Sant’Antonio in terra d’Africa
Profetica fu l’espressione «Sant’Antonio è il Santo di tutto il mondo» pronunciata da Leone XIII sul finire del 1800. Di lì a poco, infatti, la devozione a sant’Antonio avrebbe ampliato i suoi confini anche in Africa occidentale: in Benin. Infatti, in questo piccolo Paese tra Togo e Nigeria la venerazione a sant’Antonio è esplosa in tempi a noi vicini. La prima chiesa intitolata a sant’Antonio di Padova fu costruita nel 1898 ad Abomey-Calavi, cittadina situata nella parte meridionale del Paese, oggi diocesi di Cotonou, e la devozione al Santo si è poi diffusa in molti altri villaggi verso le zone interne della foresta. A cominciare la prima missione furono i sacerdoti francesi della Società missionaria africana, pionieri, 150 anni fa, dell’evangelizzazione del Benin, anniversario celebrato nel novembre del 2011 con la visita di papa Benedetto XVI in questa nazione. Proprio da questa parrocchia è iniziato, il 15 giugno scorso, il pellegrinaggio delle reliquie del Santo, protrattosi per dieci intensi giorni.
Don Antoine Metin, alla guida della parrocchia da due anni, ci racconta come sia stata anche per lui una sorpresa, oltre che una grazia, riuscire a portare le reliquie in Benin: «Ero andato a Padova solo per chiedere se fosse possibile creare un gemellaggio con la Basilica del Santo, visto che la chiesa di Calavi è la più antica chiesa di tutto il Benin intitolata a sant’Antonio. Ho incontrato padre Enzo Poiana, rettore del santuario, che mi ha offerto la possibilità di portare le reliquie di sant’Antonio in Africa». Un regalo inaspettato per tutti i cattolici del Benin che rappresentano circa il 20 per cento della popolazione.
È stato così che due frati padovani (chi scrive, e padre Mario Mingardi) sono stati incaricati di accompagnare il Santo in questo lungo viaggio. All’arrivo all’aeroporto internazionale di Cotonou le reliquie sono state accolte da migliaia di persone e si è subito capito che il passaggio del Santo in Benin sarebbe stato un evento straordinario. La rapida diffusione della devozione a sant’Antonio in questo Paese africano è un fenomeno che meraviglia lo stesso don Antoine Metin: «Nella sola diocesi di Cotonou, ben sette chiese sono dedicate al Santo di Padova. Ed è stato un dono anche per me vedere quanto sant’Antonio è amato e venerato dalla nostra gente».
Arriva Antonio, un amico
Nei dieci giorni del pellegrinaggio, le reliquie di sant’Antonio hanno fatto visita a venti comunità parrocchiali, attraversando cinque diocesi: Cotonou, Dassa-Zoumé, Abomey, Lokossa e Porto Novo. Le strade non asfaltate e piene di buche hanno reso difficili e lunghi gli spostamenti, anche in auto, ma si è cercato in ogni modo di far giungere sant’Antonio in tutte le stazioni missionarie a lui dedicate, senza lasciar fuori i villaggi più remoti della foresta e le palafitte sul lago Nokoué.
Spesso il motivo della dedicazione della chiesa del villaggio a san’Antonio è sconosciuto anche agli stessi sacerdoti.
Ma rispondere a questa curiosità non è poi così importante: per i beninesi sant’Antonio è semplicemente un loro amico, ed è l’amico di Dio. E questo basta.
Ovunque l’accoglienza delle reliquie è avvenuta con gli onori che si rendono a un ospite illustre, secondo le tradizioni locali: all’ingresso del villaggio, davanti alla statua del Santo portata a spalla, un parrocchiano versa per terra l’acqua dell’accoglienza, segno di benvenuto e di pace. Poi si snoda la processione: il ritmo incalzante delle percussioni e i canti dedicati a sant’Antonio di Padova in lingua fon (il linguaggio della popolazione locale) richiamano adulti e bambini che si affacciano dalle case e sbucano dalle stradine: cento, duecento, cinquecento, mille, duemila… impossibile contarli. Dal più piccolo al più grande, tutti indossano gli abiti colorati della festa, decorati con l’immagine del Santo frate che tiene tra le braccia Gesù Bambino e in mano il giglio. Arrivati alla chiesa, spesso non abbiamo trovato una costruzione in mattoni, ma una semplice capanna, tenuta in piedi con pali di legno e coperta da lamiere. La maggior parte delle comunità cattoliche del Benin si sono formate di recente e sono in costante crescita grazie ai numerosissimi battesimi di bambini e di adulti. La povertà dei mezzi e degli edifici non è un freno alla gioia così contagiosa e spontanea. La visita di sant’Antonio è certamente quella di un amico, ma soprattutto di un testimone della fede.
Occasione per crescere nella fede
Nei giorni precendenti il pellegrinaggio, i sacerdoti hanno colto l’occasione per narrare la vita di sant’Antonio, hanno raccontato i suoi miracoli, hanno presentato il messaggio di riconciliazione predicato dal Dottore Evangelico, e hanno sottolineato che la sua presenza richiama ciascuno al compito di diventare santo. L’antico motto latino coniato da Pio XI nel 1930 descrive esattamente il senso della devozione antoniana: «Per Antonium ad Jesum», ossia «Attraverso Antonio si arriva a Gesù». Al cuore del pellegrinaggio c’è l’ascolto della Parola di Dio e la celebrazione dell’eucaristia. E quando si celebra una santa messa in Africa è meglio mettere da parte l’orologio, perché si sa quando si comincia, ma non esattamente quando terminerà… Don Antoine Metin ci spiega il perché con un esempio: «Quando sei invitato a una festa da un amico, non ti preoccupi di quante ore si starà a tavola o a che ora si finirà. Perché non dovrebbe essere la stessa cosa quando la domenica siamo a messa, dove siamo invitati da Gesù alla sua mensa?».
Durante la messa si avverte una comunità che celebra insieme, con «un cuor solo e un’anima sola» e che la presenza di sant’Antonio rende ancora più gioiosa. È stato forse questo il dono più grande che il pellegrinaggio delle reliquie antoniane ha portato in Benin: accendere una festa della fede, manifestata con la spontaneità e la gioia del popolo africano, al ritmo contagioso dei tamburi e delle danze che hanno accompagnato i momenti di venerazione delle reliquie e le intense e coinvolgenti celebrazioni liturgiche; una festa della fede, espressa attraverso la gioia incontenibile dei sorrisi dei bambini che a centinaia accerchiavano il busto-reliquiario del Santo portato in processione attraverso i loro villaggi.
La visita del Santo in Benin ha permesso anche a noi frati di Padova di toccare con mano quanto papa Benedetto XVI confidò al ritorno dal suo viaggio apostolico in questo Paese africano nel novembre 2011: «Ho veramente gustato la gioia di vivere, l’allegria e l’entusiasmo delle nuove generazioni che costituiscono il futuro dell’Africa. In questo continente c’è una riserva di vita e di vitalità per il futuro, sulla quale noi possiamo contare, sulla quale la Chiesa può contare».