Malta, dove il Santo si chiama «Antonino»
La buona novella in maltese
«Le iniziative del Cak – racconta padre Paul, animatore del Centro – nascono tutte da una domanda preliminare che ci facciamo di volta in volta: cosa manca nell’isola? L’idea è di proporre sempre qualcosa di originale, senza creare doppioni». Un esempio significativo è il foglietto per seguire la santa messa della domenica. In Italia è abituale trovarlo nei banchi delle chiese: a Malta lo è diventato solo da quando il Cak lo ha lanciato, nel 1999, in lingua maltese. «Ora ne diffondiamo settimanalmente 23 mila copie» precisa padre Dalmanin.
L’idioma ufficiale del piccolo Stato, insieme all’inglese, è il maltese, che ricorda da vicino l’arabo: Dio, ad esempio, si traduce Alla. Ma la terza lingua, conosciuta da quasi tutti è proprio l’italiano, sia per la contiguità con la Sicilia, sia per un’altra ragione, meno «storica»: a Malta si vedono i canali Rai e Mediaset. Benedetta tv! A una così diffusa competenza linguistica della nostra parlata non corrispondeva però un’analoga attenzione da parte del mercato librario. «Con la rivendita “Emmaus” che abbiamo inaugurato nel 2009 – prosegue il giovane frate maltese – anche a Malta c’è la possibilità di trovare i titoli cristiani in italiano». E non solo: il moderno punto vendita, aperto con la collaborazione del «Messaggero» di Padova, propone pure molti altri prodotti religiosi.
La Valletta e i minori conventuali
Per capire meglio la devozione antoniana ci trasferiamo nel centro storico di La Valletta. Passiamo le ciclopiche mura difensive, ricordo indelebile di una Malta avamposto della cristianità contro i turchi, sotto la guida dei Cavalieri ospitalieri di san Giovanni, e incontriamo le persone che saranno per noi «cavalieri» alla ricerca delle tracce dell’amore per il Santo. Sono padre Arturo Giuseppe Saliba, esperto di storia locale, e padre Edmund Teuma, che è anche editor di «Il-Habbar ta’ Sant’Antnin», ovvero il responsabile dei testi della rivista. Ci accolgono al convento dei frati conventuali, costruito nel 1598 e poi rifatto agli inizi del 1700 quando era gran maestro dell’Ordine dei cavalieri Antonio Manoel de Vilhena, portoghese. Lo si sarà intuito dal nome e dalla provenienza: il gran maestro era un sincero devoto di Antonio. Lo dimostrò non solo finanziando la costruzione del convento, ma anche promuovendo la festa del 13 giugno ed erigendo una chiesa in onore del Santo al centro della fortezza dell’isolotto di Manoel. «Ma ci sono almeno sette chiese a Malta dedicate ad Antonio» spiega padre Arturo. Altrettanti sono i conventi dei frati conventuali, tre dei quali parrocchie. Oltre a La Valletta e Birkirkara, di rilevanza è la presenza a St Paul’s Bay: è nel territorio della parrocchia dei frati, infatti, la baia nella quale si dice sia approdato Paolo di Tarso. «Ma il primo insediamento dei frati – racconta padre Edmond – fu a Rabat intorno al 1350. E l’ospedale annesso fu il primo in tutta l’isola».
Dal convento passiamo alla chiesa, dedicata a san Francesco. In bella vista l’altare con la statua di Antonio, di scuola siciliana del 1600 sormontata da una pregevole tela raffigurante il Santo che resuscita un morto, opera di Mattia Preti, il calabrese successore del grande Caravaggio, che a Malta è di casa visto che lavorò ad alcune tele, due delle quali sono ancora conservate nella co-cattedrale di San Giovanni. Ma più che dalla magnificenza dell’altare del Preti siamo colpiti, proprio sullo stipite d’ingresso della chiesa dei francescani, da una piccola immagine smaltata con l’indicazione: «Hobz ta s. Antnin». Ci vuole poco per capire che si tratta del pane di sant’Antonio, versione maltese. Una carità che si esprime con l’aiuto economico, ma anche con il sostegno spirituale. «Infatti – commenta padre Edmond – i vescovi chiamano la nostra chiesa la “clinica spirituale” della città, a sottolineare che questo è un centro apprezzato soprattutto per le confessioni e la predicazione». Ritroviamo caratteristiche familiari: Antonio, Vangelo e Carità. Siamo come a casa, qui a Malta.
Zoom. Il Papa a Malta
Ha festeggiato l’ottantatreesimo compleanno il 16 aprile e il quinto anniversario dall’elezione il 19: tra queste due date così significative Benedetto XVI ha inserito il viaggio a Malta, sulle orme dell’Apostolo delle genti. I media internazionali hanno presentato l’evento focalizzandosi sullo scandalo pedofilia, e certo le lacrime del Santo Padre nell’incontro privato con otto vittime di abusi restano una delle immagini più toccanti della due giorni maltese. Ma la visita apostolica è stata anche molto altro, a cominciare dalla preghiera nella grotta di Rabat, dove san Paolo abitò nei tre mesi di permanenza sull’isola. «Oggi lo stesso Vangelo che Paolo predicò – ha affermato Benedetto XVI – continua a esortare il popolo di queste isole alla conversione, ad una nuova vita e ad un futuro di speranza. (…) Vi invito ad ascoltare la parola di Dio con animo nuovo, come fecero i vostri antenati, e di lasciare che essa sfidi i vostri modi di pensare». Domenica 18, al mattino, il Papa è stato accolto da 40 mila persone e da 800 concelebranti a Floriana, per la Santa messa. Riferendosi al naufragio di Paolo e Luca, Benedetto XVI ha commentato: «Paolo li esortò (i marinai, ndr) a porre la loro fiducia solo in Dio, mentre la barca era scossa dalle onde. Anche noi dobbiamo porre la nostra fiducia in lui solo. Si è tentati di pensare che l’odierna tecnologia avanzata possa rispondere ad ogni nostro desiderio e salvarci dai pericoli che ci assalgono. Ma non è così». Nel pomeriggio infine l’incontro con i giovani, ai quali ha detto: «La cultura odierna, come ogni cultura, promuove idee e valori che sono talvolta in contrasto con quelle vissute e predicate da nostro Signore Gesù Cristo. Spesso sono presentate con un grande potere persuasivo, rinforzato dai media e dalla pressione sociale di gruppi ostili alla fede cristiana. (…) Ecco perché dico a voi: non abbiate paura, ma rallegratevi del suo amore per voi». Una parola che non vale solo per i giovani maltesi...