Padre Andrea, il cerimoniere

La liturgia è una «porta spalancata sul grande mistero della salvezza»: la suggestione dei riti e il fascino della Basilica suscitano spesso il desiderio d’incontrare il Signore in modo più profondo.
27 Aprile 2011 | di

 Nella Basilica inondata di luce scendono, squillanti e festose, le note dell’alleluja pasquale, mentre nel presbiterio si svolgono, lenti e solenni, i riti della liturgia della risurrezione. L’accorta regìa di un discreto cerimoniere vigila perché ogni gesto sia conforme alle prescrizioni del rituale, in un insieme di armonia e bellezza che aiuti i presenti a entrare nel rito e a viverlo con la preghiera.

Luce, fiori, canti, preghiera sono gli elementi costanti della liturgia che è, per dirla con le parole del Concilio Vaticano II, «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia» (Sacrosanctum Concilium  n. 10). Per gli orientali, semplicemente la «Divina Liturgia». È per questo che nella Basilica del Santo ogni rito della liturgia, dal più semplice dei giorni feriali al più solenne e articolato delle grandi festività, è sempre ben preparato ed eseguito con proprietà.
A coordinarlo è un cerimoniere, padre Andrea Massarin, un giovane frate trevigiano che, pur non volendo (ama la discrezione), spicca nel presbiterio con i suoi quasi due metri d’altezza e la fulva e folta chioma. Dice padre Andrea: «Per il pellegrino, cuore della Basilica è la tomba di sant’Antonio. È lì che incontra, supplica o ringrazia il Santo. Però la liturgia offre altre opportunità, come quella di lasciarsi accompagnare al Signore da Antonio e da noi frati impegnati in questo servizio. La liturgia è una porta spalancata sul grande mistero della salvezza, che passa attraverso il costato trafitto di Cristo. Credo sia questa la funzione della liturgia in santuari come la Basilica. È vero che il pellegrino viene per sant’Antonio, ma poi chiede di confessarsi, partecipa alla celebrazione eucaristica, anche se non lo aveva previsto, anche se non è praticante. Il fascino della Basilica e la suggestione dei riti liturgici spesso suscitano il desiderio d’incontrare il Signore, accanto al Santo».
 
La centralità del presbiterio
 
Un tempo la liturgia si celebrava prevalentemente all’altare del Santo, mentre i pellegrini continuavano a sfilare davanti alla Tomba, provocando un inevitabile trambusto. Per evitare questo, ma soprattutto per ridare centralità all’altare principale del Santuario, nel 1995 i religiosi decisero di far svolgere i riti della liturgia nel presbiterio, riservando all’altare dell’Arca alcune celebrazioni tipiche della devozione antoniana.
Scelta appropriata, vista la suggestiva scenografia del luogo, dominato dalla presenza monumentale del grande altare sul quale Camillo Boito nel 1895 collocò i capolavori che il Donatello aveva creato per la Basilica: dal mirabile Crocifisso, che ha ai suoi piedi la Vergine con il Bambino e uno stuolo di santi (Antonio, Francesco, Giustina, Prosdocimo, Daniele e Lodovico) e di putti musicanti, alla drammatica Deposizione scolpita su pietra di Nanto.
«La Tomba del Santo non è stata però messa da parte – tiene a precisare padre Andrea –. Due volte alla settimana, dopo la celebrazione della messa delle ore 17, religiosi e fedeli si raccolgono attorno all’Arca per pregare la tredicina (il martedì) e per ricordare il transito di sant’Antonio (il venerdì). Dopo la celebrazione, i frati, seguiti dai presenti, compiono il tradizionale gesto del pellegrino, andando a posare la mano sul marmo verde che ricopre la Tomba, affidando al Santo le personali intenzioni di preghiera perché le consegni al Padre».
Quali i compiti del cerimoniere? Spiega padre Andrea: «Anzitutto, preparare i ministranti, cioè i chierichetti, un gruppo di giovani che hanno preso il posto dei novizi, trasferitisi ad Assisi. Quindi, coordinare la celebrazione, perché si svolga nel rispetto delle norme del rituale, ma anche dei canoni non scritti dell’armonia e della bellezza, a beneficio dei fedeli. Per questo, ai ministranti spiego non solo come si svolgono i riti, ma anche con quale spirito essere presenti sull’altare: se siamo dignitosi e consapevoli di presenziare a una celebrazione, invogliamo anche i fedeli a partecipare attivamente; in caso contrario diventiamo per loro motivo di distrazione e di disappunto. Non mancano i riscontri al riguardo, ed è sempre motivo di soddisfazione quando le persone vengono a raccontarti come una celebrazione liturgica sia stata lo stimolo per incontrare il Signore, per rappacificarsi con se stesse e con Dio».
 
La fede si fa emozione
 
Padre Andrea ricorda in particolare una signora separata dal marito e convinta per questo di non potersi avvicinare ad alcun sacramento, pur non avendo intrecciato altri legami o cercato avventure. Venuta in Basilica, era stata sollecitata da amici ad andarsi a confessare e, nell’occasione, aveva chiesto al sacerdote se le era consentito di ricevere l’eucaristia. Ovviamente la risposta era stata «sì», vista la sua fedeltà. In Basilica si stava celebrando la messa: la signora l’aveva ascoltata con devozione e s’era accostata all’eucaristia, ricevendone un conforto e una gioia tali da poter riprendere il cammino della vita con maggiore serenità e fiducia. Qualche mese dopo quella signora era di nuovo in Basilica a ringraziare il Santo per l’esito imprevisto della sua storia. Sorprendentemente e senza alcun preavviso, il marito un giorno le aveva chiesto di riprendere il cammino insieme, malauguratamente interrotto. Semplice casualità, se si vuole, ma anche qualcosa di più, se si leggono i fatti con gli occhi della fede.

«In alcune celebrazioni – continua padre Andrea – la presenza della gente rende viva l’immagine di una Chiesa radunata che prega. Penso al Natale, al Triduo pasquale e alle processioni che si svolgono all’interno della Basilica nella festa dell’Immacolata e in quella delle Reliquie, o per le vie della città il 13 giugno. Allora si vedono mani protese verso la statua o le reliquie, in un gesto di partecipazione nella fede che si fa corporea, che diventa emozione, e si vedono lacrime che fanno sciogliere nodi fino ad allora trattenuti. Chissà quali pesi si affidano all’intercessione della Madonna o del Santo, che in quel momento si sentono così vicini...». Il medesimo carico di fede e di emotività lo si avverte in celebrazioni più semplici, come la benedizione dei bambini il giorno dell’Epifania, e delle mamme che desiderano un figlio la prima domenica di febbraio, giornata della vita. Racconta padre Andrea: «La benedizione dei bambini è una festa ricca di semplicità e spontaneità. I piccoli che scorazzano per il presbiterio, con la complicità dei genitori e dei nonni tornati per quel giorno bambini e quindi disposti a pregare, a cantare, a sciogliersi in gesti non abituali di gioia. Tutti i rituali saltano, mentre l’assemblea si fa comunione e la preghiera condivisione di sentimenti e di emozioni. Così non si può restare indifferenti quando gli occhi degli sposi, nel ricevere la benedizione, si colmano di lacrime per attese deluse, pur mantenendo intatta la luce della speranza, che dà ali alla preghiera comune». Succede poi che, qualche tempo dopo, qualcuna di quelle coppie ritorni per ringraziare il Signore e il Santo, con un figlio in braccio e, magari, un altro in arrivo. Anche qui, semplice casualità o dono del Signore?     
 

Appuntamenti in Basilica
 

Il mese di Maria
 

Domenica 1 maggio si svolge l’annuale pellegrinaggio  al Santo delle comunità dello Sri Lanka che vivono in Italia.
Alle ore 12.15 si terrà l’eucaristia presieduta da sua eccellenza mons. Valence Mendis, vescovo di Chilaw.

Il rosario in onore di Maria viene recitato alle ore 21.00, presso il Chiostro della Magnolia: sarà animato ogni sera da gruppi e ordini religiosi diversi. Il primo e l’ultimo giorno (2 e 31 maggio) conduce padre Enzo Poiana, Rettore della Basilica, mentre l’11 e il 25 la preghiera sarà animata dal «Messaggero» con padre Luciano Segafreddo.

Martedì 31 maggio ha inizio la tredicina in onore del Santo.
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017