Mostre. Lo sguardo trasversale
Fronte spaziosa, sguardo assente, bocca corrucciata. Ha l’aria quasi annoiata questa Vergine Maria, quasi stesse davvero posando davanti alla mano esperta di Giovanni Bellini. Dietro di lei un paesaggio verde e fecondo, omaggio alla campagna veneta tanto cara al pittore veneziano.
In quel trionfo bucolico l’occhio si perde in fretta. Ma dall’altro lato del quadro la manina alzata di Gesù lo richiama all’ordine. Ecco il tema della sacra famiglia secondo i canoni del primo Rinascimento italiano: nella Madonna con il Bambino, del 1509, equilibrio di forme e cura certosina per i dettagli convivono su una superficie lignea alta poco più di 84 centimetri e larga 106.
Un ritratto che, come gli altri ottantanove in mostra dal 6 ottobre al 20 gennaio nel salone centrale della Basilica palladiana di Vicenza («risorta» da teli e impalcature, dopo cinque anni di restauro), racconta ben più di ciò che rappresenta in superficie. Ogni quadro è anche l’affresco di un’epoca, di una mentalità. Basta visitare l’esposizione «Raffaello verso Picasso» per rendersene conto. Ripercorrendo l’evoluzione di sguardi, volti e figure nella storia dell’arte, la mostra organizzata dallo studio Linea d’ombra e finanziata dalla Fondazione Cassa di risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona, abbraccia cinque secoli di pittura – dal Quattrocento italiano fino al Novecento Usa – e snocciola capolavori provenienti da una trentina delle maggiori gallerie e collezioni al mondo. Qualche esempio? Il Boston museum of fine arts, il Budapest Szépmuvészeti museum, la Scottish National gallery di Edimburgo, lo Stiftung Sammlung E.G. Bührle di Zurigo, il Kunstmuseum di Berna, il Museo de bellas artes de Bilbao e la Fondazione Juan March di Madrid. Anche i nomi degli artisti chiamati in causa sono altrettanto vari e altisonanti: non capita tutti i giorni di vedere accostati un Beato Angelico e un Mantegna, un El Greco e un Manet. Tantomeno di incrociare sotto lo stesso tetto lo sguardo enigmatico «fotografato» da Raffaello Sanzio nel Ritratto di giovane (1504) e le fisionomie geometriche de L’italiana (1917), traguardo di un Pablo Picasso reduce dall’esperienza cubista-sintetica. Qualche passo ancora lungo i corridoi allestiti nel grande salone dell’ex Palazzo della Ragione vicentino e la mostra ci riporta indietro, al 1866. In quell’anno un giovane Claude Monet ritraeva la moglie Camille mentre, con l’aria assorta, teneva in braccio un tenero barboncino bianco. Prendiamo ancora una volta la macchina del tempo e torniamo al XX secolo: 100 punti al visitatore che riesce a raccapezzarsi di fronte al coagulo di forme fluide dipinte dall’inglese Francis Bacon nel ’71. A dispetto delle apparenze, persino questa Figura distesa nello specchio immortala uno sguardo. Nel suo gesto di sconforto, mentre si porta il braccio al volto, l’uomo dipinto striscia e si contorce come un serpente in gabbia. L’assenza di occhi, naso e labbra non penalizza la comunicabilità della tela, anzi la amplifica. L’emozione vibra attraverso le ampie pennellate piatte fino al cuore dello spettatore. E gli ricorda che ogni ritratto, per quanto sfumato e criptico, nasconde sempre una storia. «Vorrei che i miei dipinti dessero l’idea che un essere umano li avesse attraversati, come un serpente – precisava Bacon –, lasciando un segno della presenza umana e una traccia di memoria di eventi passati, come un serpente lascia la sua bava».
Gesù Cristo, principio dell’arte
Nella storia della pittura è tra i soggetti più riprodotti. Gesù Bambino in braccio alla Vergine, nella stalla a fianco al bue e all’asino, nel tempio un po’ più cresciutello o nella bottega del padre falegname. E ancora, Gesù da grande: durante l’ultima cena, mentre viene flagellato, crocifisso, deposto dalla croce. Così, anche tra le pareti della mostra «Raffaello verso Picasso» Cristo e le sue infinite rappresentazioni non potevano certo mancare. Non a caso, la kermesse, divisa in quattro filoni (Il sentimento religioso, La nobiltà del ritratto, Il ritratto quotidiano e Il Novecento) parte proprio dal ritratto religioso in bilico tra grazia ed estasi, dolore e bellezza. «La prima sezione della mostra è anche la più nutrita – spiega il curatore e critico d’arte Marco Goldin –. Indagando il sentimento religioso nei secoli, ho voluto analizzare in particolare gli ultimi momenti nella vita di Cristo». Lungi dall’essere una fredda storia del ritratto, «Raffaello verso Picasso» privilegia l’intreccio di piani temporali in un viaggio soggettivo all’insegna dello sguardo. Ecco allora la deposizione vista con gli occhi di tre artisti molto distanti per stili e contaminazioni: se quella di Lucas Cranach del 1515 sposa gli ideali rigorosi e la sensibilità per il paesaggio, tipiche della scuola danubiana, più corale e drammatica si fa invece la composizione di Paolo Caliari (il Veronese) realizzata appena trentadue anni dopo. Ma veniamo alla versione romantica della scena sacra: ne La Deposizione di Cristo di Eugene Delacroix il cromatismo acceso, i veloci tratteggi di luce e il realismo di volti e posture tradiscono i tre secoli che separano l’opera francese dalle prime due.
Uno stesso concetto e migliaia di modi per interpretarlo: il bello del viaggiare a spasso nei secoli sta tutto qui. Del resto, l’arte vive di continui richiami al passato. E per quanto geniale, anche il migliore degli artisti deve gran parte del suo bagaglio a chi lo ha preceduto. Pensiamo a Raffaello che, grazie all’aiuto dell’amico Bramante, si introdusse di nascosto nella Cappella Sistina «acciò che – scrive Giorgio Vasari in Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori – i modi di Michelagnolo (Michelangelo Buonarroti, che stava allora dipingendo la volta, ndr) comprendere potesse». Il suo Profeta Isaia, affrescato nella Basilica di sant’Agostino a Roma, deve proprio a quest’incursione la maestosità dei volumi, i panneggi cangianti e la muscolatura possente.
Altro secolo, altro esempio. Prendiamo Edouard Manet e il suo quadro Colazione sull’erba (1862). Chi l’avrebbe detto che una personalità anticonvenzionale come quella di Pablo Picasso, quasi cento anni dopo, ne avrebbe tratto una rilettura in chiave cubista? Ancora una volta l’idea non è mai merce esclusiva, piuttosto una materia volubile che passa di mano in mano e riflette le maree del tempo.
Tra sacro e profano
Preparatevi dunque ad ammirare Vergini, Cristi e santi. Ma non solo. La mostra «Raffaello verso Picasso» porta nel cuore di Vicenza una schiera di sovrani e nobili, pittori autoritratti e gente comune immortalata in scene di vita quotidiana. È il caso del giovane trombettiere che, soffiando nel suo strumento, decreta la morte del cervo nella Battuta di caccia (1856) di Gustave Courbet. O delle Figure in una casa (1967) rappresentate da Antonio Lopez Garcìa – unico artista della mostra tuttora vivente – mentre fissano perplesse punti diversi fuori dalla tela.
Tavole che occupano intere pagine nei manuali di storia dell’arte si alternano a opere meno conosciute e, in alcuni casi, addirittura inedite. «Una su tutte – conferma Marco Goldin –, il Cristo risorto di Sandro Botticelli (1480 circa), uscito per la prima volta dalle stanze del Detroit institute of arts, dopo un intensivo restauro». Il quadro che però ha segnato più di ogni altro la sensibilità del critico d’arte non appartiene al Rinascimento. «Si tratta di una tela dal titolo Christina Olson che Andrew Wyeth firmò nel 1947».
Siamo nel Maine: seduta sull’uscio di una casa vittoriana in decadimento, una pallida donna di mezza età contempla l’orizzonte, baciata da una luce fredda e radente che proviene dall’Oceano Atlantico. Un omaggio alla vicina di casa del pittore statunitense, paralitica, che lo ispirò anche in altre opere, e qui ritratta con rimandi alla pittura nordica del XV secolo. «La mia passione per Andrew Wyeth, così come per gli altri pittori figurativi del secondo ’900 pressoché sconosciuti al grande pubblico – conclude Goldin –, è legata alla loro capacità di attualizzare temi e strumenti che vengono dal passato». In arte, così come in natura, «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». Parola di Antoine-Laurent de Lavoisier (Parigi 1743-1794), padre della chimica moderna, uno che di conservazione (sua la legge della conservazione della massa) se ne intendeva un bel po’…
Architettura
La Basilica «risorta»
«Non è possibile descrivere l’impressione che fa la Basilica di Palladio» scriveva Johann Wolfgang von Goethe nel suo Viaggio in Italia (1817). Se già nel primo Ottocento il capolavoro dell’architetto padovano riuscì a mozzare il fiato del poeta tedesco, chissà quale effetto potrebbe sortire sui turisti ora che, dopo cinque anni di restauro, è tornato al suo originario splendore. Una tappa che l’antico Palazzo della Ragione gotico (un progetto di Domenico da Venezia, a cui Palladio aggiunse nel secondo ‘500 il doppio ordine di logge esterne in pietra bianca di Piovene) festeggia a partire dal 6 ottobre, ospitando la mostra di pittura «Raffaello verso Picasso». Due inaugurazioni in una, dunque, celebrate con un sodalizio che mescola arte antica e contemporanea, quadri moderni a superfici e linee classiche, senza per questo stridere.
Per Eugenio Vassallo, direttore dei lavori di restauro in Basilica, ciò che rende unico l’edificio vicentino, oltre al sorprendente equilibrio tra forma e funzionalità, è la sua collocazione centrale, intorno a cui ruotano tutti gli altri capolavori palladiani dentro e fuori le mura cittadine. Sarà forse per onorare questo primato che dal 2007 a oggi il cantiere allestito nell’antico Palazzo della Ragione non si è fermato un attimo. «Cinque anni all’opera senza tempi morti», assicura l’architetto Vassallo. Oltre alla pulizia e al consolidamento di facciate ed elementi decorativi, l’équipe di restauratori ha proceduto a smontare la copertura a carena di nave del salone centrale (circa mille metri quadrati di superficie) e a sostituire le travi di calcestruzzo risalenti al secondo dopoguerra, con costoloni in legno lamellare più elastici e leggeri. Quindi, si è passati all’installazione dell’impianto elettrico e di climatizzazione. Il tutto per una spesa di 21 milioni di euro, che è stata interamente sostenuta dalla Fondazione Cassa di risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona.
Se dovesse indicare il momento più delicato dei lavori, Eugenio Vassallo non avrebbe dubbi: «Lo smontaggio della copertura a carena di nave e, in particolare, il taglio e la rimozione degli archi in calcestruzzo, che si trovavano in condizioni precarie. Un intervento, quest’ultimo, che ha impegnato sette persone per ventidue giorni di fila». Fatica giustificata, visto che stiamo parlando di uno dei monumenti vicentini firmati Palladio che dal 1994 fanno parte del Patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Ora c’è solo da sperare che, rifattosi il trucco, l’ex Palazzo della Ragione vicentino trovi l’impiego più appropriato, evitando di cedere a un utilizzo monotono e sporadico. La Basilica è simbolo e cuore pulsante non solo della città che la ospita, ma anche di tutta la cultura italiana nel mondo. «L’unico modo per tenerla viva è quello di organizzarvi attività di vario genere, in primis esposizioni», conclude Eugenio Vassallo. Via libera, dunque, a mostre d’arte, laboratori e convegni: «Almeno per una ventina di anni l’edificio non dovrebbe richiedere nessun altro intervento di restauro», assicura l’architetto. Meglio approfittarne.
Dalla parte del pubblico
Una mostra per tutti
Circa 100 mila prevendite sono state «strappate» prima ancora che la mostra avesse inizio. I visitatori di «Raffaello verso Picasso» accorreranno da novanta province italiane, ma anche da Slovenia, Croazia, Austria, Germania, Francia e Svizzera. Giovani, adulti e anziani, studiosi d’arte e digiuni della materia. Un pubblico trasversale, insomma. Proprio come la kermesse curata da Marco Goldin. «La mostra è per tutti – assicura il critico d’arte che ha alle spalle sedici anni da curatore di eventi artistici –. A variare saranno le chiavi di lettura: da quella specialistica, che presuppone una preparazione teorica, a quella emozionale, che viene dal cuore». Dopo aver impegnato centinaia e centinaia di operatori (tra organizzazione, trasporto e assicurazione delle opere) per circa un anno, «Raffaello verso Picasso» si fermerà nella Basilica del Palladio fino al 20 gennaio, salvo poi trasferirsi nel Palazzo della Gran Guardia a Verona, col titolo «Da Botticelli a Matisse». Intanto, a Vicenza fervono già i preparativi per l’esposizione del 2013. L’appuntamento, sempre nell’ex Palazzo della Ragione vicentino, è per il prossimo autunno.
Protagonista questa volta sarà il paesaggio.
Info: www.lineadombra.it