Una leggenda nata un secolo fa Rosso Ferrari
La casa del Cavallino rampante ha festeggiato il centenario della nascita di Enzo Ferrari. E dopo un grande campionato in Formula 1, le rosse sono già pronte a scendere di nuovo in pista.
Maranello
Voleva fare il giornalista o il direttore d'orchestra, è diventato una leggenda: Enzo Ferrari, pilota, direttore sportivo, manager, costruttore e industriale, è stato uno degli italiani più famosi nel mondo. Il suo nome continua a vivere attraverso le vetture da competizione e le granturismo prodotte nella fabbrica di Maranello.
Quest'anno ricorrono i cento anni della nascita dell'uomo simbolo del made in Italy. E l'anniversario fornisce l'occasione per celebrare il mito di un personaggio che ha visto nell'auto un simbolo di libertà . Ferrari: duro, talora spietato, ma anche capace di slanci generosi. Diceva: «Io sono agitatore di uomini e di idee». Una vicenda intessuta di mille episodi, di gioie e dolori terribili, di grandi vittorie, sempre guardando al futuro. In linea con il simbolo della Ferrari, quel Cavallino Rampante (nero su sfondo giallo) che i genitori dell'aviatore Francesco Baracca, eroe della prima guerra mondiale, gli affidarono.
Storia di un mito
Enzo Ferrari nacque a Modena il 18 febbraio 1898. Interrotti gli studi alla morte del padre, iniziò la sua attività come istruttore alla scuola tornitori dell'officina pompieri di Modena. Alla fine del 1918, dopo l'esperienza militare della guerra, trovò occupazione a Torino in qualità di collaudatore di automobili. Passò poi a Milano alla «Costruzioni meccaniche nazionali» (Cmn) come collaudatore e pilota da corsa.
Esordì in gara nel 1919 alla Parma-Berceto e nello stesso anno partecipò alla Targa Florio. Nel 1920 passò all'Alfa Romeo, iniziando una collaborazione durata vent'anni che lo portò a incarichi di collaudatore, pilota, collaboratore commerciale e, infine, al reparto Alfa-Corse fino al novembre del 1939.
Nel 1929 fondò a Modena la «Scuderia Ferrari», società sportiva con il principio costitutivo di fare correre i soci, che avviò un'intensa attività agonistica. Ebbe una squadra ufficiale e finì per diventare la filiale tecnico-agonistica dell'Alfa-Romeo. Nel 1940 la Scuderia si distaccò dall'Alfa Romeo, trasformandosi nella società «Auto Avio Costruzioni Ferrari».
Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, l'officina Ferrari fu trasferita da Modena a Maranello, dove iniziò la produzione di macchine rettificatrici oleodinamiche per cuscinetti a sfere. L'officina fu bombardata nel 1944, ricostruita nel 1946, anno in cui ebbe inizio la progettazione completa e la costruzione della prima vettura «Ferrari».
L'autovettura 125 sport (12 cilindri, 1500 cc), affidata a Franco Cortese, debuttò sul circuito di Piacenza l'11 maggio 1947. La macchina si ritirò ma era in testa all'ultimo giro e l'inizio fu considerato molto promettente. Due settimane dopo, infatti, Cortese e la 125 Sport vinsero il Gran Premio di Roma. Da allora la casa, affidando le sue vetture a prestigiosi piloti, ha colto sui circuiti e sulle strade di tutto il mondo oltre 5000 affermazioni, creando una leggenda. Dal 1960 l'azienda si è trasformata in Società per Azioni, alla quale si è associata la Fiat nel 1969 in forma paritetica e poi, nel 1988, maggioritaria.
Per l'ingegner Ferrari, il concetto delle automobili era un misto di bellezza, anzi di creazione artistica, e di passione per le corse, vissute come celebrazione di un evento elitario (famosa era la sua tenda-box, elegante come un gazebo principesco). La sua idea dell'automobilismo - testimoniano i suoi diretti collaboratori - era un mix di cuore in gola, grinta, passione, modi dittatoriali, ricerca perenne di una meccanica fine ma efficiente, al solo scopo di portare le sue «rosse» alla vittoria.
Ferrari guardava sempre più in là e più in alto. Fece della sua fabbrica un luogo dove lavorare duro. Il suo mito doveva essere il risultato di una formidabile combinazione vincente: la meccanica d'avanguardia, i successi sportivi, le belle inimitabili carrozzerie; su tutto, come la ciliegia sulla torta, lo stemma con il cavallino rampante: nero, imbizzarrito, fregiato dal logo Ferrari, rombante con le sue tre «r», sintesi della sua firma.
Per la sua attività e creatività ha ricevuto diversi riconoscimenti: per meriti sportivi è stato nominato Cavaliere nel 1924, Commendatore nel 1927, Cavaliere del Lavoro nel 1952. Ha avuto nel 1960, dall'Università di Bologna, la laurea honoris causa in Ingegneria meccanica; nel 1988 dall'Università di Modena la laurea honoris causa in Fisica. Ha ottenuto inoltre il Premio Hammarskioeld dell'Onu nel 1962, il Premio Columbus nel 1965, la Medaglia d'oro Scuola della cultura e dell'arte del Presidente della Repubblica nel 1970, il Premio De Gasperi nel 1987. L'ingener Ferrari è morto il 14 agosto 1988.
Il Palmares della scuderia
Nella storia del Cavallino progettisti e direttori sportivi sono stati una miriade. Alcuni hanno lavorato a lungo alla corte della Ferrari, diventando famosi, altri per poco tempo. E qualche «divorzio» ha fatto epoca. Tra i principali tecnici del periodo iniziale troviamo Vittorio Jano, che dopo aver lavorato in Fiat, Alfa Romeo (ideò vetture con cui la «Scuderia Ferrari» corse e vinse), Lancia, approdò con la D 50 a Maranello; Gioacchino Colombo, autore del primo 12 cilindri Ferrari; Alberto Massimino; Aurelio Lampredi, progettista e motorista. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta troviamo Carlo Chiti, autore della prima Ferrari con motore posteriore. L'ingegnere toscano a fine '61 lasciò Maranello per inseguire l'avventura della Ats, e al suo posto subentrò il giovanissimo Mauro Forghieri. Una vita con la Ferrari, tanti successi e un rapporto di affetto e stima con Enzo Ferrari che non evitava ai due uomini di scontrarsi talora burrascosamente. Dopo Forghieri, a fine '86, ecco John Barnard, inglese, progettista fine ma molto discusso, poi l'argentino Enrique Scalabroni, l'inglese Harvey Postlethwaite, l'austriaco Gustav Brunner, ancora Barnard e, infine, il sudafricano Rory Byrne e un altro inglese, Ross Brown.
Nel campo dei direttori sportivi spiccano le figure di Gilberti, Ugolini (il «maestro»), Sculati, Amorotti, Tavoni, Dragoni, Lini, Gozzi, Schetty, Sandro Colombo, fino a Luca di Montezemolo, che fu anche assistente del presidente. Poi, Rosani, Audetto, Nosetto, Piccini. Infine, l'epoca dei general manager, da Fiorio a Lombardi a Ghedini sino a Jean Todt, abile regista e riorganizzatore del team.
Grandi anche i piloti che hanno portato la Ferrari in vetta alle classifiche di Formula 1: dal mitico Alberto Ascari fino ad altri piloti entrati nella storia del Cavallino rampante: Niki Lauda, Jody Scheckter, Gilles Villeneuve, Clay Regazzoni, Michele Alboreto, Jean Alesi, Nigel Mansell, Alain Prost, Gerhard Berger, Eddie Irvine, sino ad arrivare al grande Schumacher. I trionfi più significativi della casa di Marananello sono costituiti da 9 titoli Mondiali Piloti di Formula 1, 14 Campionati Mondiali Marche, 2 Campionati del Mondo, e 6 Coppe Internazionali Costruttori di Formula 1, 9 successi alla 24 Ore di Le Mans, 8 alla Mille Miglia, 7 alla Targa Florio, e, alla fine del 1997, 113 vittorie in Gran premi di Formula 1.
In questi lunghi anni la Ferrari si è sviluppata molto ed è presente sul mercato internazionale con filiali dirette negli Stati Uniti, in Germania e in Svizzera. Negli altri Paesi in cui opera si affida a importatori. La rete commerciale comprende oltre 300 punti vendita e assistenza in 40 Paesi che rappresentano, insieme, il 90 per cento del mercato mondiale dell'auto. I principali mercati per la Ferrari sono Usa, Germania, Gran Bretagna, Italia, area del Pacifico e Svizzera.
Oggi, a capo della casa automobilistica di Maranello, c'è Luca Cordero di Montezemolo. È il presidente della riscossa, l'uomo che sta portando la «vecchia fabbrica» verso il Duemila con spirito nuovo, senza rinnegare il passato. In questi anni Montezemolo ha trasformato la Ferrari secondo i metodi più moderni (dalla gestione alla produzione), presentato un numero imponente di nuovi modelli, ridato slancio ai rapporti con i clienti, aperto nuove rotte commerciali. E riportato in alto il Cavallino in Formula 1. Come l'ingegner Ferrari avrebbe voluto.