Natale, festa dolce e familiare

Il Natale è il prototipo della festa cristiana: l’uomo può gioire perché Dio gli viene incontro e, affidabile compagno di viaggio, fa strada con lui.
24 Novembre 2008 | di

Natale è una festa cristiana, dolce e familiare. Innanzitutto una festa cristiana, perché le contraffazioni si vendono bene e mettono a rischio l’originale, o almeno lo offuscano. Non si tratta solo della logica mercantile nella quale si incagliano anche gli spiriti più avveduti e critici, ma ancor più di uno svuotamento, cioè di un approccio che vorrebbe appiattire il senso della festa alla sola percezione soggettiva: «io lo sento» «io non lo sento» diventano per molti giudizio assoluto di assenso oppure di rifiuto a lasciarsi coinvolgere nell’Evento. In fondo il metro soggettivo, lo stato d’animo del momento non ammettono repliche, per cui la festa non è più qualcosa che accade, che sorprende, che ci tira dentro un tempo «salvato» rigenerando la nostra umanità, ma diventa per molti una variabile dell’umore e delle circostanze. È il caro pedaggio che tutti paghiamo alla cosiddetta società «individualizzata», dove cioè il soggetto finisce per costruirsi una mappa della realtà sulla base di flussi emotivi e di percezioni a intermittenza, proprio come le luminarie natalizie.

Eppure il Natale è, se vogliamo, il prototipo della festa cristiana, del fatto che l’uomo può gioire perché Dio gli viene incontro e – affidabile compagno di viaggio – fa strada con lui. Non l’uomo che sale in cielo per raggiungere Dio, per innalzarsi alla sua misura ma, al contrario, Dio che scende, che colma la lontananza, che si fa intimo della nostra umanità. Con tutti i rischi del caso, perché in questo incontro la libertà dell’uomo non viene né anestetizzata né rimossa, semmai sfidata. Aprirsi alla novità inaudita, percepire nella gratuità della Presenza divina un invito a riorientare l’esistenza, rileggere la propria creaturalità nella prospettiva del dono, sono solo alcune delle possibilità che ci vengono offerte per riattivare il circuito fede-vita: perché la fede non si riduca a una proclamazione di princìpi religiosi generici e soprattutto ininfluenti, e perché, d’altra parte, la vita non ristagni in un orizzontalismo senza sussulti e senza fremiti. Nel Natale cielo e terra si incontrano e si intrecciano, il divino e l’umano si «annusano» e si offrono reciproca ospitalità, Dio si fa vicino e l’uomo si scopre meno solo, con un destino che lo supera. «Pace in terra agli uomini che Dio ama» è una proclamazione unilaterale di benevolenza e partigianeria: d’ora in avanti Dio è dalla nostra parte e per la comunità umana desidera pensieri e sentieri di pace, nel linguaggio biblico relazioni riuscite e prosperità.

Non voglio qui trascurare la dolcezza del Natale. Non si tratta di ridurre la festa cristiana più attesa dell’anno a trilli di campanelli, canzoncine melodiose e atmosfere infantili. Il fatto è che l’umanità di Dio che risalta in questo appuntamento, suscitando stupore, accende un clima interiore particolarissimo, direi unico. La commozione di san Francesco di fronte al presepio di Greccio – in assoluto il primo presepio della storia cristiana – è un indizio e una esemplificazione di come l’umiltà di Dio, il suo farsi piccolo, possano intenerire il cuore dell’uomo. La dolcezza del Natale non viene quindi a sproposito, non è un’aggiunta arbitraria per oliare la messinscena consumistica, ma appartiene alla natura della ricorrenza: la copertina raffigurante Antonio e il Bambino va in questa direzione.

E ora ci resta un’ultima considerazione, per rimettere al centro la famiglia – o la comunità – come protagonista del Natale. Dio, nella sua venuta in mezzo a noi, ci incontra certo singolarmente, ma anche e soprattutto nelle nostre relazioni, a partire dalle più vicine e significative. Natale non può essere dunque una festa solitaria: coinvolge gli affetti più cari e più belli. Auguri dunque a tutti voi, ad ognuno di voi, perché possiate vivere un Natale vero, dolce, condiviso.
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017