Gemma Scotton for President... forever!
Vancouver
Luglio 1960. Una giovane nata e vissuta a San Zenone degli Ezzelini, un piccolo comune della marca trevigiana, affronta da sola il lungo viaggio per raggiungere il promesso sposo nell’estremo ovest del Canada. Lei, la «maestrina» Gemma Teresa Favero, aveva conosciuto Egidio Scotton sui banchi di scuola. Lui l’aspetta a Vancouver dov’è arrivato cinque anni prima. Celebrano il loro matrimonio nella Sacred Heart Catholic Church in Strathcona, centro spirituale dell’allora Little Italy.
A grandi linee è la storia di molti, in quegli anni difficili del secondo dopoguerra. Quanti giovani, stringendo i denti, ma pieni di speranza, lasciarono l’Italia alla ricerca di un futuro migliore; e quante fidanzate o giovani spose si staccarono dalle proprie radicate e spesso numerose famiglie, col cuore in pianto e il timore dell’ignoto, per unirsi in capo al mondo ai compagni delle loro vite! Ognuno insegue, o meglio costruisce, il proprio destino. Dalla terra madre alla terra adottiva il passo è duro e difficile. Ma bisogna guardare avanti, con determinazione e senza paura. È quanto ha fatto la protagonista di questa storia. Ha saputo dar vita ad una famiglia solida: tre figli, due maschi e una femmina, oggi professionisti affermati. George, laureato in Scienze e specializzato in Psicologia, lavora in una clinica di Vancouver. Paolo, laureato in Medicina, pratica la professione ad Orangeville, in Ontario. Gina, insegnante d’Inglese a Richmond, città satellite della Vancouver metropolitana, si sta dedicando in particolare a studenti con problemi di apprendimento. Tutti e tre, felicemente sposati, hanno regalato ai nonni Egidio e Gemma gli amatissimi nipotini Anna, Emily, Maria, Miranda, August e Marco. In loro si perpetuerà, con la fiera identità canadese, anche una sostanziale componente ereditaria, fatta di cultura e tradizioni italiane e venete.
A Gemma Scotton non è bastato essere moglie e madre. Non è bastato lavorare per aiutare a far quadrare il bilancio familiare e procurarsi il benessere di oggi. La natura estroversa e generosa, con l’incrollabile fede cristiana e l’attitudine all’educazione, l’hanno spinta a coinvolgersi nel volontariato comunitario. Una vocazione non da tutti. Fin dall’inizio, lei ha scelto di dedicarsi alle donne e ai bambini, i più deboli della società. Grazie a lei, le donne sono diventate delle vere e proprie rocce. «La Gemma» – com’è conosciuta dai più – è considerata una favola, un’icona della comunità italiana di Vancouver. Un punto di riferimento, una forza. Una specie di «generalessa» del volontariato. Le insegnanti dei corsi di italiano la riveriscono e la temono, le centinaia di allievi che nel corso dei decenni hanno frequentato – da bambini o da adulti – le sue impareggiabili lezioni, la ammirano e la amano. I dirigenti del Centro tengono in conto i suoi suggerimenti e i suoi espliciti seppur rispettosi giudizi, enunciati pubblicamente nel corso delle assemblee sociali.
Le sue «signore» del Club femminile – ci tiene a definirle tali, come pure all’uso indistinto del «lei» nei rapporti colloquiali – la vedono come confidente e guida. Sua l’idea di fondare il Club, trent’anni fa, in coincidenza con il sorgere del Centro culturale italiano. Anno dopo anno, tenacemente e orgogliosamente, ha messo a disposizione una serie di attività educative, richiamando adesioni e stima. Qualche eventuale detrattore – ogni comunità ha i suoi – deve accontentarsi di mugugnare, privo di argomenti validi. Oltre ad essere forza motrice del volontariato comunitario, vera e propria «colonna portante» del Centro, il Club è l’unica Associazione a fare formazione. Si contano ormai a centinaia i seminari mensili, condotti da esperti di vari settori della vita civile: assistenti sociali, avvocati, medici, diplomatici, poliziotti, giornalisti, artisti, insegnanti, sacerdoti, scrittori, agenti turistici, esperti finanziari, e così via. Rilevante, inoltre, è l’apporto dato dal Club ad opere caritatevoli, quali il Children Hospital, la Kidney Foundation, l’Unicef. E gli aiuti ad anziani ammalati e bambini bisognosi, anche tramite adozioni a distanza.
Ascoltiamo come la stessa signora Scotton riassume questo trentennio: «Sono stati anni d’arricchimento culturale, d’amicizia, di maturità, d’informazione. Ci siamo veramente migliorate divenendo più coscienti dell’ambiente in cui viviamo, delle sue strutture politico-economiche e sociali. Siamo cresciute divenendo anche più consapevoli delle nostre capacità personali di donne del Duemila, più sicure di noi stesse, dopo la dura prova dei primi anni d’emigrazione». E per il futuro? «Vorremmo continuare ad essere donne forti in famiglia e nella società, madri e nonne consapevoli del nostro grande ruolo d’amore, di abnegazione e d’insegnamento; persone che sicuramente vanno oltre i propri bisogni per aiutare i figli, i nipoti e molti altri». Come vede il futuro del Centro comunitario? «Sono un po’ preoccupata perché i volontari diminuiranno. I giovani sono troppo occupati con le loro attività familiari e professionali per dedicarvi tempo e lavoro. Sono tuttavia convinta che le nuove generazioni, arrivate ad un certo punto della loro vita, continueranno a cercare l’identità d’origine. L’italianità continuerà a vivere proprio perchè la famiglia italiana – come mi ha detto di recente un giovane oriundo, famoso campione sportivo – è bella, è buona, è piena d’amore».
Il ricordo e i suoi legami con la terra natale? Anni or sono, durante la «rimpatriata» di un numeroso gruppo di sanzenonesi di Vancouver (nella British Columbia le famiglie provenienti da San Zenone sono circa 600), Gemma Scotton, a nome dei partecipanti, ha espresso parole di «vero affetto verso la nostra ridente e prospera terra nativa: terra nella quale abbiamo imparato a rispettare le leggi, a credere in Dio, a conoscere e apprezzare i valori fondamentali della vita, a lavorare duramente, ad essere onesti cittadini di due mondi». Dove il mondo secondo è quello nordamericano. «A Vancouver e nell’intera Columbia Britannica, noi sanzenonesi ci troviamo bene. La natura è incantevole, la temperatura mite, non soffriamo la discriminazione, viviamo il multiculturalismo nella sua pienezza. Fortunatamente godiamo anche l’unità e l’affetto familiari. Per noi emigranti poi, il lavoro è veramente un diritto e un dovere umano. Quello che abbiamo imparato in questa terra è servito a guidare le nostre vite, a renderle migliori, soddisfacenti e produttive».
Va aggiunto che una donna così è di esempio e di ispirazione a molti, ma è difficile da sostituire. Ad ogni rinnovo di Consiglio direttivo, anno dopo anno, lei presenta le dimissioni, chiede di votare nuovi nomi, esce dalla sala dell’assemblea, lascia passare del tempo, rientra e con voce squillante: «Avete scelto la nuova presidente?». E un coro di voci unanimi invariabilmente, da tre decenni a questa parte, risponde: «Sì, è Gemma Scotton!».