Maschietti grazie al bisturi
Siamo ormai abbastanza consapevoli del fatto che i progressi delle tecnoscienze possono portare a superare limiti pericolosi per quanto riguarda la dignità della persona umana, sia al momento del concepimento che a quello della morte: le discussioni in proposito hanno preso anche una dimensione pubblica e politica. Ma cosa succede al di fuori delle società occidentali, dove almeno una forma di controllo statale e di opinione pubblica viene esercitata – seppure non con la stessa severità – in tutti i Paesi? Non è per nulla vero che i Paesi del resto del mondo, essendo in genere società più arretrate dal punto di vista scientifico, rimangano esclusi da questi pericoli. Anzi, la mancanza di controlli e l’abbinamento di progresso scientifico e antiche usanze può portare a conseguenze ancora più gravi.
Non molti sanno che quasi tutto ciò che è proibito fare nei Paesi occidentali, o almeno in molti di essi, a cominciare dall’utero in affitto o dalla compravendita degli ovociti, senza parlare poi di quella degli organi da trapiantare, è praticato a pagamento nei Paesi del Terzo mondo, naturalmente con minori controlli medici e giuridici, provocando pertanto forme pesanti di sfruttamento di quelle popolazioni. Inoltre, la possibilità di sapere in anticipo – attraverso ecografie e amniocentesi – il sesso del nascituro, in società orientate a preferire la procreazione dei maschi da antichi e, purtroppo, ancora radicati pregiudizi culturali, ha portato a una pratica diffusa di aborti delle femmine. Si è aggravata così quella discriminazione che, in Paesi come la Cina o l’India, già pesava sulle neonate di sesso femminile, con il risultato che oggi le femmine mancanti all’appello nelle nuove generazioni sono sensibilmente aumentate, creando generazioni composte, in forte maggioranza, da maschi. Basti pensare che, negli ultimi vent’anni, l’aborto selettivo in Asia ha riguardato oltre 5 milioni di bambine. Cosa succederà di queste società maschili? Cosa significherà per il mondo intero questo squilibrio demografico non previsto dalla procreazione naturale? L’opinione pubblica mondiale è ancora restìa ad affrontare questa questione, ancora ferma al vecchio pregiudizio che, comunque, limitare le nascite sia una cosa positiva.
Una nuova forma, mostruosa, di manipolazione della natura si sta affacciando all’orizzonte, dopo che alcuni provvedimenti del governo indiano hanno cercato di limitare questa selezione prenatale: ha preso piede nello Stato del Madhya Pradesh, nell’India centrale, dove si moltiplicano i casi in cui i medici praticano la chirurgia per cambiare sesso a bambine neonate, su richiesta dei genitori che privilegiano i maschi. Il governo dello Stato ha lanciato un’indagine ufficiale per bloccare la pratica, nota come «genitoplastica», che ha già registrato 300 casi di bambine, d’età inferiore a un anno, operate nella città di Indore. Il costo dell’operazione è l’equivalente di circa 3.200 dollari, e la diffusione del fenomeno ha reso Indore meta di famiglie provenienti da città di altri Stati, come New Delhi e Mumbai. L’Agenzia Fides, che ha reso nota questa situazione, riporta anche il monito dei vescovi indiani che hanno chiesto al governo di bloccarla. Ma, per ora, non se ne parla. Sappiamo che si tratta di operazioni disastrose, che danneggiano irreparabilmente, e per sempre, queste povere creature: nonostante tutti i progressi scientifici, non siamo ancora in grado di trasformare veramente l’identità sessuale di un essere umano.
L’unica strada da percorrere per evitare queste aberrazioni è quella dell’educazione a una cultura diversa, che riconosca e rispetti il valore delle donne. Sarebbe un vero progresso che eviterebbe questa terribile commistione fra il peggio del passato e il peggio del presente.