Amore non è amore se…

Esiste ancora l’amore? È così differente rispetto a quello di un tempo? Ed è proprio vero che i giovani non ci credono più, presi come sono da modelli televisivi improntati al mordi e fuggi?
27 Dicembre 2010 | di

L’amore, quello vero, esiste: io l’ho incontrato.
Mentre lo scrivo vedo già le vostre facce, quelle dei più vecchi (la mia generazione, per intenderci). Facce perplesse, anche scandalizzate: ma quale amore? Oggi le parole sposo e sposa non si usano più; più facile parlare di compagno o di compagna. Il matrimonio è un bene in via di estinzione, sostituito dalle convivenze o, più sbrigativamente, dalle «storie». Di famiglia si parla ancora, ma mi sembra un puzzle con i pezzi intercambiabili!
Leggo sui quotidiani le dichiarazioni di intellettuali famosi: l’amore è un diritto – dicono – e come tale deve essere garantito a tutti. Riguarda la sfera privata, e inviolabile, dell’individuo: ognuno lo vive come vuole, con chi vuole, finché vuole. È ora di farla finita con un’idea di famiglia ormai decotta, non più al passo con i tempi, la nostra legislazione si aggiorni: non possiamo essere il fanalino di coda d’Europa.

Ne sento parlare i giovani: i toni spavaldi e il linguaggio disinibito non riescono a nascondere la confusione (i loro punti di riferimento? le vicende degli eroi televisivi o il Grande Fratello). Gli occhi spesso già disincantati conservano però, a dispetto del cinismo o dell’indifferenza di noi adulti, un fondo di speranza, limpida, che non si rassegna a morire. Pretendono, anche senza dirlo magari neppure a se stessi, che l’amore sia una cosa seria, totale, per sempre.
«Amore non è amore se viene meno quando l’altro si allontana». Parole sospette che puzzano di candele? In realtà appartengono ai Sonetti di Shakespeare, uno dei più grandi conoscitori dell’umano di tutti i tempi, uno che ne ha scandagliato tutte le pieghe, anche quelle più oscure e nascoste. La fedeltà non è un accessorio opzionale dell’amore, che può esserci ma anche non esserci. Non è un accidente, direbbero i filosofi scolastici, ma appartiene alla sostanza dell’amore. Ne è un connotato costitutivo. «Vi sfido – ripeto spesso ai miei giovani – a trovare anche solo uno tra voi che, quando dice alla ragazza di cui è veramente innamorato “ti amo”, non aggiunga, almeno come segreta speranza, “per sempre”». C’è una differenza, che sulla distanza viene fuori nettamente, tra chi si ferma alla pura passione (bruciante ma fugace) e imbocca decine di sentieri interrotti e chi, a fianco della persona amata, pur tra mille inciampi e cadute dolorose, sceglie l’amore effettivo e percorre la strada iniziata con passione fino alla fine.
 
Quasi ogni domenica, durante la visita pastorale che sto facendo da più di cinque anni nella mia diocesi, mi capita di incontrare coppie di sposi che festeggiano quaranta, cinquanta e anche sessant’anni di matrimonio: vengono a chiedermi una benedizione speciale che innalzi a Dio tutta la loro gratitudine… Dai loro volti, più giovani che mai a dispetto delle rughe, traspare una gioia quieta e intensa, l’inconfondibile profumo dell’amore quando è pieno e maturo.
Quest’estate mi è capitato di vedere due film di registi dell’ex cortina di ferro con a tema la ricerca struggente dei propri genitori (Il concerto) e la scoperta, del tutto imprevista e sconvolgente, della paternità (Kolya). L’amore del padre e della madre sta inscritto in modo indelebile nel cuore di ogni persona di ogni tempo e di ogni latitudine come il sublime esempio dell’amore: disinteressato, spassionato, gratuito. Qualcosa che si riceve, prima di imparare a donarlo. Che poggia sulla roccia dei fatti cui àncora sentimenti e passioni. Che accetta virilmente la sfida della durata. Un amore non soggettivo, ma oggettivo, che in un certo senso ci precede e ci supera.
«In questo sta l’amore – ha scritto san Giovanni, uno che di amore se ne intendeva – non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati».
Ama colui che ama per primo e ama oltre la morte. Ma di questo parleremo una delle prossime volte.
 
 
Comincia da questo numero la collaborazione del cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, con il «Messaggero di sant’Antonio». Ogni mese si rivolgerà ai lettori della nostra rivista parlando di vita buona, riallacciandosi all’omonimo libro-intervista con il giornalista Aldo Cazzullo, pubblicato dalla nostra casa editrice. Questi articoli saranno ripresi, e a volte approfonditi, anche sul sito del Patriarca: www.angeloscola.it
  

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017