In missione… per conto di Dio

Ciascuno con un preciso compito, ma uniti nel comune obiettivo di portare un messaggio di speranza, attraverso il pulpito dei mass media, agli uomini e alle donne del nostro faticoso tempo.
28 Ottobre 2013 | di

1898. A tale anno, che sembra perdersi nel buio della storia, risale il primo numero del nostro «Messaggero di sant’Antonio». A partire da quella felice intui­zione – e cioè affidare a un giornale il compito di continuare, seppur a distanza, una relazione e un’amicizia, quella tra sant’Antonio di Padova e la grande famiglia antoniana, i suoi devoti sparsi ai quattro venti – davvero molti sono stati in tutti questi anni i frati che, a diverso titolo e con differenti competenze, sono stati incaricati di «prendersi cura» e di «far crescere», assieme ai collaboratori e ai lettori, queste pagine, dapprima in rigoroso «bianco e nero» e ultimamente sempre più colorate.

I verbi di carattere pedagogico non sono fuori luogo. Perché chi si ritrova a spendere energie, fantasia, creatività, competenze professionali, ma soprattutto, lasciatecelo dire, passioni e desideri che germogliano e sono innaffiati dalla fede e dalla vocazione francescana e antoniana, si scopre molte volte nella funzione materna di «mettere al mondo», di generare qualcosa di vitale. E di farlo in tempi non più così favorevoli o accondiscendenti. Anzi, che sembrano piuttosto arrancare «all’ombra della morte». Tempi in cui proporre una rivista di quelle che ancora si sfogliano, fatta di carta e inchiostri, ma che sempre più si va aprendo al mondo digitale, proporla senza scorciatoie o accomodamenti, condividendo con chi ci legge riflessioni, temi, contenuti, modalità espressive, non certo alla moda o che «pagano», non si può proprio dire che sia né del tutto scontato né facile. La lista delle lamentazioni sarebbe ben lunga: la carta stampata è in crisi, nessuno più legge i giornali, non c’è più fede, men che meno devozione, i giovani non sono più quelli di una volta, mancano i soldi e, a dirla proprio tutta... non ci sono nemmeno più le mezze stagioni!

Insomma, lo sport nazionale del lagnarsi ci tenta ma non ci appartiene proprio. Ma tant’è: è proprio quando il gioco si fa duro che la passione per il Regno di Dio entra in gioco! Questa passione, mai persa per strada lungo tutti questi anni, mai svenduta al primo offerente, mai barattata con facili successi o glorie dorate ma dai piedi d’argilla, mai scambiata con qualcosa di più a buon mercato; questa passione che ti lascia con il cuore perennemente inquieto, mai del tutto soddisfatto del risultato raggiunto, fortemente responsabilizzato nei confronti di coloro a cui ti rivolgi, siano essi uomini e donne in ricerca o famiglie desiderose di riac­ciuffare la propria specificità «cristiana», coinvolto, per quello che ti è dato, nel grande sogno di Dio; beh, questa passione ha accompagnato tutti i numeri della rivista in questi 115 anni di scommesse!

Il che non vuol dire misconoscere errori piuttosto che periodi di difficoltà o autentiche cantonate: pure di queste andiamo fieri, dopo averne fatta una sana autocritica – sorridendo perciò anche un po’ di noi stessi – e averne chiesto evidentemente scusa ai lettori. Perché, se è vita che vogliamo condividere, seppur vita di fede, essa è normalmente ed evangelicamente fatta anche di tutto ciò.
 
115 anni di scommesse
Dal «mitico» padre Placido Cortese, direttore negli anni disperati della guerra, scomparso nelle prigioni naziste dopo aver salvato centinaia di ebrei e di prigionieri inglesi dai campi di concentramento, passando per i più vicini a noi, e di cui molti di voi lettori ancora serbate memoria – Giovanni Colasanti ed Egidio Monzani al «Messaggero dei Ragazzi», Giacomo Panteghini, Luciano Marini, Agostino Varotto, Luciano Bertazzo, Agostino Gardin, Danilo Salezze e Ugo Sartorio –, i frati della Basilica padovana del Santo, ora parte della «neonata» religiosa Provincia italiana di S. Antonio di Padova, corrispondente suppergiù a tutta l’Italia settentrionale, Emilia Romagna compresa, da sempre guardano con occhio timoroso ma con altrettanta grande attenzione all’opera del «Messaggero di sant’Antonio», a volte semmai un tantino impauriti per questo dono che Dio ha messo nelle nostre mani.

I frati radunati al Capitolo provinciale dell’estate appena trascorsa, tra l’altro proprio a Camposampiero, luogo caro alle memorie antoniane, hanno così pensato di affidare per i prossimi anni a tre nuovi frati la conduzione generale dell’Opera «Messaggero di sant’Antonio»: fra Giancarlo Zamengo, direttore generale dell’Opera, fra Giancarlo Capitanio, direttore gestionale dell’Opera, e fra Fabio Scarsato, direttore editoriale delle riviste e delle Edizioni Messaggero Padova (Emp), e responsabile del «Messaggero di sant’Antonio». Nella continuità con chi li ha preceduti, facendo tesoro del percorso bello fin qui fatto e con l’impegno – a Dio piacendo! – di riuscire a fare un ulteriore tratto di strada nel compito di offrire una rivista moderna. Nel senso di contenuti che possano rispondere a bisogni, domande, esigenze formative, problematiche, sensibilità del giorno d’oggi, pur nutrendosi di passato, di cui va fiera e di cui non potrebbe fare a meno, anche perché questo risponde al nome di Gesù Cristo e di un paio dei suoi migliori amici, Antonio di Padova e Francesco d’Assisi. Che poi, a conti fatti, di antiquato non hanno proprio nulla.

I paragoni simpatici nei confronti dei tre frati della nuova direzione si sprecherebbero – il lungo, il corto e il pacioccone, le tre Grazie o le tre Marie, a scelta, Qui Quo Qua, i tre porcellini o i tre dell’«Operazione drago» – e tutti alludono almeno a una parte di verità. Fra Giancarlo Z., fra Giancarlo C. e fra Fabio, tutti e tre provenienti ultimamente da esperienze di pastorale parrocchiale o sociale, sono sicuramente un trio «improbabile». Ma hanno degli ottimi collaboratori, sia laici sia confratelli francescani, e in particolare lettori affettuosi e pazienti ai quali potrebbe capitare, nel fruscio tipico che queste pagine fanno quando si sfogliano, di percepire molte voci…

Ma soprattutto, come dire? – o meglio, come direbbero i Blues Brothers –, sono «in missione per conto di Dio». Con tutte le conseguenze ma anche gli inaspettati «aiuti» divini che ciò comporta.
 
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017