Canada. 35 anni del Centro di Vancouver
Un complesso architettonico pregevole, situato in una zona strategica della metropoli, che ha richiamato molte famiglie italiane dai quartieri limitrofi. Sto parlando del Centro culturale italiano di Vancouver. All’epoca della fondazione, nel 1977, ero ancora in Italia. Ho appreso solo più tardi che la sua nascita aveva provocato polemiche all’interno della comunità. Nel periodo culminante della seconda grande ondata immigratoria, dal 1950 ai primi anni Settanta, i nuovi arrivati manifestavano idee differenti rispetto a chi li aveva preceduti. Il passato non andava, però, ignorato: dalla fondazione di varie società di mutuo soccorso al primo giornale in lingua italiana, «l’Italia del Canada», edito a Vancouver nel 1911. Il merito di aver realizzato il Centro va a un gruppo di persone, capeggiate dall’allora console d’Italia Giovanni Germano, in aperta rottura con la preesistente Confratellanza italo-canadese guidata dal giudice Angelo Branca. Il loro slogan prediletto era: «Il Centro è nostro e noi siamo il Centro».
Ma oggi è ancora così? Dopo trentacinque anni, il Centro rappresenta il punto aggregante della Italian cultural centre society, federazione di trentacinque associazioni, Confratellanza compresa. Negli anni la struttura è stata ampliata: agli ambienti preesistenti – ovvero cucine, salone delle feste, biblioteca-galleria, laboratorio linguistico, aule scolastiche e uffici – è stata aggiunta l’ala ricreativa con zona coperta per gioco delle bocce, trattoria, osteria e salette riunioni. Attigui sono sorti, grazie a donazioni e contributi pubblici, il pensionato per anziani «Casa Serena» e la casa di cura «Villa Carital», al servizio di anziani italiani e non, pensionati autosufficienti o bisognosi d’assistenza e cure. È stato inoltre realizzato il Museo, per recuperare e conservare tante testimonianze di italianità.
La ricetta vincente del sodalizio punta su continuità e clima familiare, gusto della comunicazione in lingua italiana, giusto rapporto di fiducia e collaborazione tra proprietari (i soci) e dipendenti (impiegati e salariati), presenza di tradizioni tenute in vita dai più anziani, servizi offerti alle giovani famiglie affinché non perdano la propria identità. Per i trentacinque anni è previsto un ricco programma di festeggiamenti e l’avvio di una campagna di raccolta fondi.