La Parola di Dio scende in piazza
È il libro più diffuso dell’umanità, ma paradossalmente anche il meno conosciuto. Molti giovani ne ignorano persino i contenuti, mentre la maggior parte degli adulti deve il poco che ne sa alle omelie domenicali. Quella dei cristiani per il loro testo di fede è una conoscenza spesso superficiale, ostacolata dalla mole mastodontica dell’opera e da un linguaggio poco immediato. Eppure, nonostante le apparenze, la Bibbia non è solo una corposa raccolta di scritti di difficile comprensione, né un complesso codice morale, ma rappresenta lo specchio dell’esistenza umana; è parola viva in grado di dare risposta ai quesiti fondamentali che ogni uomo – più o meno consapevolmente – porta dentro di sé.
Come diceva il critico letterario canadese Northrop Frye, nella Bibbia è racchiuso il grande codice culturale dell’Occidente. Ma a che serve un simile patrimonio, se resta appannaggio dei pochi studiosi in grado di interpretarlo? È partito proprio da questa intuizione monsignor Roberto Tommasi, direttore dell’Ufficio diocesano per la cultura a Vicenza, quando, nel 2005, assieme alla Società San Paolo, ha fondato il primo Festival biblico d’Italia. «Tutto è nato come una scommessa: riuscire a far parlare la Bibbia col linguaggio di oggi, portare la Parola di Dio fuori dagli spazi sacri, nelle piazze e tra la gente – ricorda il religioso che è presidente della kermesse vicentina sin dalla prima edizione –. Servendoci di linguaggi variegati, puntiamo a raggiungere individui pensanti (giovani e anziani, credenti o meno) che, in quest’era di identità frammentate, sono alla ricerca di una vita autentica».
Momenti di raccoglimento e preghiera, ma anche conferenze in stile accademico con esperti di fama internazionale. E ancora: spettacoli teatrali, laboratori di danza, animazione per famiglie, più incontri di carattere popolare, come concerti folk e dialoghi di parole e musica. Ecco la ricetta che nel giro di sette anni ha reso il Festival biblico di Vicenza uno degli appuntamenti culturali più importanti del Nord Est. Sì, perché questa rassegna, germogliata in un contesto ristretto (la prima edizione, dal titolo «I sensi delle Scritture», coinvolse solo il vicentino e attirò appena 15 mila visitatori in quattro giorni di programmazione, per un totale di trenta appuntamenti e 90 mila euro investiti), nel 2011 ha sfiorato le 35 mila presenze in dieci giorni, su un’offerta totale di 130 incontri sparsi in nove città del Triveneto. Quest’anno anche Verona si aggiungerà alla lista, mentre per il 2013 la candidata è Padova. Di questo passo il confronto con le Scritture si appresta ad assumere un carattere nazionale e forse persino internazionale. Merito di un’organizzazione curata nei dettagli, dei temi attuali, dei protagonisti prestigiosi, del linguaggio innovativo e, infine, di un pool di sponsor – cresciuto negli anni di pari passo col Festival – che, per la sola edizione 2011, ha messo a disposizione dell’evento 400 mila euro.
Paura e speranza
Se è vero che il successo del Festival biblico cresce in modo direttamente proporzionale alla sua età, l’ottava edizione, in programma dal 18 al 27 maggio, fa già ben sperare. Al centro della riflessione quest’anno – dopo i sensi delle Scritture, i luoghi, i tempi, il dimorare, i volti, l’ospitalità e le generazioni – ci saranno la paura e la speranza (il titolo dell’edizione riprende il versetto 4,16 del Vangelo di Marco «Perché avete paura?»). «Temi più che mai attuali in un momento storico dominato dalla crisi economica – che crea incertezze – e dal tracollo dei valori di un tempo», spiega monsignor Roberto Tommasi. «La paura è una dimensione che accompagna da sempre il vivere umano. Se ben gestita e rapportata alla speranza, può diventare forza propulsiva di vita e responsabilità. Sarebbe ingenuo aspirare a un’esistenza priva di difficoltà. Del resto, che cos’è la maturità se non la padronanza delle proprie paure?».
Mai prima d’ora il Festival biblico si è interessato a temi tanto vicini ai giovani. E infatti, secondo il presidente della kermesse, sono proprio le nuove generazioni l’obiettivo su cui investire: «La fascia di pubblico più difficile da agganciare è quella dei giovani. Finora la loro partecipazione è stata ridotta. Ecco perché quest’anno lavoreremo su un linguaggio più vicino all’attualità. Oltre agli appuntamenti musicali e artistici, i ragazzi potranno confrontarsi con i nuovi mezzi di comunicazione sociale in un simposio tenuto dal giornalista Alessandro Zaccuri. Non dimentichiamo, poi, gli incontri previsti in alcune scuole superiori della città». Obiettivo: focalizzare le paure dei giovani, risvegliando in loro l’interesse per le Sacre Scritture. «Il Festival è come un seme che vuole offrire i primi strumenti per accostarsi alla Bibbia – conclude monsignor Tommasi –. Ma la ricerca della verità è un cammino che richiede impegno e approfondimento. Per questo motivo spero che la rassegna dia vita a una rete tra le realtà culturali del territorio e si faccia volano di nuove iniziative per mantenere acceso l’interesse sulla Parola di Dio nell’arco di tutto l’anno».
Altro metodo per richiamare pubblico al Festival è farcirlo di nomi illustri. Un esempio? Enzo Bianchi, priore di Bose, giovedì 24 maggio terrà nel Duomo vicentino una lectio magistralis sulla paura e sulla speranza. Niente di nuovo per questo monaco che nel libro Perché avete paura? (Mondadori, 2011) ripercorre il Vangelo di Marco alla ricerca di questi stessi temi. «La paura del cristiano è quella di essere insignificante e di non riuscire a comunicare la Buona Notizia – ha spiegato Enzo Bianchi in una intervista comparsa su “La Stampa” del 30 ottobre 2011 –. Quanto alla paura della morte, poi, anche questa appartiene al cristiano, nonostante la fede nella Risurrezione. È la somma ingiustizia che contraddice profondamente la vita dell’uomo e l’amore».
Non solo spiritualità
Il nome non tragga in inganno. A dispetto dell’aggettivo «biblico», che rimanda a un appuntamento prettamente religioso, dietro al Festival vicentino si nasconde un contenitore di cultura, oltre che uno strumento per indagare cause e rimedi alle paure della società. «Se la rassegna riuscirà a dimostrare che le Sacre Scritture hanno qualcosa di nuovo da dire sulla crisi umana ed economica che sta investendo il nostro mondo – spiega Vittorio Filippi, docente di Sociologia dei consumi all’Università salesiana di Venezia, tra i relatori del Festival –, vorrà dire che avremo fatto un buon servizio e che non tutto è perduto». In attesa di conferme, impariamo intanto a sopportare le avversità come faceva Giobbe. Lasciamoci guidare dalla fede prendendo spunto da Pietro. E, memori del tradimento di Giuda, fuggiamo la paura e la vigliaccheria che induriscono il cuore. «Anche per chi non crede in Dio – continua Filippi –, le Scritture rimangono un serbatoio di sapienza con cui leggere la contemporaneità». Se da un lato, infatti, la storia non è mai uguale a se stessa, dall’altro invece le reazioni dell’uomo si ripetono puntualmente.
Prima tra tutte, la paura che, per il sociologo, rappresenta un problema socio-economico, oltre che antropologico. «Esiste una paura strutturale e disorientante, generata dalla necessità di rapportarsi a un mondo nemico che ci priva man mano di garanzie e sicurezze – aggiunge Filippi –. Ma esiste anche una paura connessa al crollo delle aspettative, legata al reddito e al posto di lavoro sempre più a rischio». Come un macigno che semina vittime – specie tra i giovani privi di fede e di sapere teologico –, la paura può trasformarsi in disperazione e innescare gesti estremi. Non tutto il male, però, viene per nuocere. «La paura diventa positiva quando si fa motore di reazione e base di partenza per una rigenerazione», precisa il sociologo. L’importante è che a fianco della sua spinta operino fede e speranza, ingredienti di cui Antico e Nuovo Testamento sono pregni. «In una realtà assetata di speranza come quella in cui viviamo, le Scritture giocano un ruolo necessario – conclude Vittorio Filippi –. Con l’aiuto di una buona interpretazione e di un supporto teologico, la Parola di Dio perde il suo alone istituzionale, acquista freschezza e si presenta sotto una luce nuova».
Dal programma
Vicenza in nove tappe «clou»
Giovedì 24 maggio
ore 20,30 Cattedrale. Lectio magistralis di Enzo Bianchi.
Venerdì 25 maggio
ore 10,00 Liceo Scientifico G.B. Quadri. «Cos’è l’amore? E cos’è la felicità?», la top model Leah Darrow incontra gli studenti.
ore 15,30 Palazzo Trissino. «Rifugiati: dalla paura alla speranza», con Laura Boldrini, portavoce Alto commissariato Nazioni Unite per i rifugiati.
ore 18,00 Palazzo delle opere sociali. «La paura e la speranza: pensieri e percorsi per l’uomo d’oggi», con GianCarlo Maria Bregantini, vescovo di Campobasso-Bojano.
Sabato 26 maggio
ore 11,00 Spazio incontri, piazza Biade. Presentazione del libro Incontrarsi alla fine di Francesco Brancato. Partecipa: Duccio Demetrio. Modera: Aldo Maria Valli.
ore 17,00 Spazio incontri, piazza Biade. Presentazione del libro La scelta del dialogo di Adriano Fabris. Partecipano: Antonio Da Re, Silvio Barbaglia. Modera: Ugo Sartorio.
ore 21,00 Piazza dei Signori. «I colori del buio», concerto di Roberto Vecchioni.
Domenica 27 maggio
ore 15,00 Palazzo delle opere sociali. «Paure di oggi, speranze di domani», Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione Internazionale e l’integrazione, dialoga con Antonio Sciortino, direttore di «Famiglia cristiana».
ore 17,00 Palazzo delle opere sociali. «Non abbiate paura. I cristiani e la Cina»: il cardinale Joseph Zen Ze-Kiun dialoga con Gerolamo Fazzini, direttore di «Mondo e missione».
Luca Bassanese
Sulle note delle Sacre Scritture
Una «criniera» folta e spettinata che ricorda un po’ le acconciature dei rocker anni ’90. La parlata fluida che tradisce uno spiccato accento veneto. Luca Bassanese, cantautore folk (di musica popolare) nato a Vicenza trentasei anni fa, ripercorre il suo cammino artistico ed elenca gli ultimi progetti (uno su tutti, il romanzo d’esordio Oggi ho imparato a volare, Buenaonda edizioni) con l’entusiasmo di uno scolaretto al primo giorno di lezione. Visto il trascorso da musicista tutto genio e sregolatezza – ha alle spalle un Premio Recanati per la musicultura nel 2004, cinque album da solista e diverse collaborazioni con artisti del calibro di Marco Paolini (attore) e di Stefano Florio (regista) –, ci si aspetta che da un momento all’altro imbracci la chitarra e intoni una delle sue ballate. E invece Luca preferisce parlare di profeti e Scritture. Altro che musicisti dannati! Chi l’avrebbe detto che note e testi sacri avessero qualcosa in comune? Del resto, non di sole parole è fatta la Bibbia. Scorrendo il libro cardine del cristianesimo potremmo restare sorpresi dalla quantità di accenni e collegamenti con la musica, la danza e il teatro che ne attraversano le pagine. Dopo l’esordio al Festival biblico del 2011 (quando si esibì in concerto al fianco di Eugenio Finardi), quest’anno Luca Bassanese, invitato dall’Associazione presenza donna, tornerà sul palco (27 maggio) per animare un momento biblico-teologico tenuto dalla pastora evangelica Elisabeth Green. Al centro dell’esibizione, che alternerà musica e testi teatrali, il tema della violenza sulle donne.
Msa. Come mai ha deciso di tornare a esibirsi al Festival biblico?
Bassanese. Perché credo che il confronto con le Sacre Scritture sia un invito a relazionarsi con l’essere umano, prima ancora che col divino, un mettersi in ascolto di se stessi e del proprio intimo, in cui dimorano le domande eterne sul senso della vita e della morte. Domande che mi pongo ogni giorno, osservando un tramonto o anche la nascita di un fiore.
Musica e Sacre Scritture: che cos’hanno in comune due mondi tanto diversi?
Quello tra musica e Bibbia è un rapporto che esiste da secoli e va solo riscoperto. Certi passi delle Sacre Scritture sono ancora oggi più rock del rock. Non a caso, negli anni della beat generation, a partire dal secondo dopoguerra, il linguaggio di alcuni profeti fu utilizzato per raccontare la musica e venne portato a modello negli incontri di poesia (spoken words). Anche ora molti cantautori si rifanno alle Scritture per i testi delle loro canzoni. Un esempio? I Libri Poetici e Sapienziali dell’Antico Testamento e, in particolare, il concetto «c’è un tempo per nascere e un tempo per morire», contenuto nel Qoélet (testo biblico conosciuto col nome di Ecclesiaste), sono stati fonte d’ispirazione per Ivano Fossati e Vinicio Capossela.
Che cosa rappresenta per lei e per il suo territorio il Festival biblico?
In un mondo in cui l’individuo, tempestato da eventi d’ogni tipo, si trova sempre più spesso in una condizione di passività, il Festival biblico ha il merito di coinvolgere gente di ogni età, cultura e luogo in una riflessione priva di imposizioni. Nel corso degli anni la rassegna ha posto la Parola di Dio al servizio dell’umano. Creando occasioni di dialogo, ha offerto al territorio la possibilità di coltivare il proprio spirito in un confronto continuo con l’assoluto.
La linfa dell’ulivo
Alla scoperta delle terre bibliche
Betlemme, 25 dicembre dell’anno zero. Dopo aver ricevuto l’ennesimo rifiuto dal locandiere di turno, una coppia di giovani si rifugia in una capanna.
A scaldare dal gelo invernale Giuseppe e Maria – la vergine incinta che di lì a breve avrebbe partorito Gesù – ci sono solo un bue e un asinello. Il quadretto della Natività dipinto dalla tradizione cattolica contemporanea è senz’altro suggestivo, peccato che non corrisponda granché alla realtà storica. Ma quale capanna e quale locanda! All’epoca le case erano costituite da una stanza abitata dai membri della famiglia e da una grotta annessa al monolocale, dove risiedevano gli animali, il bene più prezioso che assicurava la sopravvivenza nei mesi invernali. Dunque nessuna discriminazione per la Sacra famiglia. Gesù nacque in una grotta, circondato dal calore degli animali, perché l’unica stanza della casa che lo ospitò era già occupata dai proprietari. Se ignoriamo persino come erano costruite le abitazioni al tempo di Cristo, come possiamo comprenderne la nascita e, in secondo luogo, la Parola? Morale della favola: mai separare testo e contesto; conoscere luoghi, tempi, culture e civiltà significa dare fondamento storico alla nostra fede.
Ne è convinto don Raimondo Sinibaldi, direttore dell’Ufficio pellegrinaggi della diocesi di Vicenza, che per l’ottava edizione del Festival biblico ha organizzato un cammino speciale. Si chiama «Linfa dell’ulivo» (dal capitolo XI della Lettera di san Paolo ai Romani, in cui la nuova comunità di credenti al seguito di Gesù viene paragonata all’olivastro innestato nell’ulivo buono, cioè nell’Israele di Dio) questo evento nell’evento che si propone come viaggio virtuale alla scoperta delle terre bibliche. Tre giornate di approfondimento, quattro appuntamenti, una mostra e ventiquattro studiosi di fama internazionale che, dal 24 al 26 maggio, guideranno il pubblico alla scoperta di siti archeologici e luoghi sacri della tradizione cristiana. Dalla Turchia alla Grecia, passando per il Libano, la Palestina, Israele, l’Egitto, la Giordania. E per finire Siria, Iran e Iraq: il tour – patrocinato dallo Studium biblicum franciscanum di Gerusalemme (Università leader nella ricerca sulle Sacre Scritture) – mira ad approfondire il contesto storico e geografico che ha dato vita alla Bibbia, scostandosi da interpretazioni moralistiche e fallaci, ma offrendo concretezza alla Parola di Dio.
Si parte dagli scavi di Magdala, in Israele (presentati da padre Stefano De Luca, professore dello Studium biblicum franciscanum), e si finisce per approfondire l’assedio di Gerusalemme (con lo storico Mario Fales), la figura del Gesù storico (ricostruita da monsignor Romano Penna) e il problema della datazione dell’ultima cena (affrontato dal biblista Silvio Barbaglia). In programma anche un simposio sui temi biblici, due convegni incentrati su morte, risurrezione e Santo Sepolcro, e una mostra che illustra conservazione e sviluppo del sito archeologico di Sabastiya (Sebastia, la città fondata nel 25 a.C. da Erode il Grande sul sito dell’antica Samaria), in Palestina.
Una simile varietà di proposte richiede lunga preparazione. Perciò, conclusi i preparativi in vista di maggio, don Sinibaldi è già al lavoro per la «Linfa dell’Ulivo» 2013: «Al centro del convegno ci sarà il sito del battesimo di Gesù in Giordania. Una realtà scoperta nel 1996 e già visitata sia da papa Giovanni Paolo II nel 2000, che da Benedetto XVI nove anni dopo».