Superare l'alfabeto
Nell’aprile del 2008, forse qualcuno di voi lo ricorderà, il «Messaggero di sant’Antonio» pubblicò un mio articolo dal titolo La tavoletta magica, nel quale raccontavo il valore extra-tecnico dell’ausilio che utilizzo per comunicare, una tavoletta di plexiglass nella quale sono impresse tutte le lettere dell’alfabeto. Dall’altro lato della tavoletta c’è una persona che, seguendo il movimento dei miei occhi, compone, lettera dopo lettera, le parole e le frasi che io voglio trasmettere, e le ripete a voce alta, così che io possa interagire con le altre persone. In quell’occasione avevo deciso, appunto, di raccontare cosa comporta, soprattutto a livello relazionale, la condivisione di quel mezzo di comunicazione con chi ricostruisce ed enuncia quello che compongo con gli occhi. Per chi volesse rileggerlo, l’articolo è ancora on line sul sito del «Messaggero».
In quella testimonianza non avevo privilegiato un aspetto di fondo, forse il più importante, ovvero la questione della pluralità dei linguaggi e dei modelli comunicativi, che – spesso non ci si riflette abbastanza – vanno ben oltre il più comune codice alfabetico e danno la possibilità di esprimersi e «condividersi» anche a chi non ha accesso, per le ragioni più varie, al comune linguaggio.
Ho usato volutamente la parola «comune»: in realtà, per quanto il codice alfabetico sembri il più naturale possibile, è, al contrario, convenzionale, cioè frutto di convenzioni, e là dove c’è convenzione c’è apertura alla pluralità, all’invenzione, alla creatività. La pluralità, ovviamente, non è solo «in uscita», ma anche «in entrata». Non ci sono infatti solo molteplici possibilità di e per esprimersi, ma anche molteplici modalità di apprendere e catturare informazioni (chiamiamole così, in senso neutro). Un esempio è il mondo dei libri per tutti e dei libri accessibili, un universo davvero affascinante, ricco, colorato, molto interessante anche dal punto di vista estetico (la qual cosa non è secondaria). È il tema della monografia del numero della rivista «Hp-Accaparlante» di settembre 2011, dal titolo Leggere per vivere. Libri per tutti e accessibilità della lettura.
Vi è mai capitato di avere tra le mani un libro tattile per bambini sia vedenti che non vedenti? Oppure, vi è mai capitato di condividere la lettura in simboli con vostro figlio, a prescindere dalla presenza di un deficit che giustifichi il ricorso a un sistema simbolico di quel tipo? Ci sono, poi, alcuni codici che nascono per far fronte a delle necessità, ma si dimostrano di interesse (e anche utili) in ambiti per cui, inizialmente, non erano stati pensati: e questo è uno degli aspetti più interessanti e «integrativi» che si possano immaginare.
Un discorso peraltro molto simile a quello valido per l’accessibilità architettonica: realizzata per chi ha particolari esigenze, rende un ambiente migliore per tutti, non solo per la minoranza. Faccio un esempio: un libro in simboli dentro una scuola dell’infanzia avvince non solo il bambino per il quale il libro è stato costruito «su misura», cioè adattato ai suoi bisogni specifici, ma anche i compagni, e diventa uno strumento da condividere, esplorare e gustare assieme. Evade dalla funzione per cui è stato pensato e si apre al mondo, agli altri, diventando, a seconda dei punti di vista, ancora più funzionale e, al contrario, meravigliosamente slegato dai vincoli stretti della funzionalità. Si rivela molto efficace anche per velocizzare il processo di apprendimento della lingua da parte di un adulto straniero... senza disabilità. Avvicina, accorcia le distanze, contribuisce a costruire un contesto culturale e relazionale più vivo. Scrivete (anche in simboli, se volete) a claudio@accaparlante.it o sul mio profilo di Facebook.