Stati Uniti. Brooklyn, no al razzismo
21 Novembre 2012
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«Nei suoi ottant’anni di vita, la chiesa di Santa Fortunata ha ospitato quattro grandi flussi migratori: prima gli anglosassoni, poi gli italiani e, negli ultimi trent’anni, gli spagnoli e gli afro-americani. Per ogni gruppo posso ricordare innumerevoli casi di discriminazione: dall’essere rifiutati in chiesa perché non parlavano l’inglese; dal non poter prendere in affitto un appartamento solo perché erano di colore; dal non ricevere una promozione sul luogo di lavoro per non aver “americanizzato” il loro nome». Siamo a Brooklyn, East New York. A parlare è don Vincenzo Miceli, di origine siciliana, parroco di questa chiesa da dodici anni. «Sono l’unico bianco in una parrocchia così estesa e diversa tanto per il colore della pelle dei suoi fedeli quanto per la loro lingua, cultura, religione, costumi, tradizioni e modi di vivere.
Purtroppo, anche nelle chiese, ho visto atteggiamenti razzistici contro giovani, donne, omosessuali, zingari, ebrei e vari gruppi etnici, compresi gli italiani». Per don Miceli il razzismo rimane, purtroppo, un fenomeno sempre attuale. «Non si nasce razzisti. Purtroppo si finisce per diventarlo a causa della paura, dell’ignoranza o della stupidità. I bambini non giudicano i compagni dal colore della pelle, dagli occhi o dalla statura dei loro amici. È solo dopo aver visto gli adulti classificare secondo queste categorie che anche i più piccoli si comportano di conseguenza».
La lotta contro il razzismo va condotta con le armi del diritto, dell’educazione e della religione, sottolinea il parroco di Santa Fortunata, ricordando come le Nazioni Unite condannino ogni modalità di discriminazione perché viola i diritti dell’uomo e le sue libertà fondamentali. «Capire le differenze, promuoverle e saper convivere con loro è un modo concreto per combattere il razzismo – aggiunge don Miceli –. Ogni essere umano è influenzato dalla cultura del suo Paese d’origine, ma le culture non sono mai fisse. Oggi le frontiere, che in passato distinguevano i popoli con abitudini di vita diverse, vanno scomparendo. È solo attraverso un’adeguata educazione che si aiuta una persona a non giudicare senza prima conoscere e apprezzare le diversità».
Durante l’anno, don Miceli promuove diverse attività liturgiche, sociali, sportive e accademiche aperte all’intera comunità. Sia che si tratti di processioni del Venerdì Santo, di feste patronali, di competizioni di baseball o football, di incontri con varie autorità religiose e civili o di picnic, ha sempre di mira l’unità della parrocchia. «La religione è una straordinaria potenza di unità, di pace e di fratellanza. Quando si prende davvero coscienza di un Padre comune, si pongono le premesse per un abbraccio fraterno» conclude.
Purtroppo, anche nelle chiese, ho visto atteggiamenti razzistici contro giovani, donne, omosessuali, zingari, ebrei e vari gruppi etnici, compresi gli italiani». Per don Miceli il razzismo rimane, purtroppo, un fenomeno sempre attuale. «Non si nasce razzisti. Purtroppo si finisce per diventarlo a causa della paura, dell’ignoranza o della stupidità. I bambini non giudicano i compagni dal colore della pelle, dagli occhi o dalla statura dei loro amici. È solo dopo aver visto gli adulti classificare secondo queste categorie che anche i più piccoli si comportano di conseguenza».
La lotta contro il razzismo va condotta con le armi del diritto, dell’educazione e della religione, sottolinea il parroco di Santa Fortunata, ricordando come le Nazioni Unite condannino ogni modalità di discriminazione perché viola i diritti dell’uomo e le sue libertà fondamentali. «Capire le differenze, promuoverle e saper convivere con loro è un modo concreto per combattere il razzismo – aggiunge don Miceli –. Ogni essere umano è influenzato dalla cultura del suo Paese d’origine, ma le culture non sono mai fisse. Oggi le frontiere, che in passato distinguevano i popoli con abitudini di vita diverse, vanno scomparendo. È solo attraverso un’adeguata educazione che si aiuta una persona a non giudicare senza prima conoscere e apprezzare le diversità».
Durante l’anno, don Miceli promuove diverse attività liturgiche, sociali, sportive e accademiche aperte all’intera comunità. Sia che si tratti di processioni del Venerdì Santo, di feste patronali, di competizioni di baseball o football, di incontri con varie autorità religiose e civili o di picnic, ha sempre di mira l’unità della parrocchia. «La religione è una straordinaria potenza di unità, di pace e di fratellanza. Quando si prende davvero coscienza di un Padre comune, si pongono le premesse per un abbraccio fraterno» conclude.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017