Stati Uniti. Sant’Antonio a Ridgewood

14 Giugno 2012 | di

New York
Sono numerose le chiese che durante l’anno, o soprattutto nel mese di giugno, celebrano la festa del Santo. Come la parrocchia di St. Matthias, a Ridgewood, nel Queens, dove i fedeli promuovono la devozione a sant’Antonio. «La partecipazione della gente alle celebrazioni in onore di sant’Antonio – osserva il parroco, monsignor Edward Scharfenberger –, mi ha fatto capire l’importanza di avere una statua del Santo nella nostra chiesa. Stare al suo cospetto è un privilegio. Anch’io prego il Santo, lo ascolto, e gli chiedo di benedire e proteggere tutti coloro che si rivolgono a lui». «Ogni mese porto qui studenti, amici e colleghi di lavoro per farli incontrare con il Santo e per aiutarli a conoscere la sua figura – aggiunge Anna Maria Fortunato –. E, alla fine della visita, sembra che sia il Santo a venire loro incontro per conoscerli uno a uno, nello straordin­ario silenzio che avvolge la chiesa». Molti devoti raccontano che per loro il Santo è una specie di scuola nella quale si impara un modo cristiano di essere. I loro gesti di devozione esprimono le profonde emozioni provate al cospetto della statua, simbolo della presenza viva di Antonio: c’è chi si scioglie in lacrime, chi depone un mazzo di fiori, chi accende una candela, chi gli scrive, e chi, infine, dopo aver solo posato per alcuni istanti la mano sulla statua, ritorna più sereno da quel semplice incontro. Rosalia Patanè, un’altra devota, confida che «la gente, dopo aver contemplato il taumaturgo, testimonia d’aver vinto la solitudine, d’aver ricevuto la forza per vivere in famiglia, anche se essa è disunita o segnata da un matrimonio fallito; oppure è in crisi per la lontananza dalla terra d’origine, per la gravità di una malattia o per la situazione dei figli coinvolti in problemi di droga o di gioco d’azzardo». Rosalia è molto attiva nella promozione della Tredicina e della processione di sant’Antonio. Con gli altri colleghi del suo gruppo, si interessa a inviare al «Messaggero di sant’Antonio» foto di familiari e amici da pubblicare per iniziare così la corrispondenza con i frati del Santo.

L’impegno di questo gruppo «antoniano» richiede ogni anno disponibilità di tempo, energie, risorse e capacità nell’organizzare novene, pellegrinaggi, processioni, e anche la raccolta di offerte per i poveri e per i progetti della Caritas Antoniana. Concetta Ciulla, «memoria storica del gruppo», negli incontri comunitari parla dei Santuari antoniani di Camposampiero, dove Antonio ha avuto la visione del Bambino Gesù; dell’Arcella, dove il Santo è morto, e della Basilica padovana che custodisce le sue spoglie. Caterina Artale, mamma di quattro figli e nonna di quindici nipoti, rivolge invece l’attenzione alla consacrazione dei bambini a sant’Antonio: «Ho imparato dai miei genitori la necessità di curare la formazione umana e religiosa dei figli – afferma –, e chi meglio di sant’Antonio può aiutarci in questo compito?». Anche dalle frequenze di Radio Maria, Caterina sollecita le mamme ad affidare i loro bambini alla speciale protezione del Santo. Anna Fasulo è una sostenitrice delle missioni e delle Chiese cattoliche italiane. A chi dice che non servono più, Anna risponde: «Basta chiedere alle migliaia di italiani che frequentano le nostre chiese per sentirsi rispondere che esse sono ancora un pilastro insostituibile per conservare viva l’identità e la fede nelle nostre comunità». Nei tredici «Martedì di sant’Antonio», e nel giorno della sua festa, le chiese sono frequentate nonostante l’invecchiamento dei sacerdoti che seguono gli emigrati. «Oggi in America, come in Europa, si vive una certa disaffezione verso la fede, e per questo si deve puntare sulla formazione religiosa e umana, convinti che tale processo richiede un approfondimento di fede», conclude Nerina Longo, promotrice di pellegrinaggi nelle chiese dedicate a sant’Antonio, e impegnata a far conoscere la vita del Santo anche attraverso la lettura dei suoi Sermoni.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017