Il quarto potere degli italofoni

30 Maggio 1999 | di

L' epopea dell' Eco d' Italia: pochi mezzi, tante idee e grande entusiasmo. Dalla rotativa a Internet. Obiettività  e indipendenza di giudizio. Spazi informativi per i giovani.

Vancouver
«Siamo arrivati a Montréal nel 1950, Mainardi ed io. Da là  siamo andati nel Labrador a perforare roccia per la strada del nord, la strada delle miniere. Poi, con qualche altro, a Kitimat (nel nord della British Columbia, al confine con l' Alaska, ndr), e da là  il passo per Vancouver è stato abbastanza breve.... Avevamo comprato due camion, per trasportare automobili italiane da Windsor a Vancouver... In Ontario compravamo il Corriere Canadese, un settimanale di lingua italiana pubblicato a Toronto. A Vancouver in quegli anni non arrivavano giornali italiani, se non qualche volta, quando qualcuno veniva da un viaggio. Non c' erano collegamenti aerei...».
Neanche cinquant' anni dopo, quella raccontatami anni fa da Pierino Mori (con Piero Mainardi fondatore nel 1956 del settimanale L' Eco d Italia, «The only italian newspaper in British Columbia» com è tuttora scritto nella 43enne testata), sembra una favola. La Vancouver cosmopolita, porta canadese sul Pacifico, dinamico luogo di scambi commerciali, sede di istituzioni finanziarie internazionali, pulsante polmone culturale dell' ovest canadese, con il suo fascino di libertà  e modernità  ma anche con le conseguenti sacch e di degrado morale, sembrava dunque essere un villaggio di isolati pionieri. Tra loro, come altrove nel mondo, anche gli italiani. Alcuni erano arrivati prima di Mainardi e di Mori, tra la fine e gli inizi del secolo, già  si stavano affermando oriundi di prima generazione italocanadese - basti accennare ad Angelo Branca (*) - e tentativi di stampa comunitaria erano già  stati fatti, come negli anni Trenta, in piena era fascista, con L' Eco Italo-Canadese di Bruno Girardi.
«Il giornale era una cosa di necessità , era il perno della comunità Â», mi disse letteralmente Mori raccontando la nascita dell'Eco d' Italia di Vancouver. Ma perché questo riferirmi alla storia di un giornale che più tardi - negli anni Ottanta - ho io stessa redatto e diretto per oltre un settennio? È ancora necessario il giornale comunitario? È tuttora il perno della comunità ? Come si sta evolvendo il suo ruolo?

 Corriere della Sera in fotocopie

Si parla molto, oggi, di informazione, rivoluzionata dalle possibilità  della comunicazione globale. Internet ha spalancato la porta alla velocità  e allo scambio delle notizie, vincendo i tempi lunghi della politica e l' isolamento di realtà  lontane e sconosciute. Sto facendo l' esempio dell'Eco d' Italia e della mia esperienza nel settore, ma credo sarebbe utile ascoltare anche altre voci di operatori della stampa italiana nel mondo. Non quelle degli «inviati speciali» o dei collaboratori delle grandi testate nazionali, ma dei responsabili delle centinaia di giornali nati - molti da oltre un secolo - all' interno delle comunità  emigrate. Una stampa autodidatta, in generale povera di mezzi, sia finanziari che tecnici, ma incredibilmente ricca di idee e di passione: vero canale di comunicazione che ha tenuto vivi nel tempo i legami con la madre patria, fungendo da testimone dei valori italiani nel mondo, per affermarli e spesso per difenderli. Una stampa di cui va letta la sostanza, più che la forma, con rispetto e attenzione: per non abbandonarla e dimenticarla.

È il 1955. Mainardi e Mori fanno un accordo con il Corriere della Sera di Milano che autorizza a fotocopiare la parte di notizie che possono interessare le comunità  dell' ovest canadese. Chiamano a raccolta alcuni collaboratori, come loro volontari, capaci di creare dei testi in lingua italiana. Provvedono loro stessi a scrivere e a comporre le cronache locali e la pubblicità . Trovano una vecchia rotativa e stampano da soli il giornale (diventato per un certo periodo bisettimanale e bilingue). Naturalmente, tutto ciò avviene di notte, dovendo lavorare di giorno per procurarsi i normali mezzi di sussistenza. «Allora eravamo giovani e vivevamo di ideali».

Com' era l' ambiente canadese? «Non ostile, ma indifferente. Eravamo tollerati». Resistettero per dieci anni, prima di cedere la testata ad altra proprietà . (**) È il 1984. Non è più necessario fotocopiare i quotidiani italiani, se non la parte riguardante il calcio, che continua ad accendere i cuori degli sportivi. L' Eco d' Italia viene redatto selezionando le notizie da agenzie stampa italiane e canadesi. Editoriali e articoli di collaboratori nascono in loco. Si moltiplicano le rubriche. I testi sono composti al computer, l' impaginazione avviene ancora a mano, la stampa è affidata a terzi. Esce puntualmente ogni giovedì. Ora in formato offside, ventiquattro pagine, di cui la prima e l' ultima spesso a colori. Si celebra il trentennio. La direzione lancia l' iniziativa di una tavola rotonda con la partecipazione di ventidue altri giornali etnici e la sponsorizzazione dell' ufficio multiculturale del governo della British Columbia, sul «Ruolo di un giornale etnico nel paese di accoglimento». Relatore principale è lo scalabriniano Gianfausto Rosoli.

Giornale etnico strumento di pace

Qualche considerazione ricavata allora, e tuttora valida? Il giornale etnico deve operare sintesi feconde, non deve quindi essere ripetitore di messaggi altrui o di diktat esterni. Deve rivendicare il suo ruolo di ponte tra due società  e due culture, aggiornando continuamente metodi e forme di presentazione. Operando in un contesto multiculturale, deve adoperarsi per fare cultura e non solo informazione spicciola. Ha bisogno di indipendenza morale, di mantenere il suo spazio di giudizio critico e autonomo, di non mostrarsi subalterno, opponendosi ai tentativi egemonizzanti la comunità  etnica da parte di vecchi o nuovi notabili.

Il giornale etnico (il concetto va esteso anche alla radio e alla televisione) deve portare avanti l' impegno per una battaglia contro le varie forme del pregiudizio e del razzismo, latente o esplicito; ma anche contro i vari integralismi culturali, evitando pure le esagerazioni a favore del proprio gruppo etnico e le ingenue enfatizzazioni nazionalistiche. Deve saper trovare spazi aperti ai giovani, che maggiormente soffrono per il disorientamento e la perdita di valori morali e culturali, ma che mostrano anche atteggiamenti di disponibilità  e di invenzione insospettabili.

«Operando tra comunità  etniche diverse, portatrici di messaggi culturali diversi, la ricerca e l' invenzione dei valori comuni, unificanti, contro i vari integralismi laicisti o confessionali, diventa opera di pacificazione», ci indicò allora padre Rosoli. Perché il giornale etnico ha un messaggio implicito di pace, avvicina i popoli e li dispone al dialogo: ciò che particolarmente avviene in emigrazione.

E siamo al 1999. Non solo la grande stampa nazionale e internazionale è su Internet, lo sono anche molte testate etniche. Le notizie corrono, circolarmente, più veloci della stessa possibilità  di catturarle. I gruppi di opinione, di discussione e di scambio si incrociano e si moltiplicano. Quando il giornale cartaceo esce, per molti le notizie che riporta sono già  vecchie. Non per questo il suo ruolo di collante e voce delle comunità  italiane, è venuto meno: purché ne sia espressione autentica e libera, voce delle loro multiformi esigenze e realtà , fonte necessaria di conoscenza per chi - in Italia o fuori d' Italia - voglia dialogare per poter poi costruire insieme.

(*) Branca, principe del foro (Messaggero di sant' Antonio, marzo 1998)

(**) L' Eco d' Italia fu rilevato da Cesare Tofini nel 1966, poi da Roano Azzi nel 1978, dagli Scalabriniani nel 1983 e fino all' inizio degli anni Novanta, quando la testata è stata gestita per breve tempo da Enzo Malito, cui è subentrato un gruppo guidato dall' attuale editore Rino Vultaggio con direttore esecutivo Michele Coviello. Il giornale è oggi bilingue: la sezione inglese porta il titolo Nova Italia.
Va ricordato che alla metà  degli anni Settanta è nato ed è stato diffuso per un certo periodo a Vancouver il mensile bilingue Marco Polo, funzionale alla realizzazione del Centro culturale italiano, diretto da Anna Terrana. Da oltre due anni, inoltre, esce regolarmente il mensile bilingue Canada Mirror - Italia allo specchio edito e diretto da Maria Fierro.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017