L’altare delle meraviglie

È il cuore del Santuario. Il presbiterio, sul quale si erge l’altare principale, mensa dell’Eucaristia, è il fulcro della vita spirituale del cristiano e il fine dello stesso pellegrinaggio.
26 Marzo 2014 | di

L’effetto sui pellegrini che varcano per la prima volta la soglia della Basilica è stupefacente. Eccoli lì, con il naso all’insù e gli occhi sgranati, ad ammirare la vastità degli spazi cui hanno dato forma e bellezza la compatta solidità dello stile romanico e i fantastici slanci del gotico e del bizantino. Subito dopo, nel loro elegante succedersi di colonna in colonna, compaiono le arcate che conducono, come spirituali segnavia, verso il cuore del Santuario, il presbiterio, sul quale si erge l’altare principale, mensa dell’Eucaristia, a sua volta anima della vita spirituale del cristiano e fine dello stesso pellegrinaggio.
 
Dove si celebra l’Eucaristia
Il presbiterio è lo spazio in prossimità dell’altare principale, riservato ai ministri del culto: spazio sacro, dove si svolgono i riti liturgici, l’Eucaristia in particolare. L’attuale sistemazione del presbiterio della Basilica è il risultato di una radicale operazione attuata nel 1600 in risposta alle disposizioni del Concilio di Trento. L’obiettivo era l’eliminazione di ogni ostacolo tra celebrante e fedeli. Necessario lo spostamento degli stalli del coro con i preziosi intarsi dei fratelli Cristoforo e Lorenzo Canozzi (distrutti dall’incendio del 1749) nell’emiciclo delimitato dal deambulatorio, dietro l’altare; la rimozione degli archi posti all’inizio del coro, a mo’ di iconostasi, sostituiti con l’attuale balaustra in marmo rosso, sormontata ai lati da quattro belle statue bronzee di Tiziano Aspetti, raffiguranti le virtù della Temperanza, della Fede, della Carità e della Speranza. Le pareti perimetrali, spogliate degli stalli, vennero ricoperte con preziosi marmi, tra i quali trovarono posto dodici formelle in bronzo con episodi del Vecchio Testamento, dieci di Bartolomeo Bellano e due di Andrea Briosco. Quell’operazione fece una vittima illustre: l’altare del Donatello, troppo sobrio per il fastoso gusto allora imperante, fu smantellato e sostituito con un altro manufatto. Il maestro fiorentino, scultore tra i massimi di ogni tempo, l’aveva creato per collocarvi i capolavori in bronzo da lui forgiati per la Basilica tra il 1443 e il 1454, finiti, dopo lo smantellamento, in luoghi diversi del Santuario.
 
L’altare di Boito ricorda Donatello
L’altare attuale è stato realizzato dall’architetto Camillo Boito per il settimo centenario della nascita del Santo (1895) e in sostituzione dell’altarone barocco, la cui mole imponente chiudeva ben tre arcate dell’abside. L’intento del Boito era di creare un manufatto che ricordasse quello del Donatello, e di radunare in esso i bronzi di quest’ultimo, collocati in vari luoghi della Basilica. Anche se Boito si dedicò con cura allo studio delle opere del maestro fiorentino per ricavarne elementi utili all’impresa, il suo altare, come ipotizzano accurati studi recenti, si discosta di molto dall’originale. È riuscito, invece, nell’intento di radunare i capolavori del Donatello, crean­do per essi uno spazio suggestivo, dominato dal grande crocifisso, realizzato tra il 1444 e il 1449 e ritenuto capolavoro assoluto della scultura. In esso spiccano la morbidezza e la sapienza anatomica con cui è modellato il corpo del Cristo, la serena, divina dignità che promana dal volto pur contratto dall’agonia.

Sotto la croce, Donatello ha posto la Madonna con un delizioso Gesù bambino in braccio, offerto alla pietà dei fedeli e, ai suoi lati, le statue dei santi Francesco d’Assisi e Antonio di Padova, affiancati da Giustina, Ludovico d’Angiò, Daniele e Prosdocimo, tutti bellissimi nella loro quieta ma fremente classicità.

Francesco e Antonio sono posti uno vicino all’altro. Fondatore dell’Ordine francescano il primo, suo seguace e fedele interprete il secondo, furono legati da stima reciproca, come testimonia la lettera in cui frate Francesco, chiamando Antonio «suo vescovo», lo autorizza a insegnare «sacra teo­logia ai nostri fratelli, purché mentre ti dedichi a questo studio non venga meno in te lo spirito della preghiera e dell’orazione».

Incastonati davanti e dietro l’altare sono finiti tutti gli altri capolavori del Donatello: i bassorilievi raffiguranti miracoli del Santo, i simboli dei quattro evangelisti, il Cristo morto tra due angioletti, una teoria di bellissimi putti musicanti. Nel retro, infine, una straordinaria deposizione di Gesù nel sepolcro, scolpita su pietra di Nanto in forme ancora incompiute, che esaltano la drammaticità della scena. A far da sfondo all’altare, una fitta decorazione che avvolge le superfici murarie del presbiterio e del deambulatorio. Vi campeggiano personaggi del Vecchio e Nuovo Testamento e scene che narrano la vita del Santo esaltandone il carisma taumaturgico.
 
La decorazione di Achille Casanova
Questa fitta decorazione fu affrescata, nei primi anni Quaranta del Novecento, da Achille Casanova, abile decoratore e principale interprete della «scuola floreale» creata a Bologna da Alfonso Rubbiani. Alla sinistra dell’altare troneggia su un piedistallo di marmo un fantasioso candelabro (1507-1515), opera del bronzista padovano Andrea Briosco e popolato da figure mitologiche accanto a personaggi dell’Antico e Nuovo Testamento. Il candelabro era destinato a reggere il cero pasquale. Il senso di tutto è, allora, chiaro: Cristo con la sua risurrezione ha dato significato a ogni epoca e vicenda della storia dell’uomo.

Degno di nota anche l’affresco di pittore giottesco, che si trova sotto l’arco della cantoria, a sinistra. Esso raffigura il Santo benedicente, i cui tratti somatici ricordano le descrizioni fatte dai primi biografi, e per questo considerato, fin dal terzo decennio del Trecento, come la «vera effigie di sant’Antonio».

Al di là delle intenzioni del Boito, l’altare popolato di santi ai piedi del Crocifisso si presta a una lettura spirituale, con spiccati accenti francescani.
 
Spiritualmente parlando
Il Cristo crocifisso dominatore della scena e, sotto di lui, la Madonna con il Bambino, raffigurano plasticamente due misteri: l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione, che Francesco e Antonio hanno vissuto e celebrato con la loro vita e le loro parole, e Antonio anche con gli scritti (i Sermoni).

A dominare è giustamente il Crocifisso, perché il Cristo, morto e risorto, è il centro della fede, e anche della devozione al Santo che non è fine a se stessa, ma mezzo, aiuto, mano fraterna offerta per camminare insieme incontro al Cristo Signore. Il fine e il senso del culto dei santi è, infatti, di rendere gloria a Dio e a Cristo Signore, attraverso la testimonianza della loro santità.

Possiamo immaginare l’insieme come una «sacra conversazione» tra il Crocifisso, la Madonna, Antonio, Francesco e i santi della chiesa locale – Prosdocimo, primo vescovo di Padova e i martiri Giustina e Daniele – nel cui alveo frate Antonio si è inserito fino a diventare il patrono principale della città. Qui si celebra l’Eucaristia, anticipo della gloria futura. Nei primi secoli del cristianesimo, quando il battistero stava fuori della chiesa, i neofiti, ricevuto il battesimo, entravano nel tempio per ricevere l’Eucaristia. Lo stesso avviene nel pellegrinaggio: il credente, quando entra in Basilica, viene attratto dal Cristo, innalzato sull’altare dell’Eucaristia verso cui tutto converge a da cui tutto riparte. Anche il culto e la devozione a sant’Antonio, il cui scopo è di portare le persone a Cristo.
  


La piccola pala di Pietro Calzetta
IL CRISTO PASSO

Donatello, con il volto del Crocifisso morente e quello del Cristo morto consolato da due angioletti, ci ha lasciato due pagine di sublime bellezza, con cui esprimere la grandezza del «Divino Paziente». Pagine non facilmente leggibili dai pellegrini. Più accessibile, invece, il «Cristo passo», una piccola pala affrescata e protetta da vetro, che si incontra appena lasciata la cappella della Madonna Mora, opera del padovano Pietro Calzetta e realizzata nella seconda metà del Quattrocento. Di essa, padre Bernardo Gonzati, nella sua monumentale storia della Basilica (1852), dice che, pur non essendo passata «illesa» da incauti restauri, «bella è l’espressione di rassegnato dolore che si legge in quel volto divino».

Nella parte superiore, due angeli recano la scritta Christus passus est pro nobis, mentre nello zoccolo si leggono tre distici latini, che invitano il pellegrino alla compassione: «Vedi quanto Cristo ha sofferto per i tuoi peccati… Solo l’Amore l’ha spinto a darti sì grandi prove d’Amore: tu riamalo…». Incuriosisce l’avvallamento del pavimento, nei pressi dell’inginocchiatoio, prodotto dai tanti pellegrini che nel corso dei secoli lì si sono inginocchiati a pregare. E continuano a farlo, nel solco di una devozione autentica, frutto dell’Amore che «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7). Un Amore che «consuma». Scriveva sant’Antonio davanti al volto sofferente di Cristo: «O occhi del nostro Diletto chiusi nella morte! O volto, nel quale gli angeli bramano fissare lo sguardo, chiuso ed esangue! O labbra, favo di miele stillante parole di vita eterna, divenute livide! O capo, tremendo agli angeli, che pende reclinato! Quelle mani, al cui tocco scomparve la lebbra, fu restituita la vista perduta, fuggì il demonio, si moltiplicò il pane, quelle mani, ahimè, sono bagnate di sangue!» (Sermoni). 


 
APPUNTAMENTI
Aprile in Basilica
 
1 aprile: ore 11.00 Messa: precetto pasquale dei militari. Presiede monsignor Santo Marcianò, ordinario militare.

4 aprile: ore 17.45 Via crucis.

6 aprile: ore 11.00 Messa solenne animata dalla Cappella musicale antoniana per la chiusura del 750° anniversario del ritrovamento della Lingua incorrotta di sant’Antonio (1263-2013). Presiede monsignor Manuel José Macário do Nascimento Clemente, patriarca di Lisbona (Portogallo), città natale del Santo.

11 aprile: ore 17.45 Via crucis; ore 21.00 Via crucis animata dalle comunità dei frati minori conventuali.

13 aprile: Domenica delle Palme: ore 11.00 Messa solenne animata dalla Cappella musicale antoniana.

14 - 15 - 16 aprile: ore 17.00 Messa a cui seguirà l’adorazione Eucaristica delle quarant’ore. Si conclude alle ore19.00 con la celebrazione dei Vespri.

17 aprile: ore 7.00 Celebrazione dell’Ufficio delle letture e Lodi mattutine; ore 18.00 Messa solenne In Coena Domini.

18 aprile: ore 7.00 Celebrazione dell’Ufficio delle letture e Lodi mattutine; ore 18.00 celebrazione della Passione del Signore.

19 aprile: ore 7.00 Celebrazione dell’Ufficio delle letture e Lodi mattutine; ore 21.00 solenne veglia pasquale animata dalla Cappella musicale antoniana.

20 aprile: Pasqua di Risurrezione del Signore: ore 11.00 e 17.00 Messe solenni animate dalla Cappella musicale antoniana.

27 aprile: ore 11.00 Messa animata dalla Cappella musicale antoniana.

 
Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017