Italia. Il santuario di don Vito
Solitario e sobrio si staglia contro il sole il Santuario della Madonna Pellegrina di Marteggia, piccolo centro in provincia di Venezia. A sinistra della chiesa si erge il monumento al parroco don Vito Montin, scomparso nel 1987.
Tutto cominciò alla fine della seconda guerra mondiale, quando a don Vito, cappellano a Meolo, venne assegnata la cura dei parrocchiani della vicina Marteggia: poche case coloniche abitate da famiglie patriarcali, mezzadri e contadini. A don Vito apparve subito chiaro che, per operare, era necessario avere una chiesa.
Colmo di fede, raccolse qualsiasi tipo di materiale utile per edificarla. Con un camion o con un carro trainato dai buoi portò pietre, marmi, coppi, legname, raccolti da case abbandonate o bombardate. Poi elemosinò per procurarsi malta, travi e attrezzi di lavoro. Nel 1948 inaugurò la sua chiesa. L’edificio è un esempio architettonico in cui l’uso di materiali di recupero è eccellente: la facciata presenta, incastonati come gioielli, semplici mattoni tipici delle case locali e reperti lapidei della via Annia, frammenti marmorei di monumenti funebri e materiali provenienti da palazzi trevisani bombardati. Al centro della facciata si riconosce lo stemma di una famiglia veneziana, i Cappello.
Don Vito Montin nello stesso modo costruì la canonica, luogo d’incontro e rifugio per tutti. Poi l’asilo e la casa delle suore. Infine, con l’aiuto di volontari, iniziò il restauro delle abitazioni dei contadini per dare una sistemazione dignitosa a chi ancora viveva nelle baracche. Amò questa gente povera, con la quale aveva deciso di trascorrere la vita. Con loro e per loro combatté contro miseria, fame e analfabetismo, spronando i bambini a studiare.
Memorabile era la vista di don Vito alla guida di un vecchio furgoncino Volkswagen che sfrecciava da un paese all’altro, strapieno di bambini: il sacerdote se li portava appresso nelle escursioni per chiedere aiuti per la sua comunità. Poteva essere l’organo per la chiesa, una lavagna per la scuola, marmellata per le merende o una macchina da scrivere per una bambina che voleva diventare scrittrice. I bambini godevano di un’attenzione infinita. Per procurar loro qualche giocattolo organizzò, con i regali che era andato a elemosinare in negozi e fabbriche, una sagra paesana e tombole di beneficenza. Instancabile e umile, don Vito bussò alla porta di privati, imprese e società, autorità locali e regionali.
Fedelissimo alla Madonna, volle che nella «sua» chiesa entrasse la statua della Madonna Pellegrina a consacrare quell’edificio per ricordare gli emigranti e i pellegrini nel mondo. Don Vito fu l’artefice di una comunità locale in crescita, che nel suo lavoro si riconobbe e alla quale donò un’identità, oltre che conforto e un supporto concreto. La fama della Madonna di Marteggia e di don Vito si sparse a macchia d’olio. Nel 1987, quando era già gravemente ammalato, il vescovo di Treviso, monsignor Mistrorigo, volle esaudire la sua ultima preghiera e proclamò la chiesa di Marteggia «Santuario Mariano Diocesano».