Da 150 anni al servizio dell’umanità
In uno dei suoi viaggi – stava raggiungendo l’imperatore francese Napoleone III (in quel momento impegnato in Italia sul fronte franco-piemontese contro gl austriaci) per un affare in Algeria – fu costretto ad assistere, in quel 24 giugno del 1859, alla terribile e sanguinosa battaglia di Solferino.
La sua vita fu sconvolta, come lui stesso raccontò poi nel libro Un ricordo di Solferino, scritto al suo ritorno in Svizzera: «Il sole del 25 (giugno) illuminò uno degli spettacoli più orrendi che si possano immaginare. Il campo di battaglia è coperto dappertutto di cadaveri; le strade, i fossati, i dirupi, le macchie, i prati sono disseminati di corpi senza vita». Straziante la vista dei feriti dell’una e dell’altra parte, che nessuno soccorre: «Malgrado le fatiche che hanno sopportato, malgrado le notti insonni, essi non riposano e, nella loro sventura, implorano il soccorso dei medici e si rotolano disperati nelle convulsioni che termineranno con il tetano e la morte…».
Di fronte a tanto orrore, Dunant organizzò di persona i primi soccorsi, grazie anche all’aiuto degli abitanti del luogo, ma, nonostante la buona volontà, le necessità rimanevano enormi. Tornato in patria, si dedicò anima e corpo a una nuova, stranissima, missione: rendere umana persino la guerra. Quindi, insieme a quattro amici, diede vita a un organismo capace di intervenire in condizioni di sicurezza e in modo adeguato e tempestivo nelle zone di guerra, portando cure e sollievo ai soldati di tutti gli eserciti. Dunant proponeva un principio davvero innovativo per il tempo: i feriti e i loro soccorritori dovevano essere considerati neutrali dalle parti belligeranti. Occorreva per questo un trattato internazionale. Nella sua visione la Croce Rossa avrebbe dovuto «placare tutte le sofferenze umane senza distinzione di nazionalità, di razza, di religione, di condizione sociale o di appartenenza politica». L’intuizione – che gli valse, nel 1901, il primo Premio Nobel per la Pace che la storia ricordi –, fu accolta con grande favore dalla comunità internazionale. Nel 1863 nacque il Comitato internazionale per il soccorso ai feriti di guerra, che nello stesso anno sarebbe diventato il Comitato internazionale della Croce Rossa. Il simbolo scelto si richiamava alla Svizzera, patria di Dunant, ma con i colori invertiti. La croce rossa in campo bianco divenne presto simbolo di neutralità e di protezione sia per le persone soccorse che per i soccorritori.
L’anno seguente dodici nazioni firmarono la prima Convenzione di Ginevra, fondamento etico e ideale dell’attività della Croce Rossa.
I sette principi, tutt’ora cardine dell’organizzazione – umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontariato, unità e universalità – già presenti agli albori trovarono un’investitura formale nel 1965, nel corso della ventesima conferenza internazionale.
Con l’istituzione della Croce Rossa non nacque quindi solo una grande organizzazione umanitaria internazionale ma una parte fondamentale del Diritto internazionale umanitario. Per la prima volta il mondo s’interrogava e prendeva decisioni sul trattamento dei feriti e dei prigionieri di guerra, tutelando il più possibile la dignità umana anche in caso di conflitti. Un’universalità percepita fin dalla prima ora in ogni Paese e in ogni cultura tanto che, nel 1876, durante la guerra turco-russa, l’impero ottomano fondò la sorella araba della Croce Rossa, la Mezzaluna Rossa, in omaggio alla religione islamica.
I due conflitti mondiali del Novecento e il sempre più elevato numero di vittime tra i civili portò la Croce Rossa a estendere progressivamente il suo aiuto e la sua protezione non solo ai feriti e ai prigionieri ma a tutte le popolazioni afflitte dalla guerra, spianando la strada al suo assetto attuale. Oggi la Croce Rossa è un’organizzazione globale, presente ovunque ci siano dolore e sofferenza causati da guerre o da calamità di vario tipo.
Il Comitato internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa continuano ad avere il loro quartier generale a Ginevra. Le 186 società nazionali, dislocate nei diversi Paesi, lavorano in autonomia con il loro staff professionale e i loro volontari, facendo fronte a bisogni locali, in accordo con lo statuto e le leggi nazionali. Tuttavia, in caso di conflitti, le redini passano al Comitato internazionale, in collaborazione con le società nazionali. C’è poi un terzo organismo intermedio – la Federazione internazionale delle società nazionali – che ha funzione di raccordo tra le società nazionali. Insieme queste tre istituzioni formano il Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa.
Vastissimo è ormai il campo d’intervento.
Croce Rossa e Mezzaluna Rossa sono attualmente presenti in 80 Paesi in guerra. L’operazione umanitaria più vasta è in corso in Sudan. Seguono quelle in Iraq e Afghanistan. Più di 1400 persone del Comitato internazionale sono in missione, affiancate da 11 mila operatori locali. A Ginevra ben 800 persone coordinano le operazioni. Le aree di intervento sono le più svariate: dalla protezione dei civili, dei detenuti e dei prigionieri di guerra all’assistenza materiale delle vittime, dei rifugiati, dei feriti e dei militari, dalla verifica dell’applicazione del diritto internazionale all’impegno a ricostruire i legami familiari. Un aiuto a 360 gradi che si concretizza nella difesa dei diritti umani fondamentali, nell’assistenza sanitaria, nell’accesso all’acqua e al cibo e nei progetti per ricreare l’autosufficienza economica delle famiglie colpite.
La Croce Rossa, nonostante si avvalga di personale stipendiato, è fondamentalmente un’associazione di volontariato, diffusa capillarmente in tutto il mondo, capace di agire in modo sempre più professionale e organizzato anche in caso di altre tragedie umanitarie: è accaduto così per le emergenze alimentari nel mondo o per le grandi calamità naturali. Un aiuto concreto che raggiunge più di 200 milioni di persone ogni anno nei cinque continenti.
Intervista. I giovani, la nostra forza
Impegni e prospettive della Croce Rossa italiana. A colloquio con Francesco Rocca, commissario straordinario.
Mille sedi, 150 mila volontari, 2300 dipendenti: la Croce Rossa italiana è un ente di diritto pubblico, posto sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica. A spiegare compiti e obiettivi è Francesco Rocca, commissario straordinario della Croce Rossa italiana.
Msa. Quanti e quali sono attualmente i più importanti progetti umanitari della Croce Rossa italiana?
Rocca. In Italia la nostra priorità è il terremoto in Abruzzo. Dal 6 aprile scorso abbiamo impiegato nell’area colpita più di cinquemila persone che hanno dato uno straordinario esempio di generosità. A tutt’oggi siamo nei territori colpiti con nove campi attendati e produciamo decine di migliaia di pasti al giorno. La cifra raccolta con le donazioni è la più grande mai totalizzata dalla Croce Rossa italiana: più di 6 milioni di euro, che saranno utilizzati per la ricostruzione, in accordo con le istituzioni e con la Protezione Civile.
All’estero invece i due fronti più importanti sono la crisi alimentare nel Corno d’Africa e i nostri centri psicosociali per i bambini vittime di violenza nei territori palestinesi.
Come è attrezzata, dal punto di vista delle strutture e dei mezzi, la Croce Rossa per rispondere alle tante emergenze del nostro Paese e del nostro pianeta?
Nel momento in cui si verifica un evento calamitoso o si apre uno scenario bellico, la Croce Rossa interviene immediatamente attuando, a seconda dei casi, il protocollo di emergenza necessario. Entro dodici ore viene pianificata la strategia di intervento. Nel caso del terremoto a L’Aquila, a solo tre ore dal sisma la Croce Rossa italiana aveva provveduto al montaggio e all’allestimento di tre presidi medici avanzati (Pma). Si tratta di strutture ospedaliere campali provviste di unità di primo soccorso. Anche in Georgia, ad esempio, siamo stati i primi ad arrivare in aiuto dei profughi, ai quali abbiamo fornito, tra l’altro, diecimila pasti al giorno. Da quest’ anno anche la Croce Rossa italiana è entrata a far parte del sistema Eru (Emergency response unit – Unità di risposta alle emergenze) della Federazione internazionale. Queste unità operative sono in grado di portare immediato soccorso alle popolazioni colpite da catastrofi naturali: prima assistenza sanitaria, logistica, potabilizzazione dell’acqua e sicurezza igienica, ospedale da campo, telecomunicazioni e informatica, relief (soccorso) e campo base.
In che modo i giovani vengono attratti dalle vostre iniziative?
C’è, nei giovani italiani, un grande potenziale di solidarietà. Va solo stimolato nella maniera giusta affinché diventi una forza trainante della nostra organizzazione. Uno dei mezzi per entrare in comunicazione con loro è usare i social network: io stesso utilizzo Facebook. Per esempio «Youth On The Move», il grande incontro dei giovani di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa di tutto il mondo, organizzato per la celebrazione dei 150 anni, ha avuto una risposta straordinaria. L’idea di mettere insieme migliaia di ragazzi intorno al grande progetto di Henry Dunant ha pagato: la cultura del dono, alla base delle nostre attività, ha ancora una forte attrazione.
La Croce Rossa italiana svolge una moltitudine di attività poco conosciute. Ce ne può parlare?
Una è il supporto psicologico che alcuni gruppi di volontari offrono ai malati in ospedale, specie se bambini. Altre attività meno note sono i soccorsi speciali come il salvataggio in acqua, il soccorso su pista da sci e su terreno innevato, il soccorso con mezzi e tecniche speciali e il soccorso con supporto cinofilo. Il personale in questi casi è altamente specializzato. Quando la situazione lo richiede, intervengono anche figure particolari come gli speleo-sub o gli elisoccorritori.
Tante anche le attività in ambito sanitario. Quali le più innovative?
Tra tutte, la pet therapy o terapia riabilitativa attraverso gli animali domestici e l’ippoterapia (o riabilitazione equestre). Terapie utili, in particolare per i bambini e i disabili.
Che cosa si augura per il futuro della Croce Rossa in occasione di questo centocinquantesimo?
Che sempre più persone vi aderiscano per aiutarci a essere a fianco dei più vulnerabili: dei bambini che subiscono gli orrori della guerra, degli anziani che non hanno più l’affetto dei loro cari, dei malati. Mi auguro che tutto questo continui per i prossimi 150 anni e oltre.