Australia. Ticket di sola andata
Non chiamateli «migranti». Sono viaggiatori del mondo, si percepiscono come tali. Sono gli italiani maggiorenni under 30 che negli ultimi dodici anni hanno acquistato un biglietto per l’Australia e la Nuova Zelanda, intanto di sola andata, poi non si sa mai. Un flusso migratorio importante che sta riscrivendo la storia della presenza italiana in Oceania, perché, dati alla mano, il fenomeno ha superato la storica migrazione post conflitto mondiale: nel 1950-’51 erano 19 mila gli italiani emigrati, mentre al 30 settembre 2015 erano oltre 22 mila i nostri conterranei temporaneamente residenti in Australia, quando nel 2008 l’asticella toccava appena quota 6 mila. Sono solo alcuni dei dati reperibili in Giovani italiani in Australia. Un «viaggio» da temporaneo a permanente, volume a cura della fondazione Migrantes presentato in anteprima a Roma a fine aprile. A firmare la preziosa ricerca sono Michele Grigoletti e Silvia Pianelli, a loro volta italiani residenti a Sydney.
Il tomo ha due grandi pregi. Il primo: prende in esame l’attualità, quella tra il 2004 e il 2016, con tutti i dati più aggiornati per interpretare il fenomeno migratorio. Il secondo: dà voce agli «ultimi arrivati», ai giovani d’oggi, con una quantità di interviste e storie di vita di primissima mano. Non a caso, al libro è allegato anche il documentario 88 giorni nelle farm australiane, video reportage di 35 minuti per la regia di Matteo Maffesanti che fa parte integrante della ricerca (per informazioni si veda www.88days.com).
La prefazione del testo è firmata dall’ambasciatrice Cristina Ravaglia (direttore generale per gli Italiani all’estero e le politiche migratorie del ministero degli Affari Esteri) che, intervenendo alla presentazione, ha sottolineato: «Le partenze di italiani dal nostro Paese sono aumentate del 50 per cento negli ultimi dieci anni. L’Australia è una delle destinazioni extraeuropee di maggiore attrazione per i nostri migranti, molti dei quali vi giungono col visto vacanze-lavoro, più di 30 mila negli ultimi tre anni. Si replica così quanto avviene nei Paesi anglosassoni, con l’anno sabbatico post maturità. Solo che i giovani tedeschi lo vivono a 19 anni, gli italiani lo ritardano in media ai 27, con tutt’altra aspettativa, affrontando un’esperienza estraniante in lavori che forse in Italia non accetterebbero». Per parte sua monsignor Guerino Di Tora, presidente della Commissione Cei per le migrazioni e della fondazione Migrantes, sottolinea: «Emerge un’immagine grigia e triste del nostro Paese, e tuttavia questo è un volume di speranza e di entusiasmo. I “viaggiatori” scelgono lo stacco totale, partono frustrati, ma scoprono poi una nuova fiducia in se stessi che sono pronti a mettere a disposizione dell’Italia». Perché non tutti i visti temporanei si tramutano in definitivi: raggiungere la cittadinanza australiana è un percorso a ostacoli rigido e selettivo. Il primo rinnovo del visto vacanze-lavoro passa proprio per quegli obbligatori 88 giorni da braccianti agricoli nelle farm dell’entroterra, una dura esperienza al limite dello sfruttamento che chiede a chi ci prova dedizione, sacrificio, costanza ed energia. Lo testimonia, ad esempio, Camilla Pivato, una delle intervistate: «L’Australia ha portato fuori cose di me che non credevo esistessero: uno spirito d’adattamento che pensavo di non avere più. Con una base di felicità e serenità interna, che è quello che mi è arrivato in Australia e non mi è più andato via, puoi fare davvero tutto, anche impacchettare mele e pere tutto il giorno».