presiede il card. C. Ruini
ore 9,00 Relazione: La riforma liturgica e Giovanni Paolo II (M. Augé - mons. P. Marini)
Tavola rotonda (M. Cangiotti - G. Iammarrone - M. Borghesi)
Relazione: Redemptoris missio come quadro dottrinale dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo (mons. A. Amato)
Dio parla nella storia Presiede la signora Hanna Suchocka
ore 15,00 Relazione: La chiesa, la cultura e lo sviluppo integrale della persona: dal Concilio Ecumenico Vaticano II a Giovanni Paolo II (card. P. Poupard)
Giro d’orizzonte (A. Szostek - B. Posselt)
30 ottobre
Presiede il card. S. Rylko
ore 9,00 Relazione: Giovanni Paolo II e il nuovo umanesimo (G. Weigel)
Tavola rotonda (mons. S. Oder - M. Waldstein - I. Siviglia)
Conclusioni cura di Z.J. Kijas
Per iscrizioni e informazioni:
Segreteria Pontificia Facoltà Teologica «San Bonaventura»
Via del Serafico, 1 - 00142 Roma - tel. 06 5192007 - fax 06 5192067
e-mail: pax@seraphicum.org