Sulle note di Antonio
La Cappella musicale del Santo è da secoli una componente essenziale nella vita della Basilica padovana. Deputata a sottolineare i momenti più solenni dell’anno liturgico e le festività legate alla memoria di sant’Antonio, essa richiama da ogni dove pellegrini desiderosi di unire la preghiera del loro cuore a quella espressa dalle voci del coro e dagli strumenti musicali. La Cappella antoniana conta una settantina di elementi, tra soprani e contralti, tenori e bassi. Trenta di loro costituiscono, poi, un ensemble specializzato nell’esecuzione di musica barocca, spesso proposta in concerti al di fuori delle celebrazioni eucaristiche.
Di recente, ai cantori e all’organo, suonato dal maestro Massimo Dal Prà, si è aggiunto per le celebrazioni più solenni un quartetto di ottoni e timpani. «Un’introduzione – precisa il direttore della Cappella musicale del Santo, Valerio Casarin – che, anche grazie alla scelta del rettore della Basilica padre Enzo Poiana, ci avvicina alle grandi cattedrali, dove ancora i complessi strumentali accompagnano il canto delle corali, e ci riallaccia alla tradizione, viva in Basilica sino al declinare del Settecento, che prevedeva la presenza dell’orchestra nella Cappella musicale».
Originario di Trebaseleghe, nell’alta padovana, dopo aver conseguito il baccalaureato (primo titolo di studio previsto nelle università pontificie, ndr) in teologia all’Istituto teologico Sant’Antonio dottore di Padova, Casarin si è diplomato in organo e composizione organistica al Conservatorio Cesare Pollini della città euganea, quindi si è specializzato in musica sacra al Conservatorio di Castelfranco Veneto (Treviso).
Nel giro musicale del Santuario antoniano è entrato dal 1984, prima come organista della Cappella musicale, poi come organista titolare della Basilica. Nel 2006 ha lasciato la consolle per dedicarsi alla direzione del coro. Ora sta completando gli studi di composizione, perché – come spiega Casarin stesso – tra i compiti del direttore c’è anche quello di produrre brani musicali per le celebrazioni liturgiche in Basilica. Non è un caso, dunque, che un suo Gloria sia stato eseguito proprio in Basilica il 13 giugno scorso, durante le celebrazioni per la Festa di sant’Antonio.
Il maestro cavalca l’onda di una gloriosa tradizione che ha sempre visto sul podio della Cappella talentuosi direttori, quasi sempre frati conventuali, che erano anche compositori di prima grandezza. I padri Costanzo Porta, Francesco Antonio Callegari, Luigi Antonio Sabbatini e Francesco Antonio Vallotti sono solo alcuni tra i più celebrati autori di una vera e propria scuola musicale, affollata di maestri e discepoli.
Un salto alle origini
La Cappella musicale del Santo nacque nel 1487, quando, con l’imporsi della musica polifonica sul canto gregoriano, si rese necessaria la costituzione di un gruppo di coristi preparati a eseguire i nuovi canti a più voci e di una guida che garantisse un’esecuzione degna di un Santuario già all’epoca meta di pellegrinaggi, qual era la Basilica del Santo. Se inizialmente la Cappella era composta solo da frati e novizi, col passare degli anni accolse anche cantori laici. Ad accompagnare le voci – scriveva un frate dell’epoca, padre Valerio Polidoro –, venivano introdotti «in alcune feste principali» i suonatori che «con i loro organi portatili, tromboni, cornetti e violini, fanno insieme tant’armonia. Non solamente hanno poteri di commuovere le menti a gran devozione, ma muovono anco, e fan tremare per l’armonico bombo, le sedie, e il terreno sotto i piedi». Il sodalizio tra voci e strumenti proseguì fino a quando, sul finire del Settecento, il fragore di tamburi, tromboni, percussioni e altri strumenti via via introdotti tramutò il recinto delle sacre liturgie in una piazza d’armi. A quel punto furono imposti limiti all’esercizio musicale in Basilica, culminati con l’eliminazione del complesso strumentale.
L’epoca d’oro della Cappella del Santo fu comunque il XVIII secolo, quando alla sua guida venne posto padre Antonio Vallotti, mentre a dirigere il complesso strumentale arrivò il «Maestro delle Nazioni», Giuseppe Tartini. Al contrario, il periodo più travagliato per la Cappella fu l’Ottocento, a causa della soppressione degli ordini religiosi e delle turbolenze politiche e sociali. Ripresasi verso la fine di quel secolo e consolidatasi in quello successivo, oggi la Cappella musicale del Santo, rinnovata per due terzi dei componenti dal maestro Casarin, è una delle migliori in Italia, al fianco della veneziana Cappella Marciana, la più quotata del Nordest.
«Abbiamo voluto conservare la sua originaria natura di schola cantorum, di luogo dove si insegna a cantare insieme – spiega Valerio Casarin –. Altre Cappelle si avvalgono di cantori professionisti, che sanno leggere gli spartiti, si preparano a casa e si trovano con direttore e colleghi solo per mettere insieme le parti. I nostri coristi, invece, sono dilettanti, nel senso che cantano per il piacere di cantare e vengono preparati a farlo nel corso di due o tre sedute settimanali durante le quali si educa la voce al canto e si preparano i nuovi brani da eseguire, prima a voci separate e poi tutti insieme. Può sembrare un dettaglio, ma non è così: ritrovandosi più volte alla settimana, i cantori imparano a conoscersi e a fare gruppo. E nell’esecuzione finale l’affiatamento si avverte, come pure la gioia e il piacere di cantare insieme».
Un ricco repertorio
Approfondite origini e dinamiche alla base della Cappella antoniana, la curiosità si sposta ora sul repertorio da questa selezionato. «È molto vasto – premette il maestro Casarin –. Attingiamo volentieri al grande tesoro di opere composte dai frati minori conventuali, riscoprendo lavori di sorprendente bellezza. Ma non trascuriamo altri compositori. Di recente abbiamo riproposto la Missa Patrem onnipotentem di Oreste Ravanello, direttore della Cappella dal 1898 al 1936. Nel corso di un anno ci esibiamo una trentina di volte in Basilica, durante le celebrazioni liturgiche. Inoltre, a Padova e non solo, teniamo una decina di concerti. L’ultimo si è svolto il 2 luglio scorso, nella chiesa dei Servi, durante un convegno organizzato dal Centro studi antoniani sul barocco padano e sui musici francescani».
Lavoro ed entusiasmo non mancano tra i componenti della Cappella del Santo. Ma non sarà fatica sprecata? «Lo stesso Concilio Vaticano II – risponde Valerio Casarin – consiglia il mantenimento e incoraggia lo sviluppo di cappelle e cori parrocchiali, per evidenziare la solennità delle celebrazioni liturgiche significative e per mantenere viva una tradizione che ha prodotto capolavori di grande bellezza, finalizzati a rendere omaggio a Dio e a cantare l’amore a lui attraverso le espressioni più alte dello spirito umano, com’è l’arte in genere».
Qualcuno, però, obietta che se canta il coro, i fedeli non sono coinvolti nella celebrazione... «Bisogna intenderci – incalza Casarin – se ci si limita al coinvolgimento meccanico, è vero: i fedeli non aprono bocca, ascoltano solo. Ma c’è un altro coinvolgimento, quello emotivo, e in questo senso la musica eleva la mente, scalda il cuore e suscita la preghiera. Mi è successo più volte, al termine della celebrazione, di essere ringraziato da persone perché, a detta loro, non avevano mai pregato così bene».
Quando cantori e organo lanciano verso il catino delle cupole l’ultima nota e la gente, alzatasi in piedi, esplode in un caloroso battimani per sottolineare la pregevolezza dell’esecuzione, ma anche per liberare l’emozione spirituale che ha fatto loro vivere la grandezza e la bellezza del mistero celebrato nella liturgia, non resta che dire: «Grazie, coristi e maestro, abbiamo pregato bene insieme».
Il nuovo delegato
Lo scorso 22 luglio, il Santo Padre Francesco ha nominato il nuovo delegato pontificio per la Basilica di Sant’Antonio in Padova: si tratta di monsignor Vittorio Lanzani, già vescovo di Labico (RM) e delegato della Fabbrica di San Pietro. Nato a Marcignago (diocesi di Pavia) il 14 giugno 1951, ordinato sacerdote il 3 aprile 1976 e ordinato vescovo dal beato papa Giovanni Paolo II il 6 gennaio 2002, monsignor Lanzani succede a monsignor Francesco Gioia, delegato pontificio nella Basilica padovana dal 2001. Al nuovo delegato i migliori auguri di buon lavoro!