Rispettando lo sguardo dell'altro

Se la Sindone è davvero il Lenzuolo che non solo ha accolto Gesù morto ma ce lo ha restituito vivente, questo può suggerirlo soltanto lo sguardo della fede.
22 Aprile 2010 | di

Da quasi tre settimane la Sindone è esposta alla venerazione dei fedeli. Si tratta della prima ostensione pubblica del nuovo millennio e il 23 maggio, giorno conclusivo dell’evento, si potrebbero superare i due milioni di pellegrini. Il tutto per un Telo di lino di circa 4 metri e mezzo per 113 centimetri con alle spalle una storia a dir poco avventurosa, punteggiata da enigmi e strane coincidenze. Il sacro Lenzuolo, infatti, entra nelle registrazioni della storia (oggi si parlerebbe di tracciabilità) nella metà del 1300 e diventa col tempo «reliquia dinastica» del Casato in ascesa dei Savoia. Nel 1578 dalla Francia arriva a Torino, e da allora il suo destino sarà vincolato a questa città. Nel 1898, quasi per caso, la Sindone entra nel campo dell’indagine scientifica: viene fotografata da Secondo Pia, che svela il singolare comportamento di negativo fotografico dell’impronta. Da allora l’immagine, soprattutto il volto dell’Uomo della Sindone, si diffonde, provocando reazioni sia entusiastiche che polemiche. Lo scontro tra chi sostiene lo statuto di autentica reliquia del sacro Telo e chi invece ne nega il collegamento diretto con Gesù, raggiunge il suo culmine nel 1988, quando viene prelevato dalla Sindone un campione di tessuto sottoposto alla datazione con il metodo del radiocarbonio, il cosiddetto C14. I tre laboratori incaricati dell’indagine assegnano al tessuto una data tra il 1260 e il 1390.

Dunque un falso di epoca medievale? Le caratteristiche storiche e chimico-fisiche della Sindone ci dicono che il Telo ha subito nei secoli pesanti contaminazioni. La datazione medievale, inoltre, contrasta con altri campi di ricerca (quella sui pollini presenti sul lino, ad esempio), ed è dimostrata l’impossibilità per un artista di quei secoli di realizzare tale immagine. Si tenga conto, inoltre, che non si tratta di un dipinto, non essendovi presenza né di coloranti né di pigmenti.Ma veniamo al nodo centrale: in base a che cosa la Sindone può essere dichiarata vera o falsa? Per il fatto di avere o no custodito il corpo di Gesù nel tempo tra la sua deposizione dalla croce e la risurrezione? Non è questo il punto, almeno in prima battuta. Semmai risulta determinante, e qui le convergenze sono incontestabili, che il sacro Lenzuolo sia servito ad accogliere – per un tempo superiore a 24 ore e per non più di 48: solo così le impronte di sangue venoso e arterioso come post-mortem sul telo sono giustificabili – il corpo martoriato di un uomo crocifisso secondo lo spietato rituale romano. Nella sua meticolosa rendicontazione, il film di Mel Gibson La passione di Cristo, iperrealistico fino a essere truculento, non è andato lontano dal vero.


Il legame tra la Sindone e la passione subìta attraverso il supplizio della croce è evidente: l’Uomo della Sindone è stato brutalmente pestato, coronato di spine, frustato a sangue, angariato, costretto a portare sulle spalle il patibulum (il braccio corto della
croce) fino al luogo dell’esecuzione, e infine inchiodato alla croce stessa. Il corpo esanime,
infine, è stato colpito al costato da una lancia. Come può un cristiano rimanere insensibile di fronte a questa voragine di dolore e alle molte, troppe coincidenze con i racconti evangelici? Se poi la Sindone è davvero il Lenzuolo che non solo ha accolto Gesù morto ma ce lo ha restituito vivente, questo può suggerirlo soltanto lo sguardo della fede. D’altra parte, anche lo sguardo del non credente che si fissa sulla Sindone non ha bisogno di sconfessare quell’immagine di abissale dolore. Vi può leggere la sofferenza muta di un volto maestoso che inquieta e affascina, che fa pensare alla fragilità di noi tutti, al male che colpisce senza senso. La scienza faccia il suo corso, il credente si irrobustisca misurandosi col mistero, il non credente accolga il dato certo di un dolore spropositato degli uomini sull’Uomo, ognuno rispettando lo sguardo dell’altro.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017