L’intervista. Franco Miano e Pina De Simone
Ci siamo: dal 5 al 19 ottobre si tiene in Vaticano il sinodo sulla famiglia o, per essere precisi, la terza Assemblea generale straordinaria del sinodo dei vescovi, sul tema «Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione», tappa di avvicinamento al sinodo generale del 2015 che avrà sempre la famiglia al centro della riflessione.
Scorrendo la lista dei nomi di chi prenderà parte ai lavori ci sono delle sorprese, e in particolare risalta la presenza di alcune coppie di sposi: tredici tra i sessantadue uditori, una tra i duecentocinquantatré partecipanti, nel gruppo degli esperti. Ed «esperti» i coniugi Miano lo sono davvero: Franco, già presidente dell’Azione cattolica italiana dal 2008 al 2014, è ordinario di Filosofia morale a Roma Tor Vergata; Pina De Simone insegna filosofia presso la Facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli. Ci siamo fatti raccontare come si stanno avvicinando al grande evento ecclesiale.
Msa. Siete l’unica famiglia a partecipare ai lavori: quali sono le vostre attese?
Miano. È vero, abbiamo aspettative personali, ma più che altro ci sentiamo in sintonia con le attese dell’intera comunità ecclesiale. Per questo ci aspettiamo che la Chiesa cresca nella vicinanza, si rafforzi nella carità, sia ancora più attenta alla vita delle famiglie concrete. Il sinodo, infatti, pone prima di tutto un problema di stile di accompagnamento e di misericordia, come papa Francesco annuncia di continuo. Condividiamo questa attesa, la facciamo nostra e ci mettiamo a servizio perché possa realizzarsi.
Il documento preparatorio ha avuto il pregio di basarsi sull’ascolto. È uno stile che caratterizzerà tutti i lavori?
De Simone. Di certo. È apparso evidente già nella fase di preparazione, con il questionario mandato nelle diocesi e l’accoglienza di quanto ne è emerso. Ma è la stessa composizione dell’assemblea a dimostrarlo, e penso alle tredici coppie provenienti da diverse parti del mondo, anche da realtà molto provate da situazioni di sofferenza e lacerazione. Questo significa che la riflessione che si intende condurre e promuovere nella vita della Chiesa non avrà i caratteri dell’astrattezza, non sarà pura teoria, ma muoverà proprio dalla realtà concreta sperimentata dalle persone. L’ascolto è la dimensione portante del sinodo, e continuerà a esserlo anche dopo la chiusura: deve diventare un modo di porsi rispetto alla vita e alle questioni che la attraversano. Il percorso così ideato, con l’appuntamento di questo ottobre e poi un tempo ulteriore di riflessione che prepara il sinodo ordinario del 2015, scandisce con sapienza la promozione di un ascolto il più ampio possibile.
La famiglia sembra fare notizia solo quando è ferita: nella società occidentale, dove mobilità, precarietà e privatizzazione degli affetti paiono avere la meglio, la famiglia è ancora una proposta valida?
De Simone. Penso proprio di sì. Al di là di certe posizioni ideologiche, nella sostanza sono convinta ci sia un grande bisogno di famiglia nella realtà di vita del nostro tempo. La parola «famiglia», quindi, è ancora carica di significato e di valore, anche per chi non crede, perché non è una prerogativa esclusiva dei credenti, assolutamente! La stessa vivacità della discussione che si accende attorno a questi temi sta a significare che c’è un fortissimo interesse; esprime un bisogno, un desiderio, una ricerca che continua a essere presente. Ne sono convinta: la famiglia risponde fondamentalmente al bisogno di relazione e di comunione che – a volte nonostante tutto – ci portiamo nel cuore. Di conseguenza, penso ci sia necessità di una parola che dica con semplicità, freschezza e autenticità che è possibile vivere la relazione del dono totale di sé, la relazione generativa, la relazione della fedeltà che si esprime nella comunione di vita familiare. Una vita così è possibile. Affermarlo, poi, non è esprimere un principio astratto, perché questa realtà di vita e di relazione di fatto è presente in tante concretissime famiglie, delle quali molte volte non si parla, ma che sono una grande ricchezza di generosità e responsabilità, e che sono ancora la struttura portante del nostro Paese.
Leggendo il documento preparatorio si scopre quante siano le questioni di cui l’assemblea è chiamata a occuparsi. Quali sono le sfide più urgenti da affrontare?
Miano. Vanno distinte una serie di questioni, in parte intrecciate tra loro. La sfida più grande è quella di ridire il senso e il significato dell’essere famiglia e raccontarne la bellezza. Poi è chiaro che per essere tale la famiglia ha bisogno di alcuni fattori costitutivi. Ad esempio, di ordine economico: se è vero che la famiglia è una risorsa per la società, è anche vero che questo accade dove alla famiglia è dato spazio. Le scelte economiche, organizzative, fiscali, legislative degli Stati incidono. Senza lavoro non c’è casa, e senza casa è difficile mettere su famiglia. Secondo punto: la questione educativa. Bisogna riconoscere alla famiglia e a ciascun componente il suo giusto ruolo, il compito che gli è proprio. C’è, infine, un problema culturale più ampio, sul modo di intendere la famiglia. Il documento preparatorio non tace le varie questioni aperte in proposito, legate perlopiù a una mentalità consumistica o individualistica. Senza un orizzonte autenticamente relazionale, la famiglia non può né costituirsi né, poi, reggersi.
Tra i temi caldi che i media hanno associato al sinodo ci sono varie questioni: la comunione ai divorziati risposati, la nullità del matrimonio, la contraccezione, la teoria del gender, le coppie omosessuali... È lecito aspettarsi delle nuove puntualizzazioni, teorizzazioni o aperture in proposito?
Miano. Sono questioni importanti di cui il sinodo di certo si occuperà, quindi è difficile anticipare la riflessione o gli esiti che essa potrà avere. Inoltre, va detto che non sarà questo sinodo a dare l’immediatezza di una risposta. L’appuntamento dal 5 al 19 ottobre si prefigura come un’occasione per far crescere il terreno della consapevolezza e della capacità di interrogarsi alla luce dello Spirito in vista del sinodo ordinario di ottobre 2015. Lo sforzo fondamentale sarà quello di coniugare la stabilità di una dimensione dottrinale con la novità delle situazioni che la storia ci pone davanti. Queste richiedono di essere inquadrate bene, al di là di ogni semplificazione, prima ancora che su un piano dottrinale su quello dell’accompagnamento, della pastorale e della sensibilità, avendo sempre una grande attenzione alla vita delle persone, capacità di comprensione, misericordia, rispetto. E tuttavia, quello che il sinodo di certo eviterà sarà di staccare in modo puntiforme le singole questioni. C’è in gioco una più ampia visione della famiglia e dell’essere umano.
Alcuni passi compiuti dal Papa in settembre sembrano tracciare un solco: il 14 Francesco ha celebrato venti matrimoni, con alcune coppie anche già conviventi o con figli; il 28, nella giornata di preghiera per il sinodo, Bergoglio ha incontrato nonni e anziani. Come interpretare questi segnali?
Miano. Francesco sceglie sempre di trasmetterci il suo insegnamento attraverso gesti eloquenti che mostrano l’amore di Dio verso gli uomini. Dio non ama in astratto, ma a partire dalla vita reale di ciascuno, che è un cammino caratterizzato da salti, tappe e cadute. Così, gli sposi di cui il Santo Padre ha benedetto le nozze possono avere avuto esperienze precedenti di un certo tipo, ma non si sono fermati lì. Hanno fatto un passo ulteriore e sono approdati alla scelta del matrimonio cristiano. L’atteggiamento è quello della misericordia, il contrario della rigidità.
Oltre a essere sposi, siete genitori: come rappresenterete al sinodo le sfide della genitorialità?
De Simone. Credo che le sfide della genitorialità siano un tutt’uno con quelle della famiglia, per almeno due motivi. Intanto perché l’essere genitori oggi è una delle responsabilità più delicate che attraversano la vita della famiglia. E poi perché c’è una genitorialità che è più ampia di quella puramente biologica. È una generatività propria dell’amore sponsale, e quindi della famiglia in quanto tale, indipendentemente dall’avere o meno dei figli. Infatti la capacità di generare la vita appartiene all’amore coniugale e si esprime in una molteplicità di modi: trova espressione soprattutto in una responsabilità educativa e generazionale, nella trasmissione della forma della vita attraverso significati e valori che possono reggere l’esistenza stessa e renderla feconda nel senso ampio del termine. Sono nodi importanti, con ampi risvolti sul piano culturale e sociale. Di certo verranno affrontati nella riflessione che il sinodo intende attivare.
- La prima proposta è una veglia di preghiera in piazza San Pietro, con papa Francesco e i Padri sinodali, dalle 18.00 alle 19.30 (accesso dalle ore 16.00). Non è necessaria l’iscrizione ma – fanno sapere gli organizzatori – è comunque opportuno inviare un’e-mail a famiglia@chiesacattolica.it, indicando le generalità del gruppo di pellegrini e i recapiti del referente.
- Accendi una luce in famiglia è invece diffusa nel territorio. L’invito è a ritrovarsi in forma domestica nella propria casa, o comunitaria in gruppi parrocchiali o diocesani, seguendo lo schema di preghiera scaricabile sul sito www.chiesacattolica.it/famiglia/. Come segno visibile, ai partecipanti è chiesto di porre sulla finestra delle proprie abitazioni un lume acceso.